Subito dopo la metà del Quattrocento, a Magonza, l’orafo Johann Gutenberg mise a punto una nuova e rivoluzionaria tecnica di produzione dei libri. Si trattava della stampa a caratteri mobili, realizzati in metallo fuso in matrici che avevano, in negativo, la forma dei segni necessari (lettere dell’alfabeto, segni di interpunzione, segni decorativi); ogni segno, prodotto con la medesima matrice, era dunque sempre uguale e, dopo l’uso, i caratteri erano riutilizzabili. Allineati ordinatamente in una apposita forma delle dimensioni della pagina che si intendeva riprodurre, venivano inchiostrati e pressati con un torchio sui fogli. Il sistema consentiva di realizzare molte copie della medesima pagina in modo radicalmente più rapido ed economico della pagina copiata a mano.
Il primo libro intero stampato da Gutenberg fu un Bibbia in due volumi (detta Bibbia a 42 linee), realizzata a partire dal 1453 e ne vennero prodotte 180 copie in meno di tre anni, tempo in cui un bravo copista avrebbe potuto realizzarne al massimo due. I caratteri usati furono quelli della scrittura gotica, all’epoca la più diffusa in Germania, e i primi libri a stampa erano realizzati a imitazione dei manoscritti da cui traevano i testi da riprodurre.
La Bibbia a 42 linee (Stamp.Barb.AAA.IV.16) di Gutenberg
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La nuova tecnica tipografica suscitò immediatamente grande interesse e molti elogi ma anche alcune critiche; Vespasiano da Bisticci narra ad esempio che Federico da Montefeltro si rifiutava di avere libri stampati nella propria biblioteca, poiché li riteneva dozzinali, più brutti dei manoscritti e non degni di un principe (ma le moderne ricerche hanno individuato tre incunaboli miniati). La diffusione della stampa a caratteri mobili fu rapidissima, prima in Germania, poi in Italia, dove una tipografia fu impiantata a Subiaco nel 1464 dai due prototipografi Konrad Schweynheym e Arnold Pannartz, due chierici della diocesi di Magonza, un tedesco e un boemo, che iniziarono a produrre libri con caratteri molto simili alla antiqua, nella forma che sarà detta ANTIQUA TONDA, che si era evoluta soprattutto nei centri meno direttamente influenzati dalla antiqua fiorentina. Rispetto a quest’ultima, l’umanistica rotonda sviluppatasi nell’area romana aveva ha un tracciato in cui l’elemento fondamentale non era la parola ma la lettera, tracciata isolatamente, e dunque si trattava di una scrittura particolarmente adatta a essere trasferita nella nuova tecnica tipografica.
La diffusione dei libri a stampa non mise fine alla scrittura dei libri manoscritti e molte sono le reciproche interazioni negli ultimi decenni del Quattrocento. Nelle tipografie italiane, numerose e attivissime, specialmente a Venezia, venne messa sempre più a punto la antiqua rotonda e alla fine del Quattrocento il tipografo Aldo Manuzio introdusse nei suoi libri una elegante scrittura con caratteri corsivi scritti separatamente, detta ITALICA, mutuata dalla umanistica corsiva nelle eleganti forme usate ad esempio nel Vat. lat. 10228 copiato da Bartolomeo Sanvito, che riporta la Sylloge epigraphica di Fra’ Giocondo.
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Interessante è anche il fenomeno di manoscritti copiati da libri a stampa, operazione sotto certi profili oggi incomprensibile ma giustificata all’epoca da due fattori: si trattava di testi non esistenti nella forma manoscritta (ad esempio nuove traduzioni dal greco o libri contemporanei) o destinati a un preciso contesto, come la corte urbinate di Federico da Montefeltro o la curia romana ai tempi di Sisto IV, che avevano biblioteche esclusivamente di manoscritti. Si vedano ad esempio il codice Urb. lat. 151, con opere di Sisto IV, copia fedele, perfino nella riproduzione del registro tipografico, dello stampato pubblicato a Roma dal tipografo J. P. de Lignamine dopo il 10 agosto 1471, e il Vat. lat. 408, con i Sermones morales di Giovanni Crisostomo, copia dello stampato prodotto a Roma dal tipografo G. Lauer nel 1470.
Il manoscritto Vat. lat. 408, con i Sermones morales di Giovanni Crisostomo, è una copia dell'incunabolo del tipografo G. Lauer (Roma 1470, di cui si mostra l'esemplare attualmente conservato presso la Bayerischen Staatsbibliothek di Monaco)
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Alla metà del Cinquecento, un secolo dunque dopo la Bibbia di Gutenberg, il libro a stampa sostituì definitivamente i manoscritti nella funzione di trasmissione della cultura scritta, utilizzando varie scritture tra cui le principali furono la gotica, la antiqua e l’italica. Termina così questo percorso nella storia della scrittura latina, anche se si continuò a scrivere a mano (cosa che si fa ancora oggi). La funzione dei prodotti scritti a mano tuttavia cambiò: ebbero da allora un carattere più privato e personale (come appunti, note, diari, corrispondenza) e non furono realizzati con il fine di essere pubblicamente diffusi nella loro forma manoscritta, ma eventualmente, se del caso, furono composti tipograficamente per essere riprodotti a stampa.