Paleografia Latina dall'Antichità al Rinascimento [di A.M. Piazzoni]

8.1 Uso e caratteristiche della semionciale

La semionciale è una scrittura minuscola, chiaramente inserita in uno schema quadrilineare. Ha le seguenti caratteristiche:

  • non ci sono lettere nuove (tutte sono già presenti nella minuscola dei secoli precedenti), ma il loro disegno è irrigidito;
  • alcune lettere tendono decisamente all’arrotondamento, con occhielli e linee curve;
  • le aste, in alto e in basso, sono accorciate;
  • la scrittura ha un andamento verticale e non è inclinata verso destra come nella corsiva;
  • il tracciato è meno sottile, probabilmente per il passaggio dal papiro alla pergamena e all’uso di penne di volatile;
  • spesso le aste ascendenti hanno una forma ingrossata (detta “a clava”) dovuta a ripasso della penna o a un secondo tratto ottenuto staccando la penna dal foglio, oppure salendo e scendendo.
Alfabeto semionciale.jpg
Alfabeto della semionciale

Le lettere caratteristiche sono:

  • a: di forma arrotondata, aperta e più tardi chiusa da un tratto superiore rettilineo o curvo;
  • g: con forma “a uncino”, scende normalmente in basso sotto il rigo;
  • r: il primo tratto si accorcia e tende a non scendere sotto il rigo; il secondo tratto perde la pancia e diventa un’unica linea sinuosa.

Si osservano anche:

  • b: con un occhiello solo, a destra;
  • d: con asta dritta e occhiello a sinistra;
  • e: con una traversa sottile che tocca la curva superiore formando un occhiello leggermente chiuso;
  • f: con tratto superiore tondo e asta che scende poco sotto il rigo;
  • m: con il tratto iniziale più alto dei successivi;
  • n: ha per lo più il disegno della maiuscola;
  • s: non scende sotto il rigo;
  • t: con forma “a falce”, il tratto verticale non è rettilineo ma curvo.

La semionciale non venne usata per testi biblici, per i quali si utilizzava la più solenne onciale, ma per testi di studio e di lettura in uso nelle comunità e nelle scuole religiose (padri della Chiesa e altri autori cristiani, commenti biblici, raccolte canonistiche). Nel sec. VI divenne la seconda scrittura libraria per diffusione, dopo l’onciale, e si calcola che circa un terzo nei manoscritti librari prodotti in Occidente fossero realizzati in questa scrittura (Elias Avery Lowe, Codices Latini antiquiores, ne ha censiti circa 160 esemplari superstiti). L’evoluzione della semionciale, e dunque la sua datazione, è piuttosto difficile da definire e i criteri proposti dai paleografi (frequenza nell’uso di certe forme delle lettere) si scontrano con le numerose eccezioni che la scrittura presenta nel corso di tutto il periodo del suo uso, che proseguì fino all’inizio del secolo VIII.

La semionciale non fu tuttavia condannata alla sterilità, come invece l’onciale. Per la presenza di elementi tratti dall’alfabeto minuscolo, anche la semionciale confluì nella grande corrente che poi sfociò nella carolina.

Arch.Cap.S.Pietro.D.182
Vat.lat.1322

Fra i più antichi codici con scrittura semionciale già definitivamente costituita, c’è il manoscritto Arch. Cap. S. Pietro D.182, con testi di Ilario di Poitiers, del sec. V/VI; un buon esempio è anche il Vat. lat. 1322, contenente gli Atti della Sinodo di Calcedonia, del sec. VI.