«Quam brevis immensum cepit membrana Maronem! | Ipsius vultus prima tabella gerit». (Martialis, Epigrammata, p. 483). [«Un volume in pergamena così piccolo contiene l’immenso Virgilio! | Il primo foglio porta il suo ritratto» (Marziale, Epigrammi, p. 905)].
I due versi che Marziale, alla fine del sec. I d.C., dedica al poeta di Mantova sono non solo testimoni dell’incontestata fortuna di questi, ma – forse ancor più significativo – segnalano l’impiego della pergamena come supporto scrittorio già a quell’altezza cronologica e per opere tutt’altro che secondarie (l’epigrammista, pochi componimenti più in là, si esprime infatti nello stesso modo anche per Cicerone e per Livio). Il riferimento al ‘ritratto dell’autore’, inoltre, richiama con grande suggestione quanto si può osservare nel Vat. lat. 3867, il celebre Virgilio Romano che, insieme al Virgilio Vaticano, Vat. lat. 3225 (entrambi nella Biblioteca Apostolica Vaticana), è il più antico esemplare di codice contenente appunto le tre opere del poeta romano (Bucolicae, Georgicae, Aeneis). L’effigie del poeta – in apertura di ms., a f. 3v, poi replicata ai ff. 9r e 14r – lo mostra assiso su una cattedra con un rotolo tra le mani, affiancato da un leggio regolabile e da una capsa libraria ben serrata, entro una tabella, una cornice intercalata al testo. Databili l’uno al sec. IV e l’altro ai secc. V-VI e probabilmente realizzati in botteghe scrittorie dell’Urbe, i due codici illustrano le opere di Virgilio adottando per le miniature diverse tipologie di impaginazione (in campo aperto, a piena pagina, entro riquadri alternati ai brani testuali). Una varietà che la storiografia ha messo in relazione con quel processo cruciale che fu il cambio di supporto scrittorio, il passaggio dal rotolo di papiro al codice membranaceo – un mutamento di paradigma paragonabile solo a quello che, alla metà del sec. XV, si sarebbe verificato con la diffusione della stampa a caratteri mobili e, in parte, con l’attuale impiego di tablet per la lettura (Weitzmann, Ancient Book Illumination, passim; Id., Late Antique and Early, passim; Id., L’illustrazione nel rotolo, passim; Brugnoli, La parola dipinta, pp. 27-37; Giuliano, L’illustrazione libraria, pp. 39-50; da ultimo, Ammirati, The Use of Wooden, pp. 9-15, tutti con bibliografia).
I cicli narrativi a corredo del Virgilio Vaticano e del Virgilio Romano non hanno tuttavia creato una tradizione figurativa (Cadei, Medioevo. Tradizione manoscritta illustrata, p. 443), un insieme cioè variamente standardizzato di sequenze iconografiche, da trasferire di volta in volta nella produzione manoscritta (tranne che per due casi, il ms. ex. Vind. 58, Lat. 6 della Biblioteca Nazionale di Napoli e il ms. lat. 7936 della Bibliothèque nationale de France, Paris); è stato infatti notato che: «Les manuscrits virgiliens illustrés sont rares» (Courcelle, Les illustrations, pp. 395-396; cfr. anche per la questione dei volgarizzamenti e delle epitomi, passim e Rabel, Virgilio, p. 668; Villa, Commentare per immagini, p. 55). Dei due mss. vaticani si possono però leggere alcuni riflessi in altri contesti librari, come nella cosiddetta Bibbia di Vivien o Prima Bibbia di Carlo il Calvo, ms. lat. 1, Paris, Bibliothèque nationale de France, o in altri media, come i sei avori sull’impugnatura del flabello di Saint-Philibert di Tournus della metà del sec. IX, con immagini desunte dalle Bucoliche per il tramite di modelli databili ai secc. IV-V (Firenze, Museo Nazionale del Bargello; Rabel, Virgilio, p. 668). Ad ogni modo, la fantasia dei miniatori è stata spesso stimolata dai passaggi testuali dallo spiccato impatto emotivo, come la visione di Troia in fiamme o la morte di Didone, o da quelli nei quali è preponderante l’aspetto dello scontro tra soldati, come il duello tra Enea e Turno (Courcelle, Les illustrations, p. 397). In molti casi inoltre le immagini delle città, l’abbigliamento dei personaggi, le armi che essi brandiscono sono aggiornati in chiave contemporanea rispetto all’epoca di confezionamento del ms., in accordo con il principio della disgiunzione di Panofsky (l’attualizzazione cioè di forme antiche, cfr. Panofsky, Il significato, passim; Maddalo, Da glossa a commento, p. 78).
Vat. lat. 3225, f. 41r - Reg. lat. 1988, f. 98v: morte di Didone
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Il millennio medievale riservò tuttavia ampia fortuna a Virgilio (cfr. Comparetti, Virgilio nel Medio Evo, passim): esso volle leggere nella IV egloga la prefigurazione dell’avvento del Messia e quindi l’instaurarsi di una nuova età dell’oro; interpretò in senso escatologico la discesa agli Inferi del pio eroe nel libro VI dell’Eneide; enfatizzò la tematica politica tanto da collegarla, soprattutto in epoca carolingia, a questioni relative alla legittimazione del potere imperiale (Leonardi, Medioevo. Tradizione letteraria, pp. 422-427; Rabel, Virgilio, p. 668). Nonostante ciò, la traduzione in immagini si strutturò di volta in volta in maniera diversa e con diverse soluzioni (Courcelle, Les illustrations, passim; Maddalo, Da glossa a commento, pp. 78-79). Peculiare è ad esempio il caso del ms. Vat. lat. 2761, esemplare prodotto in Italia settentrionale nel sec. XIV, nel quale la narrazione per immagini – limitata ai primi 20 fogli – prende vita nei margini e in campo aperto, secondo schemi narrativi e iconografici desunti dai cicli cavallereschi, molto in voga a quell’altezza cronologica (Rabel, Virgilio, p. 668).
È però a partire dal sec. XV che esemplari di Virgili illustrati iniziano a essere prodotti con maggiore continuità, pur sempre con l’adozione di modalità espressive eterogenee (Mariani Canova, Rinascimento. Tradizione manoscritta illustrata, pp. 483-490). L’apertura delle tre opere poetiche diviene un passaggio narrativo ineludibile, talvolta declinato con una notevole varietà di impostazione, anche all’interno del medesimo codice: ad esempio, nel ms. Urb. lat. 642, realizzato alla metà del Quattrocento probabilmente in Italia settentrionale, un raffinato disegno a piena pagina e in campo aperto introduce il lettore ai temi delle Bucolicae, mentre l’incipit all’Aeneis è segnalato, diversamente, da una miniatura entro una cornice incastonata tra l’argumentum e i primi esametri del libro I, con l’immagine della Fuga di Enea da Troia.
Urb. lat. 642, ff. 1v e 51r
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Una struttura che si replica nel ms. Reg. lat. 1988, manoscritto forse romano della metà del sec. XV, nel quale tuttavia il ciclo dell’Eneide è maggiormente articolato, tanto da trovare spazio in ognuna delle lettere incipitarie di ciascun libro. Una serie iconografica che torna, con minime varianti dovute al diverso ambito di produzione e forse anche ispirate dalla volontà del committente, nel ms. Pal. lat. 1632 e nel commento di Servio a Virgilio, ms. Reg. lat. 1705, opera che registra una vasta diffusione sull’impulso delle riflessioni di Petrarca sul testo virgiliano – si richiama qui brevemente il ms. S.P. 10.27 (già A 79 inf.) della Biblioteca Ambrosiana di Milano, il celeberrimo Virgilio commissionato appunto dall’Aretino, con frontespizio illustrato da Simone Martini: Servio mostra al pastore, al vignaiolo, al soldato (le tre opere del Mantovano), il poeta incoronato intento a scrivere (Rabel, Virgilio, p. 669).
Sino a ora si è parlato di mss. di apparato, di codici di formato medio-grande, confezionati per una committenza di un certo livello, spesso arricchiti da oro in foglia e da tabelle illustrative, ma vale la pena di citare in chiusura un’altra tipologia di codice virgiliano, quella cioè di studio che si diffonde nel Quattrocento tra gli umanisti (Maddalo, Da glossa a commento, pp. 81-83). Ne è un esempio il ms. Vat. lat. 3255 con le Georgiche e l’Appendix Vergiliana, volumetto dalle dimensioni ridotte e da collegare al circolo intellettuale di Pomponio Leto (1428-1497), che peraltro glossa il manoscritto con un vero e proprio paratesto. La facies materiale di tale esemplare è certo raffinata, ma in esso il momento illustrativo è tutto concentrato nella sola pagina di incipit: in un frontespizio all’antica, trova infatti spazio l’iniziale priva di qualsiasi nesso figurativo con il testo che introduce, relazione al contrario resa esplicita nel basamento della struttura dove, con un raffinato monocromo a simulare un fregio scolpito, il miniatore fissa la scena dell’aratura dei campi.
Vat. lat. 3255, f. 1r
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Analogamente nel ms. Vat. lat. 1579, realizzato alla metà del Quattrocento per Niccolò vescovo di Modrus̆, nel quale la narrazione si svolge tutta nel margine inferiore delle tre pagine di incipit.
Vat. lat. 1579, f. 56r, incontro tra Didone ed Enea
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Quella di Virgilio tra Medioevo e Rinascimento è quindi una «fortuna multiforme» (Leonardi, Medioevo. Tradizione letteraria, p. 421) che dà vita a una tradizione eterogenea, anche o forse soprattutto dal punto di vista del rapporto tra testo e immagine, una tradizione che i codici selezionati per il percorso Latin Classics: the evolution and transmission of texts of specific works bene illustrano in tutte le sue componenti.