Paleografia Latina dall'Antichità al Rinascimento [di A.M. Piazzoni]

15. LA CAROLINA

Il nome CAROLINA fu dato a questa scrittura perché strettamente legata alla cosiddetta rinascenza carolingia, il grande movimento culturale fiorito in Occidente durante il regno di Carlo Magno, tra VIII e IX secolo. Venne anche chiamata «francisca» per l’origine nell’area franca, e antiqua dagli umanisti che la ripresero contrapponendola alla “moderna” gotica. Costituì il mezzo grafico con cui si espresse la nuova cultura romano-cristiana universalistica dell’impero carolingio.

VAt. lat. 3868, f. 10v

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Le origini della carolina

Molto discussa è la questione delle origini, particolarmente complicata dal fatto che i numerosi paleografi che se ne sono occupati hanno diversamente sottolineato i vari aspetti del problema: le premesse culturali della rinascenza carolingia, l’intervento esplicito dell’imperatore e della sua cerchia di consiglieri, il centro scrittorio in cui ebbe origine, l’esame delle scritture delle quali la carolina fu una debitrice erede, la datazione e la localizzazione di manoscritti attorno ai quali si sono costruite le varie ipotesi.

Si sono via via contrapposte, a partire dalla seconda metà del secolo XIX, una tesi franco-occidentale (Délisle, Mémoire: centro creatore il monastero di San Martino di Tours, diretto da Alcuino, su modelli semionciali), una tesi franco-orientale (Menzel, Janitschek, Die Trierer Ada-handschrift: origini nella scuola palatina ad Aquisgrana, durante il regno di Pipino il Breve), una tesi romana (Giorgi, Appunti, Federici, Il S. Ilario: luogo di nascita Roma, su modelli semionciali). Gli studiosi si sono anche divisi tra i sostenitori di una derivazione della carolina alle scritture merovingiche pre-caroline e coloro che richiamarono l’attenzione sul duplice contributo che alla nascita della carolina venne dalla corsiva e dalla semionciale. A chi cercava l’origine della scrittura in un determinato centro si oppose la tesi di una origine poligenetica (Schiaparelli, Il codice, Steinhacker, Zum Liber Diurnus, Lehmann, Aufgaben), cioè di un analogo sviluppo che partendo da uguali modelli avrebbe prodotto analoghi risultati in posti diversi. Nella seconda metà del secolo XX si è anche avanzata l’ipotesi (Cencetti, Postilla) di un’ascendenza più remota, risalente alla minuscola tardo-antica, presente nei codici del V e del VI secolo copiati al tempo della rinascenza carolingia, e conservata nella pratica scolastica come patrimonio di modelli usati nell’insegnamento di base (Petrucci, Libro).

Per arricchire la riflessione sulle origini della carolina, tuttavia, oltre alle considerazioni di tipo paleografico, si deve tener conto anche del ruolo svolto dalla corte di Carlo Magno e dal suo programma culturale che si realizzò con un ampio movimento di rinascita degli studi e delle scuole e anche con il compimento di una riforma liturgica, già iniziata da suo padre Pipino il Breve. Significativo a questo proposito fu un capitolare (Admonitio generalis) emanato da Carlo Magno nel 789, con cui, oltre a indicare numerose norme riguardanti il clero, l’uniformità dell’applicazione della vita religiosa nei monasteri e vari altri temi, raccomandò che venissero istituite scuole per i fanciulli presso vescovati e monasteri, e che si fosse precisi nella copia dei libri sacri (biblici e liturgici), per i quali era necessario che fossero senza errori e scritti con ogni attenzione in modo che fossero corretti e chiari, e per ciò affidati per essere copiati e corretti a uomini adulti e non a giovani inesperti. Quelle prescrizioni vennero ribadite da Carlo Magno nell’805 e dal suo successore Ludovico il Pio nell’816.

La discussione non sembra ancora conclusa ma, indipendentemente da come si risolva la questione delle origini, alcuni fatti vanno osservati:

  • La produzione di libri in carolingia fu enorme; i codici superstiti del solo secolo IX sono oltre 7000 (Bischoff, Panorama), contro i circa 2000 che si contano per tutti i secoli precedenti (E. A. Lowe e continuatori); ciò dipende certamente anche dal deterioramento degli antichi codici in papiro e dal lungo tempo trascorso, ma testimoniano indubbiamente anche una accresciuta alfabetizzazione, legata alla ripresa dell’educazione scolastica anche elementare, che si fondava su modelli antichi.
  • Accanto alla nuova minuscola carolina, vi fu la riscoperta, o la reinvenzione, di scritture di imitazione delle antiche capitale, onciale e semionciale. Questi fenomeni imitativi furono coscientemente ricercati, localizzabili in ambienti precisi (il monastero di San Martino a Tours e la scuola palatina presso la corte imperiale ad Aquisgrana) e rimasti limitati a una cerchia ristretta, mentre la minuscola carolina si diffuse in tutta Europa.
  • Nella produzione libraria del periodo carolingio tornò, com’era nell’epoca tardo-antica, un ordinato sistema gerarchico di scritture diverse nello stesso manoscritto, con l’uso di scritture distintive per titoli, capitoli, finali.