Paleografia Latina dall'Antichità al Rinascimento [di A.M. Piazzoni]

8. LA SEMIONCIALE

La terminologia è molto fuorviante, perché la SEMIONCIALE non è la metà dell’onciale, ed è improprio anche l’accostamento tra le due scritture, fra le quali non c’è alcun rapporto genetico. È vero che esistono alcune somiglianze, ma dipendono dal fatto che entrambe sono debitrici (almeno in parte) alla scrittura minuscola primitiva, la prima minuscola che ebbe anche un uso librario nel secolo III.

Le origini della scrittura semionciale

Dopo una prima fase di lenta formazione, a partire dal secolo III, che i paleografi indicano come semionciale “primitiva” o “rustica”, la nuova scrittura semionciale acquistò caratteristiche definite e particolari a partire dal secolo V, quando la produzione di libri in minuscola, confinata, salvo rare eccezioni, a livello scolastico o privato, cominciò a essere realizzata in veri e propri centri scrittori, specialmente ecclesiastici, forse in Africa. Si tratta di una tipizzazione della minuscola libraria, con tendenza ad avere lettere dalla forma rotonda. Fu detta semionciale dai maurini Charles François Toustain e René Prosper Tassin del Nouveau traité de diplomatique (vol. III, Paris 1757, p. 204 sgg.) che la ritenevano una derivazione minuscola dell’onciale, ma è un termine equivoco. Le espressioni medievali usate per indicare questa scrittura sono litterae Africanae o litterae tunsae (da tundo: batto, percuoto). Che derivasse dall’onciale si è creduto fino alla fine del sec. XIX, quando Maurice Prou (Manuel de paleographie, p. 22), e poi Franz Steffens (Lateinische Paläographie, tav. 20) respinsero ogni collegamento e dimostrarono che la semionciale è una versione calligrafica della minuscola corsiva.

Deriva infatti dalla minuscola primitiva e dalla minuscola corsiva nuova.

Vat. lat. 1322, f. 160v

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