Cristoforo Majorana, f. 1470-1500
Miniatore attivo presso la corte degli aragonesi di Napoli e di Andrea Matteo di Acquaviva, la prima attestazione del suo lavoro autonomo, svincolata da collaborazioni di bottega, risale al 13 ottobre del 1480 in un documento in cui è testimoniato a servizio di Ferrante d’Aragona per l’illustrazione di un codice contenente l’Explanatio Psalmorum di sant’Agostino (London, British Library, Add. 14781); riferibile sempre allo stesso anno un codice con Vita e fabule di Esopo (Valencia, Biblioteca Universitaria, ms. 758) in cui è già visibile la cifra stilistica propria di Majorana, che denuncia una formazione nell’ambito della bottega di Nicola Rapicano, avvenuta negli anni settanta del secolo. Si ritrova spesso la mano di Majorana in codici vergati dal copista Gianrinaldo Mennio, destinati a Alfonso duca di Calabria, come ad esempio un Macrobius, Saturnaliorum liber primus, Commentarius in somnium Scipionis, realizzato nel 1472 (Valencia, Biblioteca Universitaria, ms. 484-2-55).
Il repertorio decorativo del miniatore è caratterizzato da frontespizi architettonici all’antica, animati da putti dall’espressione un po’ corrucciata ed agitata, come è evidente anche nel De rerum natura di Lucrezio (ms. Barb. lat. 154) in cui compare lo stemma di Andrea Matteo III Acquaviva d’Aragona, duca d’Atri. Lo stile del prolifico artista risente inoltre del gusto classico dei codici veneto-romani, elabora frontespizi con decorazioni a candelabre che si rifanno ai modi antichizzanti del miniatore Gaspare da Padova, come è evidente anche nelle opere di Pontano, De principe, De oboedientia, Dialogi Charon fragmenta, realizzate per Alfonso, duca di Calabria, miniate subito dopo il 1472 (ms. Urb. lat. 225), in un momento in cui Majorana era ancora attivo nella bottega dei Rapicano.
DE MARINIS, La biblioteca napoletana, pp. 103-110; TOSCANO, Gaspare da Padova, p. 529; TOSCANO, Majorana Cristoforo, pp. 718-721; TOSCANO, La bottega di Cola, pp. 30-32, 40-42, 49, 51-52, 54.