Come già illustrato, le scritture più antiche spesso non venivano cancellate con una pietra pomice ma solo lavate delicatamente. Di conseguenza, i testi indesiderati rimanevano sbiaditi ma visibili, creando qualche difficoltà sia allo scriba durante la trascrizione dei nuovi testi, sia ai futuri lettori. I copisti cercarono quindi di evitare il conflitto grafico tra le scritture sovrapposte, che rendeva difficile la lettura. Talvolta ruotavano la pagina di 90 gradi e usavano per il nuovo manoscritto un foglio piegato a metà di un codice più grande come un bifoglio. Questa operazione permetteva di evitare il conflitto tra la scrittura superiore e quella inferiore quando il nuovo testo veniva copiato su quello vecchio. Ciò accadeva molto frequentemente: ad esempio, in tal modo furono riutilizzati nel Vat. gr. 984 i grandi fogli di un menologio premetafrastico a due colonne; oppure i grandi fogli di un codice del IX secolo contenente Filone Alessandrino furono così adoperati nel Vat. gr. 316. In entrambi i casi, i testi superiori e inferiori esibiscono diverse minuscole greche. Per quanto riguarda le grafie latine, i frammenti di Gellio, di Cicerone e di Igino furono adattati allo stesso modo nel Pal. lat. 24.
Un foglio con due colonne dei codici riutilizzati piegato a metà per ottenere un bifoglio nei nuovi codici (Vat. gr. 984, ff. 169r + 169av; Vat. gr. 316, ff. 99r + 96v)
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Gli scribi utilizzavano anche altre strategie per evitare i conflitti grafici delle scritture sovrapposte. Spesso si capovolgeva il foglio, così come fece lo scriba del Pal. lat. 24, quando si riutilizzavano frammenti di codici più piccoli (nella fattispecie di Seneca e di Luciano), ritagliati nelle dimensioni del nuovo codice. Il Vat. gr. 345 rappresenta un caso interessante: i fogli del codice più antico, contenente le omelie di Gregorio di Nazianzo vergate in maiuscola ogivale inclinata, erano così grandi che ciascuno fu tagliato a metà e poi piegato ancora a metà per formare un bifoglio del nuovo Psalticon, ossia il libro del cantore nella liturgia bizantina. Qui due bifogli costituiscono un foglio del codice riutilizzato e quattro bifogli erano in origine un bifoglio del codice andato perduto. Tale operazione ha determinato il rapporto tra la scrittura superiore e quella inferiore: o il verso è identico o i fogli inseriti sono capovolti. Tuttavia, già l'uso di scritture differenti, ossia la maiuscola e la minuscola, evitava il conflitto tra le forme grafiche delle scritture inferiori e superiori.
Un foglio con due colonne del codice riutilizzato piegato a metà per ottenere due bifogli nel nuovo codice (Vat. gr. 345, ff. 36v + 37r + 40v + 33r)
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Un'altra strategia era quella di scrivere tra le righe delle scritture inferiori o nella stessa direzione della scrittura inferiore o con il foglio capovolto. Lo scriba del Pal. lat. 24, oltre a capovolgere i fogli, sembra aver prestato attenzione a ciò quando copiava i testi su fogli riusati di piccole dimensioni.
Talvolta la scrittura dei testi superiori copre completamente il testo inferiore e lo scriba non presta attenzione a distinguere le scritture sovrapposte. In questi casi, la lettura risulta difficile. In un caso del genere (Vat. gr. 73), Angelo Mai riuscì a cancellare la scrittura superiore in modo efficace, rendendo visibile il testo inferiore in gran parte del manoscritto, specialmente nella sua prima metà. In queste sezioni l'inchiostro del testo superiore ha reagito diversamente rispetto a quello delle altre sezioni. Queste scritture sovrapposte creano ancora oggi le principali sfide nella lettura.
A volte il manoscritto fu riutilizzato due volte. Le fasi successive del riuso producono doppi palinsesti dove, sotto il testo superiore, sono attestate due diverse scritture che hanno una propria storia. Si può studiare la preferenza del copista riguardo alla disposizione delle scritture nell'ambito della scriptio infima e la scriptio inferior, nonché in quello delle prime due e la scrittura recentior (ad es. Vat. gr. 788, pt. B; Vat. gr. 984 + Vat. gr. 1882). È estremamente raro che un manoscritto venisse riutilizzato più di due volte e non si trovano esempi presso la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Doppio palinsesto (Vat. gr. 788, pt. B, ff. 4v + 5r: il testo inferiore più antico fu copiato in maiuscola liturgica, quello inferiore più recente in minuscola)
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