Paleografia Latina dall'Antichità al Rinascimento [di A.M. Piazzoni]

10.1 La maiuscola insulare (o insulare rotonda)

La scrittura maiuscola insulare venne chiamata così da chi (Lowe) ne metteva in luce soprattutto la struttura sostanzialmente inserita in un sistema bilineare ma fu detta semionciale insulare da chi (Schiaparelli) considerava soprattutto la sua derivazione dalla semionciale. In effetti, si tratta di una scrittura che ha come base di partenza la semionciale, di cui mantiene in sostanza la forma delle lettere, ma con una decisa riduzione delle aste alte e basse (e per questo anche definita talvolta litterae tunsae, come la semionciale) e con una rotondità generale che la fa oggi chiamare preferibilmente INSULARE ROTONDA. Ha tuttavia alcune lettere di forma maiuscola e la d di forma onciale. Ha un tracciato pesante e caratterizzato anche da un motivo decorativo che consiste in una specie di triangolo pieno con vertice in basso (dente di lupo, in inglese detto wedge) applicato alle aste alte e ad altri tratti verticali.

Alfabeto insulare rotonda2.jpg
Alfabeto della insulare rotonda (Barb. lat. 570)

Da osservare in particolare:

  • d: preferibilmente di forma onciale, ma anche di forma minuscola con la asta diritta;
  • f: di forma maiuscola;
  • g: di forma semionciale;
  • n: talvolta maiuscola, talvolta minuscola;
  • r: di forma maiuscola;
  • s: di forma maiuscola.

L’insulare rotonda è considerata una scrittura di lusso e con essa sono realizzati soprattutto testi biblici e liturgici. Utilizzata dal VII al X secolo, il suo apice si verificò nel secolo VIII, al quale appartengono alcuni dei codici più noti e più belli, tra i quali spicca il Book of Kells, (Dublin, Trinity College 58). Un buon esempio è quello del Barb. lat. 570 (Vangelo Barberini), del sec. VIII.

Barb.lat.570