10. SCRITTURE INSULARI
La Britannia fu la meno latinizzata delle regioni europee dell’impero. La presenza romana ebbe un carattere prevalentemente militare e commerciale, e non si trasformò in penetrazione culturale profonda fra le popolazioni celtiche. Dopo alcune incursioni al tempo di Giulio Cesare e altri tentativi senza successo, l’occupazione militare romana, iniziata nel I secolo d.C. e terminata nel secolo successivo, non conquistò l’intera isola e non toccò nemmeno la vicina Irlanda. I Romani abbandonarono la Britannia all’inizio del V secolo. Prima della loro partenza erano però avvenuti due fatti che ebbero conseguenze significative: l’introduzione del cristianesimo nell’isola e l’organizzazione di un clero locale.
Attorno al 432, Patrizio, cristiano nato in Britannia da famiglia romana, si dedicò con alcuni discepoli a evangelizzare l’Irlanda, dove si sviluppò rapidamente un vigoroso movimento monastico che alla fine del secolo era dotato di un sistema scolastico efficiente, in grado di formare nuove generazioni di monaci che nel secolo successivo dall’Irlanda iniziarono una nuova evangelizzazione della Britannia, diventata terra di conquista dei pagani Angli e Sassoni dopo la partenza dei Romani.
Sempre verso la Britannia si rivolsero anche gli sforzi missionari di papa Gregorio Magno, che nel 597 inviò nella regione un gruppo di monaci benedettini guidati da Agostino (di Canterbury), che portò con sé molti codici (probabilmente bibbie in onciale e manoscritti liturgici) introducendo la liturgia romana. Una seconda evangelizzazione promossa da Roma, dagli effetti più duraturi, avvenne con papa Vitaliano che nel 668 inviò il greco Teodoro di Tarso e l’africano Adriano di Niridano, i quali introdussero in Britannia anche un programma di scuole e di studi letterari.
Barb. lat. 570, f. 80r, Incipit del vangelo di Luca
Le origini della scrittura insulare
Fu in questo quadro che in Irlanda nacque una scrittura libraria detta INSULARE (termine coniato da L. Traube). La precedente cultura celtica irlandese, di tipo orale, aveva solo da poco sviluppato (forse dal secolo III, dopo un qualche contatto con la cultura romana) un tipo di scrittura, detta ogamica, in cui non esistevano lettere di forme differenti ma realizzate ciascuna con un numero diverso di linee incise (su pietre o su legno) a destra o a sinistra di una linea mediana; era una scrittura usata soprattutto per cippi funerari. La cristianizzazione ad opera di missionari portatori di una cultura scritta fu la causa della nascita di una scrittura irlandese in una regione in cui, in pratica, la scrittura non esisteva se non in una forma primordiale e pochissimo usata. Ciò avvenne probabilmente nella seconda metà del V secolo e presto quella scrittura dall’Irlanda si diffuse in Britannia (a partire dalla Northumbria), dove lo scarso grado di romanizzazione non aveva condotto a una grande diffusione della corsiva nuova. La scrittura irlandese nacque e si sviluppò dunque in ambienti non portatori di una propria radicata tradizione grafica.
A partire dal secolo VI, si assiste a una grande produzione di codici in entrambe le isole. La diffusione della scrittura latina iniziò subito nell’ambito librario (a differenza di quanto successo alle origini e di quanto si verificherà in altre regioni dell’Impero) poiché nelle isole dell’arcipelago britannico il latino non era comunemente parlato né scritto, e non esisteva una produzione documentaria in scrittura latina.
La scrittura insulare si articola in tre tipi, ciascuno con caratteristiche proprie, e tuttavia con qualche cosa in comune, che spinge i paleografi a parlare di scritture insulari, al plurale.