Classici Latini Evoluzione e trasmissione di opere classiche [di M. Buonocore]

Cicero, Marcus Tullius, 106-43 a.C.

Ott.lat.1190
Pal.lat.1523
Ott.lat.2057

Sono moltissimi i codici miniati conservati di Cicerone nel corso del Medioevo, si può notare tuttavia un forte incremento della produzione in epoca umanistica, momento in cui l’Arpinate costituì un punto di riferimento imprescindibile all’interno di quel fenomeno di riscoperta degli autori classici. Si conoscono infatti numerosi esempi di manoscritti destinati allo studio, di modesta fattura, in cui l’apparato illustrativo si limita a ornamentazioni dei capilettera piuttosto standardizzate a codici di lusso, destinati a una committenza di alto rango (Vedere i classici, p. 14). I codici miniati che contengono i testi di Cicerone mostrano, il più delle volte, il ritratto dell’autore, raffigurato nei testimoni medievali come oratore nell’atto di docere o più semplicemente vengono arricchiti da ornamentazioni che nulla hanno a che vedere con il contenuto delle opere. Per quanto riguarda il periodo alto medievale, di estremo interesse l’esemplare prodotto a Corbie nel IX secolo (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, ms. S. Marco 257) poiché si tratta uno dei primi esempi di un progetto decorativo esclusivamente a carattere ornamentale, privo di connessioni con il testo, come poi succederà, adottando uno stile diverso, anche nel Quattrocento in Italia.

Di epoca romanica l’Ott. lat. 1190, realizzato in Italia settentrionale, tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo, contiene testi di contenuto retorico (De inventione, Rethorica ad Herennium) e viene rappresentata un’immagine allegorica a piena pagina di Orfeo, posta in relazione all’arte della retorica, del tutto unica nel suo genere e, sempre nello stesso codice, Cicerone nell’atto di ricevere un prezioso libro dalla personificazione della Retorica (Vedere i classici, pp. 57; Santini, Scheda nr. 28, pp. 224-225). Si passa poi a esemplari significativi realizzati alla fine del XIV secolo (ms. Pal. lat. 1523) e codici prodotti nel corso del Quattrocento che presentano immagini ispirate all’insegnamento universitario con il maestro in cattedra e il gruppo di allievi in ascolto o con l’immagine dell’Arpinate concentrato nella scrittura; tra queste fortemente suggestiva è la rappresentazione eseguita dall’artista lombardo Belbello da Pavia che raffigura Cicerone intento a scrivere e Cotta, Scaevola, Crassus, Antonius, Sulpicius abbigliati seguendo la moda contemporanea all'epoca in cui venne realizzato il codice, confezionato a Pavia tra il 1422-25 (ms. Ott. lat. 2057) (Cadei, Studi di miniatura, pp. 30-39).

Molti anche gli esempi, di epoca umanistica, di codici ciceroniani che presentano solo apparato ornamentale slegato al testo, spesso costituiti da iniziali e fregi a bianchi girari e realizzati in Toscana, in cui raramente si può trovare un’immagine dedicata all’insegnamento posta ad apertura del codice, come è il caso del ms. Vat. lat. 1742 contenente le Orazioni, in cui il maestro di retorica viene raffigurato in cattedra con in basso dodici allievi intenti all’ascolto (Buonocore, Scheda nr. 98, pp. 383-384; Illuminations in the Robert, p. 142).

La tradizione illustrativa dei codici ciceroniani si mostra quindi piuttosto eterogenea ma caratterizzata fin dagli esordi dalla raffigurazione di Cicerone, molto spesso in qualità di magister e non, come avviene più di consueto per altri autori classici, rappresentato con un generico ritratto dell’autore con in mano il codice.