Francesco di Antonio del Chierico, 1433-1484
Dagli anni ’50 del Quattrocento, egli è personalità di spicco dell’arte del minio, fiorentina e non solo; l’artista inaugura la sua carriera, e il sodalizio con Vespasiano da Bisticci, con i tre volumi delle Deche di Tito Livio, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, mss. B. R. 34-36, allestiti per Alfonso II d’Aragona, re di Napoli (1448-1495). La sua carriera si svolgerà quindi tutta al servizio dei più illustri committenti dell’epoca, ma sarà soprattutto il legame con la famiglia Medici a segnare la sua attività – cfr. l’Offiziolo per Lorenzo e Clarice Orsini, già Holkham Hall, collezione Viscount Coke, ms. 41 o i corali, attualmente all’Archivio della Basilica di San Lorenzo a Firenze, ma in origine destinati alla Badia Fiesolana. La sua «posizione antiaccademica» (Miniatura fiorentina del Rinascimento, p. 137) si accentua a partire dai primissimi anni ’60 del Quattrocento quando, nei mss. Plut. 65. 26-27 della Biblioteca Medicea Laurenziana, firmato «Franciscus pinxit» (nell'iniziale Q), mostra un disegno più sottile e dinamico, dal tocco quasi impressionistico. Egli adotta spesso nuovi soggetti iconografici ed elementi ricorrenti del suo linguaggio artistico sono l’impiego di colori vividi e brillanti coniugati con un’impalcatura pittorica che addensa le pagine di decorazione e di personaggi, dagli evidenti richiami all’antico. Per la collezione di Federico da Montefeltro minia, tra gli altri, gli Urb. lat. 1-2 e l’Urb. lat. 1324 e l'Urb. lat. 350, forse in compresenza con Bartolomeo di Domenico di Guido.
Miniatura fiorentina del Rinascimento, pp. 101-170 e in part. 101-156; BOLLATI, Francesco di Antonio del Chierico, pp. 228-232; LABRIOLA, I miniatori fiorentini, pp. 53-67; LABRIOLA, Repertorio dei miniatori fiorentini, pp. 227-234.