Terentius Afer, Publius, c. 195-159 a.C.
Terenzio fu uno tra gli autori classici più apprezzati e riccamente miniati nel Medioevo. Il testo delle commedie venne riscoperto in età carolingia e il più antico testimone conosciuto di epoca tardo antica (sec. IV-V), il Codex Bembinus (ms. Vat. lat. 3226), è tuttavia privo di miniature. La più antica copia delle commedie miniate nota è il ms. Vat. lat. 3868 (Wright, Scheda nr. 8, pp. 168-176); il codice è stato realizzato nell’825 circa ad Aquisgrana, seguendo come modello un antigrafo di origine tardo antica, oggi perduto (Wright, The Organization; Id., The lost late). L’apparato miniato delle commedie di Terenzio conta oltre cento cinquanta illustrazioni in campo aperto in cui l’artista inserisce i personaggi, provvisti di didascalie identificative, in ordine di apparizione, seguendo il modello papyrus style; un ritratto dell’autore ad apertura del codice e uno scaffale contenente le maschere anticipa l’inizio delle commedie (Fachechi, I classici illustrati).
Insieme alla copia vaticana, che resta la più fedele dal punto di vista stilistico all’esemplare del V secolo, si conservano altre tre copie carolinge con la stessa impostazione illustrativa: un manoscritto realizzato nello scriptorium di Corbie (Paris, Bibliothèque nationale de France, latin 7900), due confezionati forse a Reims o comunque nei pressi della Francia settentrionale (Paris, Bibliothèque nationale de France, latin 7899; Milano, Biblioteca Ambrosiana, S.P.4 bis, già H. 75 inf.; Ravasi, Scheda nr. 15, pp. 191-192). Questa tipologia illustrativa, adottata nelle copie carolinge, venne reinterpretata nel codice Arch. Cap. S. Pietro H. 19, forse realizzato a Cluny all’inizio dell’XI secolo, senza apportare tuttavia alcun tipo di innovazione rispetto agli esemplari precedenti (von Büren, Note sur le). Di grande efficacia e originalità iconografica è invece il manoscritto realizzato a Tours all’inizio del XII secolo (ms. Vat. lat. 3305) che si distacca dal modello carolingio e interpreta il testo delle commedie con un diverso programma illustrativo, creando nuove iconografie liberamente ispirate all’opera di Terenzio (Wright, The Forgotten; Id., Scheda nr. 27, pp. 218-220).
I manoscritti di Terenzio conobbero ancora un nuovo impulso in epoca umanistica: all’inizio del Quattrocento, infatti, le commedie vennero corredate da cicli illustrativi di altissima qualità esecutiva come è il caso del latin 7907A (Paris, Bibliothèque nationale de France) per Jean de Valois, duca di Berry (Cecchini, Terenzio) o il codice Ott. lat. 1368 realizzato a Basilea nel 1436 con miniature tabellari a carattere narrativo poste all’incipit delle commedie (Santini, Scheda nr. 88, pp. 363-365).
Dalla prima resa grafica delle opere di Terenzio, tipica delle copie carolinge derivate da un modello tardo antico perduto, che era basata sulle conoscenze antiquarie del miniatore e non su una conoscenza diretta del teatro classico (Wright, The Forgotten), si passa, in epoca umanistica, a una tipologia illustrativa in cui il miniatore ricorre ad ambientazioni dettagliate, ispirate all’architettura contemporanea, e in cui i personaggi non sono più maschere di scena ma personaggi abbigliati seguendo la moda del tempo.Le commedie di Terenzio godettero durante l’epoca medievale, a differenza di altri autori classici, di una certa continuità nella trasmissione non solo dei testi ma anche delle illustrazioni, che si modificarono periodicamente assecondando sempre nuove strategie di visualizzazione.