Classici Latini Evoluzione e trasmissione di opere classiche [di M. Buonocore]

Monte di Giovanni, n. 1448

Urb.lat.329

Cartolaio, miniatore, pittore fiorentino coordinava insieme al fratello, Gherardo di Giovanni, una articolata bottega (Galizzi, Gherardo di Giovanni, pp. 258-262; Id., Monte di Giovanni, pp. 798-801) responsabile di un’ampia produzione libraria soprattutto per una committenza di alto rango, come Lorenzo de’ Medici (1469-1492), Mattia Corvino (1458-1490; cfr. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. Plut. 15.17) e i sovrani aragonesi, mentre ancora sfuggenti sono i rapporti con la corte di Federico da Montefeltro (1444-1482), anche se nuove acquisizioni permettono di avanzare qualche ipotesi e, a tal proposito, cfr. il ms. Urb. lat. 329 (Labriola, I miniatori fiorentini, pp. 62-63; Ead., Scheda nr. 11, p. 186). La carriera dei fratelli di Giovanni iniziò all’ombra della Badia fiorentina, nei primissimi anni ’60 del Quattrocento: per essa fornirono materiale scrittorio, realizzarono legature e «alcuni interventi di minio su codici liturgici», come testimoniato nei libri di conti della Badia stessa (Galizzi, Gherardo di Giovanni, p. 259). Legami fondamentali, tra gli altri, furono quelli con il convento di San Marco e con l’Ospedale di Santa Maria Nuova, per il quale alla metà degli anni ’70 i fratelli eseguirono una serie di corali (ibidem, p. 259). Negli anni ’90 Monte lavorò per l’Opera del Duomo di Firenze, sia tra i fogli di alcuni libri liturgici sia al mosaico della cappella di San Zanobi, insieme a Domenico Ghirlandaio e a Sandro Botticelli; egli realizzò inoltre il Messale per il Battistero di San Giovanni, ms. Barb. lat. 610 (Biblioteca Apostolica Vaticana; Galizzi, Monte di Giovanni, p. 799).

La morte del fratello Gherardo non interruppe la carriera di Monte, che al contrario rinsaldò i rapporti con il Duomo di Firenze, almeno fino al 1526, e con la Badia (ibidem, p. 800). Il suo linguaggio si nutre di diversi apporti che egli rimescola in maniera originale e ben identificabile, anche se non facilmente distinguibile da quella del fratello: l’estetica dell’Umanesimo fiorentino si combina a quella di matrice fiamminga, soprattutto per quanto riguarda la riflessione sul dato atmosferico; la «sensibilità coloristica» insieme alla «citazione archeologica» costruisce pagine dagli effetti estremamente raffinati; la propensione a rappresentare scorci di città si coniuga all’attenzione per il dato fisionomico, con l’introduzione talora all’interno delle miniature di veri e propri ritratti di personaggi storici (ibidem, pp. 798-800).

Miniatura fiorentina del Rinascimento, pp. 267-330; GALIZZI, Monte di Giovanni, pp. 798-801; LABRIOLA, I miniatori fiorentini, pp. 62-63; LABRIOLA, Scheda nr. 11, pp. 183-188.

Urb. lat. 329, ff. 88r e 113r

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