Bertolino de’ Grossi, m. 1464
documentato dal 1425
Fino agli anni ’90 del Novecento, egli era noto solo come protagonista in importanti imprese di pittura monumentale nella Parma della prima metà del Quattrocento. Il nome di Bertolino è infatti associato a significative campagne decorative, come quelle che coinvolgono tre cappelle all’interno del Duomo: la prima, degli inizi del sec. XV, per il vicario vescovile Antonio Recavaldi; la seconda, della metà degli anni ’30, per Andrea Valeri, esponente dell’élite cittadina in stretti rapporti con la corte viscontea di Milano; la terza, attorno al 1440, su commissione del Comune (Galli, Bertolino de’ Grossi, p. 101). Tali evidenze, insieme a una cospicua quantità di testimonianze documentarie, dimostrano che la bottega del de’ Grossi operava in città in «regime di monopolio» (ibidem, p. 101).
È quindi una consapevolezza relativamente nuova quella che egli fosse anche un miniatore (ibidem, p. 101) e che, in tale veste, fosse ugualmente al servizio di una committenza di alto rango, la stessa che richiedeva la sua opera come pittore. Bertolino eseguì infatti l’apparato decorativo di libri liturgici come il Pontificale ms. Comites Latentes 228 (Genève, Bibliothèque de Genève), forse per il vescovo Delfino della Pergola che guidò la diocesi tra il 1425 e il 1463; o il Messale ms. 45 (Piacenza, Archivio Capitolare), donato alla cattedrale cittadina dal vescovo Alessio da Seregno nel 1441 (ibidem, p. 101). La sua fu però una produzione ad amplissimo spettro: Bertolino si dedicò, infatti, anche all’illustrazione di volumi per istituzioni civili, come gli Statuta collegii doctorum artium et medicinae, ms. Parm. 1532 del 1440 (Parma, Biblioteca Palatina); o di trattati morali medievali, ne sono un esempio i Sermones di Ugo de Pratoflorido, ms. Theol. lat. E. 50 (Oxford, Bodleian Libraries); o di codici a contenuto classico, come quelli eseguiti per la collezione di Andrea Valeri, tutti conservati nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (Seneca, Epistole ad Lucilium, ms. Lat. Z. 269 [= 1757]; due raccolte ciceroniane, ms. Lat. Z. 420 [= 1509] e ms. Lat. Z. 427 [= 1655]; Macrobio, Saturnalia, ms. Lat. Z. 470 [= 1558]). A questi si deve aggiungere il ms. Urb. lat. 426 (secondo una prima intuizione di Francesca Pasut, cfr. quanto si dice in Galli, Bertolino de’ Grossi, p. 102), che condivide con i tre marciani precedenti non solo la committenza, ma anche il copista, Opizone de Cisiis (ibidem, p. 102 e anche Zanichelli, I manoscritti commissionati, p. 3-22, Ead., Il vescovo e il minio, p. 413 nt. 54).
ZANICHELLI, I manoscritti commissionati, p. 3-22; EAD., Il vescovo e il minio, p. 413 nt. 54; GALLI, Bertolino de’ Grossi, pp. 101-102.