Paleografia Latina dall'Antichità al Rinascimento [di A.M. Piazzoni]

9. PARTICOLARISMO GRAFICO ALTOMEDIEVALE

Le scritture librarie fin qui esaminate (capitale, corsiva nuova, onciale, semionciale) hanno in comune il fatto di essere state utilizzate in tutto il territorio di cultura latina dell’Impero romano. Per almeno una dozzina di secoli, la tradizione grafica del mondo romano fu sostanzialmente unitaria; pur nella diversificazione delle scritture, esse erano comprensibili, scritte e lette in tutte le regioni dell’Impero, dalla penisola iberica alla Mesopotamia, dalla Britannia all’Africa.

Tra V e VI secolo vari fattori, culturali e politici, cominciarono a incrinare, e tra VI e VII distrussero, quel quadro grafico unitario. Anzitutto la dissoluzione del sistema di insegnamento (inferiore e superiore); in secondo luogo il radicale cambiamento del sistema di produzione dei libri con la scomparsa delle officine laiche che li realizzavano e infine la sostituzione dei regni romano-germanici, con le loro proprie tradizioni culturali, alla struttura unitaria dell’Impero. A questi tre fattori si aggiunse la tendenza a separare rigidamente le diverse manifestazioni dell’unica civiltà culturale e quindi a rendere non comunicanti il filone documentario e il filone letterario: nell’Alto medioevo, chi leggeva e scriveva documenti spesso non sapeva leggere e scrivere libri.

Sacramentarium Gallicanum. Missale Gothicum

Il risultato di questo processo di frantumazione e di diversificazione di una tradizione grafica e culturale unitaria fu il particolarismo grafico (espressione di Giorgio Cencetti), che va inteso non solo in senso geografico (diverse scritture per diverse regioni) ma anche sociale (scritture diverse per diverse categorie o classi componenti il - comunque ristretto - mondo degli alfabetizzati).

Si può esemplificare questo particolarismo grafico osservando le scritture che si svilupparono nelle isole britanniche, nel mondo franco, nell’area ispanica e in quella italica.