Urb.lat.365
Informazioni sul manoscritto
- Resource type:
- Manuscript
- Collection:
- Urb.lat.
- Segnatura:
- Urb.lat.365
- Biblioteca:
- Biblioteca Apostolica Vaticana
- Altra denominazione:
- Dante Urbinate
- Datazione:
- sec. XV ex.
- Datato:
- 1477(?)-1478
- Data inizio:
- 1476
- Data fine:
- 1500
- Paese:
- Italia
- Localita:
- Urbino e Ferrara
- Materiale:
- membr.
- Altezza:
- 387
- Larghezza:
- 241
- Numero fogli:
- 301
- Nota generale:
- Dante Alighieri, Divina Commedia.
Descrizione
- Bibliography:
- Bibliografia dantesca, ossia Catalogo delle edizioni, traduzioni, codici manoscritti e comenti della Divina Commedia e delle opere minori di Dante, I-II, a cura di P. C. DE BATINES, Prato 1845-1846 (anche ed. anastatica, I-III, postfazione a cura di S. ZAMPONI et alii, indice dei manoscritti di I. CECCHERINI, Roma 2008 [Biblioteca storica dantesca, 3]), nr. 339; Codices Urbinates Latini, recensuit C. STORNAJOLO, I: Codices 1-500, Romae 1902 (Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codices manuscripti recensiti), pp. 335-336; M. RODDEWIG, Dante Alighieri, Die göttliche Komödie. Vergleichende Bestandsaufnahme der Commedia-Handschriften, Stuttgart 1984 (Hiersemanns bibliographische Handbücher, 4), pp. 298-299.
- Altro nome:
- Federico da Montefeltro, duca d'Urbino, 1422-1482 [owner]
Contugi, Matteo, f. 1456-1491 [scribe]
Alexander PP. VII, 1599-1667 [person]
Clemens PP. XI, 1649-1721 [person]
Giraldi, Guglielmo, f. 1441-1494 [artist]
Franco dei Russi, f. 1455-1482 [artist]
Mariani, Valerio da Pesaro, 1568-c. 1625 [artist]
Leoni, Alessandro, f. 1465-1486 [artist]
Scuola di Guglielmo Giraldi [artist]
Scuola di Franco dei Russi [artist]
Scuola di Valerio Mariani da Pesaro [artist]
Francesco Maria II della Rovere, duca di Urbino, 1548-1631 [person] - Collazione:
- 30 fascicoli: 1-19 quinioni (ff. 1-10, 11-20, 21-30, 31-40, 41-50, 51-60, 61-70, 71-80, 81-90, 91-100, 101-110, 111-120, 121-130, 131-140, 141-150, 151-160, 161-170, 171-179 [sic], 180-189); 20 quinione con foglio aggiunto (ff. 190-200; f. 196 aggiunto); 21-29 quinioni (ff. 201-210, 211-220, 221-230, 231-240, 241-250, 251-260, 261-270, 271-280, 281-290); 30 ternione (ff. 291-296). Bianchi i fogli di guardia, cartacei, e i ff. 96r-v, 195r-196v, 295v-296v.
- Impaginazione:
- Testo a piena pagina.
- Foliazione:
- ff. I-II, 1-296, III-IV Numerazione in inchiostro bruno, nell’angolo superiore destro dei ff. 1-295; un foglio non numerato dopo f. 176 foliato da mano recente a matita 176 bis. Fogli di guardia e f. 296 non numerati.
- Scrittura - Nota:
- Umanistica molto regolare e uniforme di mano di Matteo de’ Contugi da Volterra. Copista estremamente elegante, Contugi fu attivo presso le corti di Mantova, Ferrara e Urbino e probabilmente a Firenze. A Urbino è attestato con certezza negli anni 1477-1486, ma potrebbe esservi giunto anche qualche anno prima. Insieme a Federico Veterani fu uno dei copisti più noti e attivi alla corte dei Montefeltro: oltre al presente manoscritto, la sua firma si ritrova in altri 6 codici urbinati, ovvero Urb. lat. 10 («Manu Matthaei domini herculani de Contugiis de vulterris et caetera», f. 242r), 324 («Manu Matthaei domini Herculani de Contugiis de Vulterris», f. 84r), 336 («Manu Matthaei de Vulterris», f. 155r), 392 («Manu Matthaei de vulterris», f. 264r), 427 e 548 («Manu Matthaei de Contugiis de Vulterris», rispettivamente f. 184r e f. 329v; per tutte le sue sottoscrizioni cf. BÉNÉDICTINS DU BOUVERET, Colophons des manuscrits occidentaux, IV, pp. 166-167, nrr. 13398-13408; DEROLEZ, La codicologie des manuscrits, I, p. 151 n. 291), e alla sua mano è stato attribuito anche l’Urb. lat. 151 (cf. BONICATTI, Contributo al Giraldi, pp. 195-210; ID., Nuovo contributo, pp. 259-269; DE LA MARE, New Research, pp. 449-450 nota 224). L’ultima data in cui si trova notizia di Contugi è il 1491 (per la sua biografia cf. CRITELLI, Per la carriera di Matteo Contugi, pp. 251-265). Nel testo dantesco non pochi sono gli errori, in alcuni casi corretti con espunzione (è il caso più frequente), in altri con lettere o sillabe aggiunte in interlinea, oppure in margine con richiamo, o anche con due o più di questi metodi riuniti. Alcune maniculae (es. ff. 45r, 64v).
- Decorazione - Nota:
- 3 pagine di incipit: f. 1r, con fitta cornice a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosso) delimitata e percorsa da listelli in foglia d’oro, intercalati sia da clipei istoriati e abitati sia da rombi anch’essi abitati; f. 97r, cornice a decorazione mista, sia a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosso), sia con intreccio su lamina metallica aurea, l’una e l’altra con clipei istoriati e abitati; f. 197r, con edicola architettonica animata da putti, decorazioni a grottesche e a candelabra. 119 miniature tabellari comprese entro cornici in foglia d’oro e di varie tinte (in porpora, in verde, in blu, in viola, in azzurro con effetto marmorizzato), oppure entro edicole all’antica ugualmente limitate dalla lamina metallica aurea (ff. 1r, 3v, 6v, 9r, 12r, 14v, 15r, 17v, 20r, 22v, 25r, 28r, 30v, 33r, 36r, 38v, 41r, 43v, 45r, 45v, 49r, 51v, 52r, 54v, 57r, 57v, 60v, 63v, 66v, 69v, 72v, 75r, 78r, 80v, 81r, 84r, 87r, 89v, 90r, 93r, 95v, 97r, 99v, 100r, 102v, 105r, 108v, 109r, 111v, 112r, 115r, 117v, 118r, 120v, 121r, 124r, 126v, 127r, 130r, 132v, 133r, 136r, 139r, 142r, 145r, 147v, 148r, 151r, 154r, 157r, 159v, 160r, 163r, 165v, 166r, 169r, 171v, 172r, 175r, 176bisv, 177r, 180r, 183r, 186r, 189r, 192r, 200r, 203r, 205v, 208v, 211v, 214v, 217v, 220v, 223v, 226v, 229v, 232v, 235v, 238v, 241v, 244v, 247v, 250v, 253v, 256v, 259v, 262v, 265v, 268v, 271v, 274v, 277v, 280v, 283v, 286v, 289v, 292v; mm 160x130, media delle misure). 100 iniziali maggiori di diversa tipologia (ff. 1r, 4r, 6v, 9v, 12r, 15r, 17v, 20r, 22v, 25v, 28r, 30v, 33v, 36r, 39r, 41v, 44r, 45v, 49v, 52r, 54v, 57v, 60v, 63v, 66v, 69v, 72v, 75v, 78r, 81r, 84r, 87r, 90r, 93r, 97r, 100r, 102v, 105r, 109r, 112r, 115r, 118r, 121r, 124r, 127r, 130r, 133r, 136r, 139r, 142r, 145r, 148r, 151r, 154r, 157v, 160r, 163r, 166r, 169r, 172r, 175r, 177r, 180r, 183r, 186r, 189r, 192r, 197r, 200r, 203r, 205v, 208v, 211v, 214v, 217v, 220v, 223v, 226v, 229v, 232v, 235v, 238v, 241v, 244v, 247v, 250v, 253v, 256v, 259v, 262v, 265v, 268v, 271v, 274v, 277v, 280v, 283v, 286v, 289v, 292v; mm 40x35, media delle misure): 5 fitomorfe con corpo in foglia d’oro su campo in blu o in rosso (ff. 1r, 214v, 235v, 262v, 280v); 88 con corpo in foglia d’oro spesso intarsiato e a bianchi girari su fondo policromo (rosso, verde, blu) con fregio della medesima tipologia decorativa oppure decorato con motivo a candelabra; 7 figurate (ff. 49v, 72v, 78r, 106r, 241v, 244v, 253v).
- Legatura -Nota:
- La legatura originaria in broccato giallo, fatta realizzare dal duca Francesco Maria II della Rovere e ricordata nel penultimo indice della biblioteca compilato a Urbino nel 1616 dal bibliotecario Vittorio Venturelli (Vat. lat. 10482, f. 15v), fu sostituita per volere di Clemente XI con l’attuale in velluto rosso ornato di pesanti ornamenti barocchi di metallo dorato, con gli elementi araldici del proprio stemma; il recto del primo foglio di guardia e il verso dell’ultimo sono rivestiti di raso rosso come i contropiatti. Nell’angolo inferiore destro dell’ultimo foglio di guardia tassello cartaceo con indicazione di restauro eseguito nel 1967.
- Segnature di fascicoli:
- Assenti.
- Verba reclamantia:
- Richiami verticali nel senso alto-basso, vergati con lo stesso inchiostro del testo nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio dei fascicoli, all’interno della colonnina di giustificazione e ornati ai quattro lati con decori a penna, due punti per lato e linee serpentine.
- Stemma:
- Araldica di Federico da Montefeltro: ff. 1r, 97r, 197r, stemma ducale inquartato, nel I e nel IV d’oro all’aquila di nero coronata nel campo, nel II e nel III bandato d’azzurro e d’oro all’aquila di nero sulla I banda d’oro caricato di un palo centrale di rosso con triregno e chiavi decussate; f. 90r, 97r, stemma bandato feltresco, accompagnato da FE(dericus) DVX; ff. 1r, 6v, 41v, 84r, 103r, 197r, 223v, 232v, ermellino con filatterio muto oppure caricato del motto; ff. 1r, 17v, 49v, 97r, 197r, struzzo con filatterio muto oppure caricato del motto e con il chiodo di ferro nel becco; ff. 4r, 15r, 28r, 36r, 44r, 97r, 197r, 229r, 232v, collare dell’Ordine della Giarrettiera, con motto e talvolta accompagnato delle lettere F(edericus) D(ux) o FE(dericus) DVX; f. 9v, 33v, 97r, 109r, 151r, 180r, ramo di ulivo, talvolta accompagnato dalle lettere F(edericus) D(ux); f. 12r, fiammelle inquartate con le lettere FD; f. 20r, 22v, 25v, 30v, 75v, 87r, 93r, 97r, 100r, 127r, 133r, 164r, 183r, 197r, 208v, 220v, 256v, 274v, 292v, bombarda rovesciata ed esplodente, talvolta accompagnata dalle lettere F(edericus) D(ux) o FE(dericus) DVX; ff. 78r, 84r, 118r, 148r, 214v, scopetta, talvolta accompagnata alle lettere F(edericus) D(ux); f. 97r, corona ducale accompagnata dalle lettere F(edericus) D(ux); ff. 97r, 103r, 197r, collare d’oro formato da are accese fra due mete e da tronchi germoglianti; ff. 106r, 115r, 142r, 175r, 189r, 197r, freni, talvolta accompagnati alle lettere F(edericus) D(ux); ff. 139r, 163r, 177r, 238v, FE(dericus) DVX; ff. 172r, 192r, FE(dericus); ff. 235v, 253v, 286v, lettere F(edericus) D(ux).
- Motto:
- ff. 1r, 6v, 41v, 84r, 103r, 197r, 223v, 232v, “Non mai”, entro il filatterio dell’ermellino, tuttavia talvolta muto; ff. 1r, 17v, 49v, 97r, 197r, “Hic an vordait en groszen”, entro il filatterio dello struzzo, tuttavia talvolta muto; ff. 4r, 15r, 28r, 36r, 44r, 97r, 197r, 229r, 232v, “Hony soyt quy mal y pense”, entro il collare dell’Ordine della Giarrettiera, tuttavia talvolta muto.
- Nota:
- Per questo ms. cf. anche C. PONCHIA - F. TONIOLO, Urb. lat. 365, in Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. II. I manoscritti Urbinati, a cura di S. MADDALO - E. PONZI, con la collaborazione di C. PANICCIA, Città del Vaticano (Studi e testi), in corso di elaborazione.
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
- Colophon:
- Al f. 295r: «Manu Matthaei de contugiis de vulterris et caetera» (cf. BÉNÉDICTINS DU BOUVERET, Colophons des manuscrits occidentaux, IV, p. 166, nr. 13403).
- Storia:
- Questo splendido codice fu vergato da Matteo Contugi entro l’inizio del 1478: in una lettera al marchese di Mantova Federico Gonzaga, suo antico signore e protettore, datata 16 ottobre 1478, egli racconta infatti di essere stato inviato da Ottaviano Ubaldini a Ferrara a sollecitare presso la bottega di Guglielmo Giraldi il completamento della decorazione di alcuni manoscritti da lui copiati, tra i quali appunto il codice dantesco («Lo Ill. Sig. Ottaviano me ha mandato qui a Ferrara per fare finire certe opere che sono qui al miniatore di mia mano, et maxime uno Dante [...]», Mantova, Archivio di Stato, E.XXXI.3.B.1229; cf. Il Dante Urbinate, p. 56, tav. X). In seguito Giraldi si recò a Urbino portando con sé il manoscritto non ancora ultimato; ad un certo punto, verosimilmente tra il 1480 e il 1481, intervenne un nuovo miniatore che continuò l’opera di Giraldi fin quasi all’inizio della seconda cantica, ma con la morte di Federico, nel 1482, l’illustrazione del manoscritto si interruppe. In tale stato di incompletezza il codice resterà fino all’inizio del XVII secolo, allorché il duca Francesco Maria II della Rovere ne affidò il compito di terminarlo ad uno dei suoi miniatori e lo fece riccamente rilegare in broccato giallo (cf. Il Dante Urbinate, p. 42). Nel cosiddetto Indice vecchio, compilato intorno al 1487 dal bibliotecario Agapito, il codice viene elencato tra i «Libri non ligati in membrana» (Urb. lat. 1761, f. 118r: «[D]antis Comoediae tres ornatissimae quint. 30»; edito in Codices Urbinates Graeci Bibliothecae Vaticanae, recensuit C. STORNAJOLO, Accedit Index vetus Bibliothecae Urbinatis nunc primum editus, Romae 1895 [Bibliothecae Apostolicae Vaticanae codices manuscripti recensiti], pp. IX-CXCIX). La collezione dei duchi di Urbino giunse in Vaticana nel 1657 sotto il pontificato di Alessandro VII. Timbri della Biblioteca Apostolica Vaticana ai ff. 1v, 97v, 197v, 295v.
Informazioni amministrative
- Fonte:
- Il Dante Urbinate della Biblioteca Vaticana (codice Urbinate latino 365), I, introduzione di L. MICHELINI TOCCI, con una premessa di M. SALMI e una nota filologica di G. PETROCCHI, Città del Vaticano 1965, pp. 35-45; La Divina Commedia di Federico da Montefeltro. Il Dante Urbinate, Urb. lat. 365. Commentario, a cura di A. M. PIAZZONI, Città del Vaticano – Modena – Roma 2020.
Testo del curatore
From The Library of a 'Humanist Prince':
Il Dante urbinate, manoscritto in formato atlantico confezionato con pergamena di alta qualità, è tra i capolavori della collezione di Federico da Montefeltro. L’articolato e complesso apparato decorativo e illustrativo è stato, già in tempi molto precoci, stimolo al dibattito storiografico. Fu Adolfo Venturi (in Franciosi, Il Dante Vaticano, pp. 123-124 e nt. 9) che per primo indicò in Guglielmo Giraldi l’autore delle miniature a commento della Commedia (cfr. qui per la questione relativa alla presenza dei maestri padano-ferraresi a Urbino e per il loro legame con Matteo Contugi, copista del codice). Un’attribuzione ancora oggi valida – seppure con tutta una serie di sfumature, cfr. oltre – e che non è mai stata messa in discussione (cfr. tra gli altri Hermann, La miniatura estense, passim; Hermanin, Le miniature ferraresi, pp. 341-373; D’Ancona, La miniatura, pp. 353-361; Bonicatti, Aspetti dell’illustrazione, pp. 107-149; Bonicatti, Contributo al Giraldi, pp. 195-210; Levi D’Ancona, Contributi al problema, pp. 33-45; Luigi Michelini Tocci in Il Dante Urbinate, commentario all’edizione facsimilare del 1965 che qui si utilizza per la decodifica e le attribuzioni delle immagini all’interno delle annotazioni). Se Venturi si concentrò soprattutto su Giraldi, Federico Hermanin si pose il problema della presenza di collaboratori al lavoro al fianco del maestro e tentò di mettere a fuoco la figura di Alessandro Leoni, nipote di Giraldi stesso e attestato con lui nell’esecuzione di manoscritti per i Gonzaga; lo studioso individuò inoltre altre due mani, che indicò come quella del Violaceo I e del Violaceo II (Hermanin, Le miniature ferraresi, pp. 341-373), a testimonianza della complessità del manoscritto.
Sin dagli albori del Novecento si è inoltre fatta strada l’ipotesi – ancora oggi valida, cfr. oltre – che alcune delle miniature tabellari negli ultimi canti dell’Inferno e la maggior parte di quelle che illustrano il Purgatorio non dovessero essere attribuite alla bottega di Giraldi, bensì a un secondo gruppo di artisti che, ancora una volta Hermanin, riuniva attorno a quel «magistro Franco da Ferara» – vale a dire Franco dei Russi – unico registrato tra i «maestri miniadori de libri» nella Memoria felicissima delo Illustrissimo Duca Federico Duca de Urbino compilata dal cortegiano Susech (Urb. lat. 1204, f. 102r; è una vera e propria lista del personale al servizio nella corte feltresca durante gli anni del regno di Federico). Lo studioso suggeriva un’ipotesi per l’avvicendarsi delle due botteghe: la circostanza cioè che Franco fosse stanziale a Urbino, a differenza di Giraldi che continuava invece a lavorare anche a Ferrara (Hermanin, Le miniature ferraresi, pp. 341-373, egli fu successivamente smentito da un documento epistolare, cfr. oltre; un proposta confutata anche da Paolo D’Ancona, La miniatura, p. 354). Nella scia di Hermanin si pose Alberto Serafini, il primo a individuare l’ormai celebre frammento con il Trionfo di dotto della British Library di Londra, firmato «Dii faveant / opus Franchi miniatoris» (Add. 20916), che lo studioso mise in relazione proprio con un esemplare della collezione urbinate, l'Urb. lat. 336 (le Epistolae di Libanio, databile agli anni del ducato di Federico) che gli suggerì di dare più rilievo alla presenza a Urbino di Franco piuttosto che a quella di Giraldi (Serafini, Ricerche, pp. 420-422). L’idea della diversa rilevanza dei due miniatori è al centro della riflessione di Maurizio Bonicatti, che ancora una volta sottolineava l’importanza di Giraldi, coadiuvato nell’impresa soprattutto da Alessandro Leoni, sia nell’Inferno sia nei primi fogli della seconda cantica. Lo studioso rifiutava sostanzialmente la possibilità di un intervento di Franco dei Russi e assegnava la campagna di decorazione ‘non giraldiana’ a colui che denominava Secondo maestro, a sua volta a capo di un’équipe (Bonicatti, Contributo al Giraldi, pp. 195-210; Bonicatti, Nuovo contributo, pp. 259-264). Alla metà degli anni ’50 Bonicatti e, contestualmente ma in maniera separata, Gino Franceschini pubblicarono una importante lettera che permise di mettere a fuoco un punto fondamentale della vicenda (smentendo nei fatti la posizione di Hermanin, cfr. supra). Datata al 1480, in essa Federico da Montefeltro scriveva a Ludovico Gonzaga, duca di Ferrara, che avrebbe inviato in città «messer Guglielmo servitore de Vostra Signoria et mio miniatore» per copiare alcuni volumi (Bonicatti, Contributo al Giraldi, p. 195; Franceschini, Figure del Rinascimento, p. 144); Bonicatti ne dedusse quindi che il Secondo maestro fosse subentrato a Giraldi a causa della morte di quest’ultimo. La pubblicazione della lettera aprì quindi a tutta una serie di ipotesi: Mirella Levi D’Ancona, che offrì una serie di puntualizzazioni sull’attribuzione delle miniature, suggeriva che la partenza di Giraldi per Ferrara avesse indotto Federico a investire Franco del compito di portare a termine il lavoro sulla Commedia (Levi D’Ancona, Contributi al problema, pp. 42-43). Luigi Michelini Tocci assegnava infine il lavoro a due diverse équipe, la prima da ricondurre a Guglielmo Giraldi e la seconda a Franco dei Russi, in un avvicendamento dovuto forse all’eccessiva lentezza di Giraldi (Il Dante Urbinate, passim), per poi interrompersi definitivamente con la morte di Federico stesso (1482). Una posizione ancora oggi valida nelle sue premesse e che ha fornito una solida base per ulteriori e più articolate riflessioni. In anni recenti, infatti, Giordana Mariani Canova si è diffusamente concentrata sul Dante urbinate, soprattutto nei suoi studi dedicati a Guglielmo Giraldi, al quale suggerisce di affidare, insieme alla sua bottega, l’intero apparato illustrativo dell’Inferno e il frontespizio e le prime due miniature tabellari del Purgatorio. La campagna di illustrazione della seconda cantica è quindi proseguita da Franco dei Russi e dalla propria équipe (Mariani Canova, Guglielmo Giraldi 1995, passim); la studiosa sottolinea a tal proposito che i due maestri avessero già collaborato alla realizzazione di uno dei volumi della Bibbia della Certosa di San Cristoforo a Ferrara, impresa alla quale partecipa molto probabilmente anche Alessandro Leoni (cfr. Modena, Biblioteca Estense Universitaria, alfa Q.4.9 = Lat. 990, Salterio sottoscritto «per magistrum Gulielmum civem ferrariensem et Alexandrum eius nepotem»; Mariani Canova, Guglielmo Giraldi 1995, passim). L’allestimento del Dante per Federico da Montefeltro si interruppe probabilmente con la morte di questi nel 1482: la scomparsa del committente arrestò il lavoro, completato solo per la prima cantica e per parte del Purgatorio.
Una seconda campagna decorativa fu quindi avviata nel Seicento, per volontà di Francesco Maria II Della Rovere (1549-1631), quando il miniatore Valerio Mariani fu incaricato di concludere il lavoro sospeso dai maestri padano-ferraresi e portò così a termine, intervenendo negli spazi riservati già predisposti, il Purgatorio ed eseguì ex novo il ciclo del Paradiso.
In un primo tempo il responsabile di questa seconda fase di decorazione fu indicato in Giulio Clovio, attribuzione confutata a ragione da Luigi Michelini Tocci, grazie a documenti d’archivio e attraverso il confronto tra l’Urb. lat. 365 e quanto visibile negli Urb. lat. 1765, Historia de’ fatti di Federico di Montefeltro, e Urb. lat. 1764, Vita di Francesco Maria I della Rovere (Michelini Tocci, Introduzione, pp. 63-64). Silvia Meloni Trkulja, ai primissimi anni ’80 del Novecento, confermò tale attribuzione in seguito al ritrovamento agli Uffizi di Firenze di un foglio illustrato con la Battaglia di San Fabiano e firmato proprio da Valerio Mariani di Pesaro (Meloni Trkulja, I miniatori di Francesco Maria, pp. 33-38; Ead., Scheda nr. 384, p. 204). Nel medesimo solco si collocano gli studi di Erma Hermens che, tra le altre cose, proponeva la presenza di un collaboratore ad affiancare il maestro nell’impresa (Hermens, Valerio Mariani, pp. 93-102; posizione condivisa anche da Helena Szépe, Mariani, Valerio, pp. 723-727).
Nato come manufatto di apparato per soddisfare le esigenze di completezza della raccolta libraria federiciana, nel suo completamento seicentesco l’Urb. lat. 365 è anche un peculiare esempio di ‘recupero dell’antico’, dove l’antico non è più quello classico, ma quello umanistico-rinascimentale, senza dubbio venato da una volontà di autolegittimazione del potere da parte del nuovo possessore, quel Federico Maria II Della Rovere, ultimo duca di Urbino.
Descrizioni interne
1r-95r
Inferno (Dante Alighieri, 1265-1321)
- Datazione:
- sec. XV ex.
- Datato:
- 1477(?)-1478
- Data inizio:
- 1476
- Data fine:
- 1500
- Paese:
- Italia
- Regione:
- Italia centrale
- Localita:
- Urbino e Ferrara
- Locus:
- 1r-95r
- Titolo uniforme:
- Inferno (Dante Alighieri, 1265-1321)
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
- Fonte:
- IAM50
97r-194v
Purgatorio (Dante Alighieri, 1265-1321)
- Datazione:
- sec. XV ex.
- Datato:
- 1477(?)-1478
- Data inizio:
- 1476
- Data fine:
- 1500
- Paese:
- Italia
- Regione:
- Italia centrale
- Localita:
- Urbino e Ferrara
- Locus:
- 97r-194v
- Titolo uniforme:
- Purgatorio (Dante Alighieri, 1265-1321)
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
- Fonte:
- IAM50.
197r-295r
Paradiso (Dante Alighieri, 1265-1321)
- Datazione:
- sec. XV ex.
- Datato:
- 1477(?)-1478
- Data inizio:
- 1476
- Data fine:
- 1500
- Paese:
- Italia
- Regione:
- Italia centrale
- Localita:
- Urbino e Ferrara
- Locus:
- 197r-295r
- Titolo uniforme:
- Paradiso (Dante Alighieri, 1265-1321)
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
- Fonte:
- IAM50.