6. LA CORSIVA NUOVA ROMANA
Indipendentemente dalle ipotesi sull’origine della minuscola, certo è che nel III secolo il processo di minuscolizzazione si trasferì, dalla scrittura usuale e da quella libraria, anche a quella documentaria e amministrativa, specie nelle provincie.
Corsiva nuova romana (minuscola corsiva)
L’esito finale fu la MINUSCOLA CORSIVA, detta anche CORSIVA NUOVA (perché la CORSIVA ANTICA è la CAPITALE CORSIVA). Le lettere corrispondono a quelle della minuscola antica di uso librario, ma con caratteristiche proprie, dovute a tre ragioni:
- uso di un calamo (o di una penna) a punta dura, quindi senza chiaroscuro;
- presenza di frequentissime legature fra le lettere;
- mutamenti di forma di molte lettere, dovuti alle legature, per cui o le parti di una lettera si disarticolano o le parti di lettere diverse si uniscono per formare una legatura.
Le caratteristiche della minuscola corsiva sono:
- a: tracciata in un solo tempo e aperta in alto; può essere legata alla lettera successiva;
- b: con pancia a sinistra oppure con pancia a destra;
- c: in due forme, alta o bassa;
- e: in varie forme, ma a volte con l’occhiello superiore chiuso;
- g: una specie di uncino, una s con un tratto superiore;
- n: in forma di maiuscola, o di minuscola;
- r, s: sono molto simili e si distinguono solo per la fine del tratto superiore;
- u: assomiglia alla a, ma non lega mai con la lettera seguente.
Sono di interesse anche le numerosissime legature, tra le quali, ad esempio:
Lentamente ma costantemente, la corsiva nuova divenne l’unica scrittura corsiva in tutto il mondo romano, sia nel campo usuale, sia in quello scolastico, sia in quello amministrativo, specie quello proveniente dal mondo delle provincie. Si fece più alta e più stretta, e si inclinò verso destra. Un esempio interessante è un papiro proveniente da Ravenna, dell’anno 600 circa: Pap. Vat. lat. 6.
Durata della minuscola corsiva e sua importanza
Soprattutto usata nei documenti, fu la scrittura comune anche per i testi di carattere privato (ad esempio la corrispondenza) e, nei secoli VII e VIII anche per uso librario. La sua enorme diffusione, attraverso i documenti amministrativi, la rese il terreno di base e il fondamento comune di molte nuove scritture librarie altomedievali. Venne usata anche dai re barbari che, insediatisi nell’impero romano d’Occidente, si considerarono funzionari provinciali all’interno dell’impero.
Alla sua diffusione contribuì anche una decisione della cancelleria imperiale. Nelle cancellerie provinciali si usava la corsiva nuova (dunque una minuscola), ma nella cancelleria imperiale si continuava a usare la corsiva antica (cioè la capitale corsiva, una maiuscola). Nel 367 fu proibito l’uso della corsiva antica per le cancellerie provinciali, che vennero quindi ulteriormente spinte a utilizzare la corsiva nuova. Alla base di quella decisione (degli imperatori Valentiniano I e Valente) furono considerazioni di ordine generale e pratico. La scrittura aveva infatti anche un significato simbolico, legato al tipo di testo per cui veniva usata, e in questo caso si trattava di dare un carattere speciale ai documenti che provenivano dalla più alta autorità, una forma che esprimeva anche la solennità del potere. La corsiva antica venne conservata volontariamente in una forma statica, che era difficile da leggere e soprattutto da imitare, e ciò costituiva una garanzia della sua validità e rendeva difficile la sua falsificazione. Questa scrittura maiuscola corsiva antica rimase tuttavia una scrittura infeconda, mentre il fertile futuro fu legato alla minuscola corsiva nuova.