3. PRIMA DEI LIBRI: LE ANTICHE TESTIMONIANZE SCRITTE
Le prime testimonianze di scrittura in caratteri latini risalgono al VII-VI sec. a.C. Diverse sono le ipotesi sulle sue origini, che si ricercano nelle due culture che possedevano già scritture alfabetiche progredite con cui il territorio di Roma (fondata alla metà del secolo VIII a.C.) confinava: quella etrusca a nord e quella greca a sud. Il mondo latino subì certamente l’influsso di entrambe: le città etrusche, allora ben più ricche e potenti della neonata Roma, non erano distanti più di un paio di giorni di cammino, come Cerveteri, e le città greche erano presenti e vicine sul mar Tirreno, come Cuma. La tesi oggi più accreditata è quella di un’origine etrusca della scrittura latina, ma resta ancora abbastanza indefinito da dove provenisse la scrittura etrusca (dai Fenici? dai Greci?), e non è esclusa una derivazione composita dall’etrusco e dal greco.
3.1. Primi esempi di scrittura
Le prime testimonianze di una scrittura in caratteri latini si trovano su oggetti duri, in un’epoca precedente l’uso dei libri in rotoli di papiro; per ognuno di questi oggetti la datazione è difficile e discussa; elenco i principali.
La fibula prenestina, è datata circa alla fine del secolo VII a.C.; è un gioiello maschile, una spilla d’oro, e riporta una scrittura sinistrorsa, cioè che si svolge da destra a sinistra (oggi a Roma, Museo Nazionale Preistorico Etnografico Pigorini). Alcuni studiosi dubitano che la lingua dell’iscrizione sia il latino (ma probabilmente si tratta di un latino “provinciale”).
Il cippo del lapis niger, situato nel Foro romano, datato alla metà del VI secolo a.C., è un cippo di pietra che riporta un breve testo normativo con una scrittura (verticale) bustrofedica (cioè con una riga che si svolge da sinistra a destra e la successiva da destra a sinistra, come fa il bue [bos] durante l’aratura di un campo).
La lamina di Lavinio, anch’essa datata tra la metà e la fine del VI secolo a.C., è una lamina metallica che riporta una dedica a Castore e Polluce realizzata con una scrittura sinistrorsa (oggi a Roma, Museo Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano).
Il vasetto di Duenos, variamente datato tra VII e V secolo a.C., è un piccolo oggetto di ceramica, un vaso composto da tre tazze, con una scrittura sinistrorsa a sgraffio (oggi a Berlino, Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz, Antiken Abteilung).
L’iscrizione di Satricum, datato all’inizio del V secolo a.C., è un blocco di pietra tufacea che reca una scritta destrorsa (oggi a Roma, Reale Istituto Neerlandese).
3.2. Il primo alfabeto latino
Sulla base delle testimonianze si è riusciti a ricostruire un che è una scrittura di tipo maiuscolo con 21 lettere (alle quali si aggiunsero in seguito, per influenza del greco, la G nel III secolo a.C., la Y e la Z nel I secolo a. C.). È molto importante perché costituisce la forma originaria di tutte le scritture latine, antiche, medievali e moderne.
Da notare, particolarmente caratteristiche, le seguenti lettere:
- A con traversa obliqua;
- E e F con tratti orizzontali inseriti ad angolo non retto e asta verticale prolungata;
- H chiusa in alto e in basso;
- K con aste minori staccate;
- L ad angolo acuto;
- M e N con i tratti successivi al primo di dimensioni minori;
- P aperta;
- Q con asta verticale;
- R nella forma del ro greco;
- S angolata;
- V a forma di Y ;
- X a forma di +.
3.1.3. Sviluppi successivi: epigrafia e scrittura privata
I successivi sviluppi della scrittura arcaica si mossero nella direzione di una “normalizzazione grafica”, cioè verso una scrittura più regolare e stabile, con due esiti molto diversi fra loro: la capitale epigrafica e la capitale corsiva.
La CAPITALE EPIGRAFICA, scrittura utilizzata soprattutto per un uso pubblico, si stabilizzò nella seconda metà del secolo III a. C. e si perfezionò successivamente. I testi venivano scritti su pietre, abitualmente esposte al pubblico, con una scrittura molto regolare, bene allineata, uniforme (sia nelle dimensioni sia nelle forme dei caratteri), quasi geometrica (tende ad avere angoli retti e le curve sono sezioni di cerchio). Questo tipo di scrittura è molto influenzato dalla tecnica di realizzazione: venivano infatti disegnate da un ordinator con un pennello e poi realizzate da un lapicida che incideva la pietra con martello e scalpello. Il risultato è un testo perfettamente leggibile, con forme eleganti e armoniche. Esempi antichi sono alcune epigrafi funerarie degli Scipioni; tra gli esempi più perfezionati c’è l’epigrafe alla base della Colonna Traiana (del secolo II sec. d.C.). Il termine “capitale” è di origine medievale, quando questi caratteri venivano utilizzati soprattutto per i capita, cioè l’inizio dei capitoli.
La CAPITALE CORSIVA, scrittura di uso privato, si sviluppò nei secoli IV e III a.C. dallo stesso alfabeto arcaico, ma con risultati molto diversi. Anche in questo caso, la tecnica di esecuzione ha grande importanza. Quando si scrive su materiali duri (ad esempio una tavoletta di legno) e utilizzando uno strumento per incidere (si dice “a sgraffio”), i tratti orizzontali e quelli curvi sono molto difficili da tracciare. Per questo le varie lettere appaiono come disarticolate.
Quando invece si scrive su materiali morbidi (ad esempio tavolette di legno cerate o papiro) e con un calamo, prevale la rapidità della scrittura, che finisce con il cambiare la forma delle lettere, ad esempio unendo due tratti (originariamente realizzati in due momenti) in un solo tratto.
La capitale corsiva su papiro, non utilizzata per la produzione libraria, si diffuse sempre più e fra II e III secolo d.C. venne utilizzata non solo per la scrittura privata ma divenne la scrittura usata nei documenti dell’amministrazione pubblica, civile e militare, dell’impero romano.