Bartolomeo di Fruosino, 1366/1369-1441
Ancora esigue sono le evidenze documentarie relative a questo artista, che lavorò sia come pittore sia come miniatore (Zambrelli, Bartolomeo di Fruosino, p. 65); nel 1394, egli compare come ‘discepolo’ di Agnolo Gaddi in un documento collegato alla decorazione della cappella del Sacro Cingolo nel Duomo di Prato, mentre nel 1421 il suo nome è presente nel colophon di un antifonario-graduale realizzato per la chiesa di Sant’Egidio (Firenze, Museo di San Marco, ms. 557). È tuttavia possibile che la sua prima formazione sia avvenuta nella bottega di Lorenzo Monaco (1370-1423/24), con il quale potrebbe aver lavorato in più di un’occasione, per esempio nei corali dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, tra il 1396 e il 1423 (ibidem, pp. 64-65). La critica è concorde nel riconoscere a Bartolomeo la paternità del ms. Antifonario A 69 del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, che ebbe peraltro come modello il Corale 1 di Santa Maria degli Angeli. A una data attorno al 1416 risalgono i tre codici dell’intero corpus liviano, I, III e IV Decades (Berlino, Staatsbibliothek, ms. Hamilton 402; Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Ferr. 562; Montpellier, Bibliothèque de la Faculté de Médecine, ms. H 115), vergati nel convento di Santo Spirito a Firenze dal copista Giovanni Bartoli da Signa. Specializzatosi soprattutto nella decorazione di mss. liturgici, egli si occupò di miniare anche esemplari della Commedia di Dante, come il ms. Plut. 40. 16 della Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, quello della Biblioteca Palatina di Parma, ms. 118 e il Commentario all’Inferno detto l’Ottimo (Paris, Bibliothèque nationale de France, ms. it. 74).
ZAMBRELLI, Bartolomeo di Fruosino, pp. 64-67.