15.2 La carolina nel tempo e nello spazio; sua diffusione e sue tipizzazioni
La carolina si diffuse rapidamente, tra la fine dell’VIII secolo e i primi decenni del IX, nei territori franchi tra il Reno e la Loira, attraverso i centri scrittori di Aquisgrana, Tours, Corbie, Fleury, Laon, Cluny, e prima della fine del secolo aveva sostituito le precedenti scritture altomedievali praticamente in tutti i territori dell’impero carolingio, espandendosi in Burgundia, in Aquitania e almeno parzialmente anche più a sud, nella Marca spagnola pirenaica, nella Germania renana e in Baviera, nella zona del lago di Costanza, e nell’Italia settentrionale. Nei territori fuori dall’impero si impose più tardi. In Britannia arrivò insieme alla conquista dei Normanni nella seconda metà dell’XI secolo sostituendosi all’insulare, cosa che avvenne nel corso del XII secolo anche in Irlanda; nella penisola iberica cominciò a diffondersi insieme alla riforma della Chiesa dell’XI secolo a partire dalla zona pirenaica, per influsso determinante dei monasteri cluniacensi che gradatamente venivano fondati nei regni cristiani formatisi nel nord della penisola iberica e soppiantò definitivamente la scrittura visigotica nel secolo XII. Nell’Italia meridionale la penetrazione della carolina fu meno forte, poiché a lungo si continuò a scrivere in beneventana, e quando quest’ultima concluse il suo ciclo, alla fine del XII secolo, venne soppiantata dalla scrittura gotica, che nel frattempo stava un po’ dovunque sostituendo la carolina.
Fra i motivi del successo di questa scrittura, oltre a quelli già indicati per la sua nascita, sono certamente da considerare anche il grande numero di scriptoria bene organizzati presenti nelle abbazie, in grado di produrre libri non solo per il proprio uso interno ma destinati ad essere esportati in altri centri di studio, la circolazione dei libri che venivano prestati per essere copiati, un miglioramento economico che ne consentiva la produzione (i libri erano sempre un genere costoso) e anche il tipo di testi che venivano copiati. Nella minuscola carolina fu realizzata, specialmente a opera dei monaci, una massiccia opera di trascrizione dei classici latini e dei padri cristiani dei secoli precedenti, che si affiancò alla produzione dei testi contemporanei e a quelli biblici e liturgici. L’uniformità di una scrittura comune, per di più facilmente leggibile e ortograficamente corretta, consentiva di utilizzare libri prodotti anche in luoghi diversi da quelli in cui si era imparato a leggere e apriva quindi ampi orizzonti di studio e di ricerca al sempre maggior numero di lettori che si spostavano da un monastero all’altro, da una scuola all’altra.
15.2.1 Tipizzazioni locali
Nei differenti centri di produzione libraria, tuttavia, la scrittura, pur mantenendo sostanzialmente immutata la propria morfologia, subì alcune lievi elaborazioni stilistiche, spesso collegate alla tradizione grafica del luogo, che non si possono configurare come vere e proprie tipizzazioni. Due casi interessanti si possono tuttavia segnalare.
Il primo si riferisce all’uso della carolina a Roma e nel Lazio, dove la scrittura compare nell’ultimo quarto del secolo IX, e risente dell’influsso della onciale che a Roma si era prodotta nei secoli precedenti. Un esempio è costituito dal Vat. lat. 4965, con testi di Anastasio Bibliotecario, realizzato a Roma nell’870-871. Nel corso del secolo XI si definì una tipizzazione che viene abitualmente definita MINUSCOLA ROMANESCA, caratterizzata da una inclinazione a destra, dal modulo relativamente grande, dall’allineamento non troppo regolare delle lettere, che assumono un disegno più squadrato, dalla presenza di legamenti alti sopra la riga e talvolta dall’andamento ondulato delle aste.
Il secondo caso si riferisce all’uso della carolina non in ambito librario ma in quello documentario. Già nel secolo IX era stata utilizzata, con alcuni particolari adattamenti, nella cancelleria imperiale carolingia in sostituzione della merovingica; nei secoli successivi si diffuse in Europa, sempre per uso documentario (pubblico ma anche privato) assumendo una tipizzazione che vien detta MINUSCOLA DIPLOMATICA, caratterizzata dal notevole allungamento delle aste, che alla sommità si trasformano in fiocchetti o in altri intrecci; dall’assenza di legamenti; dalla presenza della c crestata; dalla g con il prolungamento inferiore talvolta intrecciato; dall’uso, specialmente nella prima riga del documento, di maiuscole strette, alte e connesse fra loro. Si ricorda qui questa scrittura non libraria perché più tardi, dal secolo XIII, sarà alla base una scrittura libraria particolare (che sarà chiamata MINUSCOLA CANCELLERESCA).
15.2.2 Criteri per la datazione
Anche nel corso del tempo si verificarono delle modificazioni, sulle quali ci si può basare per una corretta datazione dei manoscritti in carolina. Uno dei criteri più spesso utilizzati per datare la minuscola carolina è legato alla presenza di legature, il cui numero aumenta progressivamente con il passare del tempo. Altri criteri pratici sono stati variamente suggeriti, come la persistenza, nel secolo IX, di alcuni elementi corsivi (come la a aperta) e delle aste ingrossate, elementi che nel corso del secolo successivo gradatamente scompaiono; viene osservato anche, dal secolo XI, un raddrizzamento e un ingrandimento delle lettere; e infine, nel secolo XII, quando già si stava diffondendo la scrittura gotica, una accentuazione del contrasto tra tratti sottili e grossi, l’uso della s di forma maiuscola (al posto di quella alta) in fine di parola e la presenza di segni diacritici sulla doppia i o quando la i è seguita da una u, l’uso di un piccolo tratto obliquo a fine riga quando una parola prosegue nella riga seguente. Questo tipo di scrittura, che documenta il passaggio dalla carolina alla gotica, vien detta anche MINUSCOLA DI TRANSIZIONE e si differenzia a seconda delle regioni. Un esempio di minuscola di transizione normanna (con la a con schiena leggermente inclinata a sinistra, la x con il tratto inferiore di sinistra che si distende sotto la lettera precedente, la g a forma di un 8 e la t con un elemento inferiore ricurvo,) si trova nel Vat. lat. 42, (Vangeli, tardo secolo XII, realizzato a Monreale). Si deve tuttavia tener presente che si tratta sempre di criteri non univoci, e che spesso una diversità di scrittura dipende non da una lontananza di tempo ma da una lontananza di luogo, e talvolta semplicemente dal cambio del responsabile di uno scriptorium.
15.2.3 La carolina ai nostri giorni
Nel secolo XII la carolina concluse il suo ciclo e venne sostituita dalla gotica, che ne rappresentò una evoluzione ma che tuttavia finì con il perdere quelle caratteristiche di facile leggibilità che aveva contraddistinto la carolina. Venne riscoperta nelle sue forme di chiara lettura dagli umanisti italiani che la imitarono e nel secolo XV la diffusero come minuscola umanistica. Da qui passò nella stampa a caratteri mobili, cristallizzata nelle forme dei caratteri tipografici rotondi detti romani e ancora oggi le sue forme sono quelle usate abitualmente nella stampa e nelle scritture elettroniche (ad esempio nei font Times new Roman, Palatino linotype, Courier, Cambria, Garamond, Arial e tanti altri).