Recupero digitale dei testi rimossi
Fin dalla nascita della fotografia i metodi fotografici sono stati applicati per il recupero di documenti. La fotografia dei documenti era già diffusa alla fine del XIX secolo e alcuni hanno rappresentato delle sfide per i fotografi nei loro tentativi di produrre risultati leggibili. Lo sviluppo della prima fotografia ha coinciso con l'applicazione dei metodi chimici sui palinsesti. Alla fine del XIX secolo, Ernst Pringsheim e Otto Gradenwitz svilupparono un metodo in grado di separare la scrittura superiore da quella inferiore, spesso con l'aiuto dei metodi chimici. La separazione virtuale delle due scritture richiedeva una precisa operazione fotografica: i fotografi dapprima elaborarono due lastre negative geometricamente e perfettamente congruenti, una sovraesposta e una sottoesposta, ognuna con un'intensità diversa per la scriptio inferior. Quindi usarono una lastra positiva, ricavata da quella negativa sotto esposta, alla stregua di una maschera, al fine di elaborare una riproduzione positiva senza la grafia superiore [cfr. Pringsheim – Gradenwitz, Photographische Rekonstruktion von Palimpsesten].
Nell'ambito dei palinsesti, l'uso della luce ultravioletta è il metodo più diffuso, anche se venne utilizzata per la prima volta solo nel 1914 da Padre Raphael Kögel (OSB), che lavorava presso il Palimpsest-Institut der Erzabtei Beuron (Germania), dove la serie Spicilegium Palimpsestorum fu lanciata nel 1912. Dal compendio tecnico-scientifico di Knight: "egli [Kögel] ha spiegato come la radiazione ultravioletta generata da un arco elettrico o da una lampada a vapori di mercurio potrebbe essere utilizzata per eccitare la fluorescenza nella pergamena, ma la fluorescenza sarebbe bloccata (spenta) dove l'inchiostro era stato originariamente. Si potrebbe quindi scattare una fotografia della fluorescenza visibile, utilizzando i filtri per escludere l'ultravioletto invisibile che oscurerebbe l'immagine" [Kögel, Die Palimpsestphotographie; la citazione inglese qui tradotta è tratta da B. Knight, Father Kögel and the ultra-violet examination of manuscripts, 24 March 2014]. Questo metodo aumentava il contrasto tra le due scritture rendendo il testo inferiore più rilevabile e leggibile; se combinato con il metodo di Pringsheim e Gradenwitz, esso era in grado di produrre un'immagine positiva delle scritture inferiori più leggibile. Ancora oggi gli studiosi utilizzano la cosiddetta lampada di Wood, dal nome del fisico e ottico americano Robert W. Wood (1868-1955), o le lampade UV con LED per la lettura dei palinsesti. Tali lampade emettono luci a onde lunghe (UV-A) che generano una reazione fluorescente sulle tracce di inchiostro metallico delle scritture rimosse, preferibilmente in un ambiente buio.
In tale contesto, l'idea di applicare la fotografia alla conservazione documentaria risulta importante. Le condizioni dei documenti antichi spesso danneggiati possono cambiare rapidamente. I testi oggi leggibili possono presto diventare illeggibili; il loro stato di conservazione può deteriorarsi fino a renderli inaccessibili per la consultazione e l'uso accademico. L'utilizzo frequente di documenti antichi, importanti per molti studiosi, è un ostacolo per la conservazione dei documenti stessi. La fotografia è stata considerata in grado di offrire un rimedio. Un progetto internazionale fu lanciato nel 1895 per sostenere la riproduzione e la diffusione internazionale di copie fotografiche di importanti manoscritti. Franz Ehrle, il prefetto della Biblioteca Vaticana, era particolarmente sensibile alla conservazione dei documenti e aveva intenzione di applicare tale principio anche ai palinsesti. La prima edizione in facsimile di un intero codice palinsesto è stata realizzata a Milano presso la casa editrice di Hoepli (Milano 1908) per un palinsesto vaticano originario di Bobbio (Vat. lat. 5750) [cfr. K. Krumbacher, Die Photographie im Dienste der Geisteswissenschaften, Leipzig 1906, pp. 7-20].
Il primo volume dei Codices Latini Antiquiores fu pubblicato da Elias Avery Lowe nel 1934 e raccoglie le scritture latine precedenti al IX secolo di codici conservati in BIblioteca Vaticana; esso è dedicato al cardinale Franz Ehrle e comprende molti dettagli di palinsesti in cui la scrittura inferiore doveva essere presentata in modo visibile e leggibile. Molto probabilmente per queste immagini sono state utilizzate delle lastre di vetro, sebbene non ve ne sia traccia nell'Archivio fotografico della Biblioteca Vaticana. A partire dagli anni '30, la luce UV è stata applicata anche ai palinsesti presso la Biblioteca Vaticana, già agli albori del proprio laboratorio fotografico.
Le immagini digitali hanno aperto nuovi orizzonti per gli studi dei palinsesti. Oggi la fotografia multispettrale offre l'opzione migliore per definire la differenza tra gli inchiostri sbiaditi e le aree circostanti. Per fare ciò, si utilizza un numero multiplo di immagini della stessa pagina che viene catturata nella posizione identica mentre essa viene illuminata da una successione preimpostata di lunghezze d'onda fisse di luce (varie onde di luce naturale, ultravioletta, infrarossa, e altri tipi di luce). Queste immagini fissano le diverse reazioni della pergamena generate dalle diverse onde luminose e possono essere confrontate proficuamente. Durante il processo vengono manipolati algoritmi matematici in modo tale da portare queste differenze dallo spettro invisibile allo spettro visibile agli occhi umani. Tanto la produzione dell'immagine quanto la sua lavorazione richiedono la particolare abilità degli specialisti dell'immagine digitale, i quali dovranno collaborare con i filologi capaci di leggere i testi. Solamente nel caso in cui vi è una collaborazione tra gli studiosi di entrambi i campi i testi potranno finalmente venire alla luce; nel caso contrario, ciascun settore non riuscirà da solo ad ottenere i risultati migliori [cfr. Easton – Kelbe, Statistical Processing of Spectral Imagery].
L'immagine multispettrale produce dei dati che non possono essere consultati direttamente dagli utenti finali, dagli studiosi del testo o dai conservatori. Vari progetti fotografici sui palinsesti che utilizzano questo principio cercano di pubblicare i dati insieme a una versione più o meno leggibile che può essere resa con i propri standard. La Biblioteca Vaticana pubblica normalmente due versioni per ciascuna pagina del palinsesto, una presa in luce naturale, l'altra con fluorescenza UV. Entrambe possono essere consultate una per volta senza essere combinate con l'altra, mentre gli strumenti di miglioramento dell'immagine consentono agli studiosi di manipolare queste immagini per soddisfare i singoli programmi di ricerca. Il recupero digitale dei testi rimossi ha molti vantaggi: innanzitutto, esso è un metodo non invasivo e non implica una lunga esposizione a luci UV o infrarossi; in secondo luogo, i risultati possono essere manipolati senza il rischio di danneggiare le immagini di partenza alle quali è sempre possibile tornare. Infine, è evidente la facilità di distribuire e far circolare tra gli studiosi tali immagini e le loro varianti elaborate, anche in più copie identiche. Tuttavia, la gestione di enormi archivi di immagini digitali rappresenta una sfida per le generazioni future.