Vat.lat.1766
Informazioni sul manoscritto
- Resource type:
- Manuscript
- Collection:
- Vat.lat.
- Segnatura:
- Vat.lat.1766
- Biblioteca:
- Biblioteca Apostolica Vaticana
- Datazione:
- sec. XV med
- Data inizio:
- 1426
- Data fine:
- 1475
- Paese:
- Italia
- Regione:
- Italia centrale
- Localita:
- Roma
- Materiale:
- Membr.
- Altezza:
- 343
- Larghezza:
- 245
- Numero fogli:
- I. 286. I
- Nota generale:
- Quintilianus, Institutio oratoria.
Descrizione
- Bibliography:
- A. Campana, Chi era lo stampatore Bartolomeo de Columnis di Chio?, in Studi e ricerche sulla storia della stampa del Quattrocento. Omaggio dell'Italia a Giovanni Gutenberg nel V centenario della sua scoperta, Milano 1942, pp. 1-32; Marucchi, Stemmi di possessori 1964, p. 30-95; Manuscrits classiques, III.1 p. 380-381; Vedere i classici, p. 378-379.
- Collazione:
- 29 fascicoli: 1-28 quinioni (ff. 1-10, 11-20, 21-30, 31-40, 41-50, 51-60, 61-70, 71-80, 81-90, 91-100, 101-110, 111-120, 121-130, 131-140, 141-150, 151-160, 161-170, 171-180, 181-190, 191-200, 201-210, 211-220, 221-230, 231-240, 241-250, 251-260, 261-270, 271-280); 29 senione (ff. 281-286); ff. 283v-286r-v bianchi; i fogli di guardia sono cart.
- Impaginazione:
- A piena pagina, specchio scrittorio di mm 215x150, di 34/34 ll./rr.; rigatura a secco tracciata sul lato pelo, talvolta ripassate alla mina le righe di giustificazione (tipo Derolez 36, ma con doppie o triple righe di giustificazione orizzontali e verticali in evidenza fino ai margini e riga orizzontale per il titolo corrente); spesso visibile la foratura sul margine esterno.
- Foliazione:
- Manuale moderna in cifre arabiche, a inchiostro bruno in alto a destra, non indica i ff. 109 e 110 e i ff. 284-286 (quest’ultimo numerato manualmente a lapis in cifre arabiche in alto a destra); tracce di una foliazione precedente manuale a inchiostro bruno in alto a destra (es. ff. 109-110), generalmente rifilata.
- Scrittura:
- Umanistica del tipo minuscola
- Scrittura - Nota:
- Glosse marginali in scrittura umanistica con citazioni di autori latini e greci, anche in lingua greca (Campana, cfr. Note di bibliografia, aveva individuato l’ascendenza valliana).
- Decorazione - Nota:
- 12 pagine di incipit (ff. 1r, 31r, 55r, 79v, 99v, 128v, 148r, 168v, 189v, 220r, 239r, 263v) con fregio su tre o quattro margini, fitomorfo policromo (blu, verde, porpora, indaco, porporina), elementi in foglia d’oro e globi aurei cigliati; 13 iniziali maggiori (ff. 1r, 31r, 55r, 79v, 99v, 128v, 148r, 168v, 189v, 220r, 239r, 263v; mm 66x53, media) abitate e fitomorfe policrome (blu, verde, porpora, porporina) su campo in foglia d’oro riquadrato in nero, accompagnate da scrittura distintiva; numerose iniziali medie, di cui 2 fitomorfe policrome (blu, verde, porpora, indaco) con corpo in foglia d’oro (ff. 9v, 250r; mm 45x25, media), tutte le altre campite in blu, verde, porpora e con corpo in foglia d’oro (mm 15x15, media), spesso con letterine di attesa e accompagnate da scrittura distintiva; qualche disegno geometrico a inchiostro bruno scuro sui margini esterni (ff. 24v, 27v, 260r); rubricati incipit, explicit, titoli dei capitoli, titoli correnti (a partire da f. 11r e solo sul recto, al centro del margine superiore).
- Legatura -Nota:
- Su quadranti in cartone e piatti ricoperti in marocchino rosso decorati nel perimetro da un doppio filetto in oro, dorso di restauro a 6 nervi in pelle bordeaux; il dorso originale, molto deteriorato, è incollato sulla controguardia anteriore e presenta impressioni in oro, la segnatura Vat. / 1766 nel secondo e nel terzo tassello, le insegne araldiche di Pio IX (1846-1878) e Luigi Lambruschini (1834-1853); labbro con impressioni in oro a piccolo ferro complesso; protetta da una sovraccoperta di cartoncino color carta da zucchero.
- Segnature di fascicoli:
- Alfanumeriche a colore, in basso a destra sul recto, raramente visibili perché rifilate.
- Verba reclamantia:
- Costanti, in verticale sul verso, in linea con la giustificazione interna dello specchio scrittorio e preceduti da un signum crucis.
- Stemma:
- f. 1r, Nicolaus PP. V, 1399-1455.
- Motto:
- A f. 1r, all'interno dello stemma: "Quem Deus vivificet et (con)se(r)vet".
- Explicit:
- f. 283r, in foglia d'oro e in caratteri capitali: Oratorie institutiones / M(arcii) Fabii Quintiliani Expli/ciunt felicissime / Alfonsus.
- Altro nome:
- Nicolaus PP. V, 1399-1455 [client]
Pius PP. IX, b., 1792-1878 [owner]
Lambruschini, Luigi, card., 1776-1854 [owner]
Derolez, Albert [person]
Alphonsus de Molina, sec. XV med [scribe]
Maestro di Niccolò V, sec. XV med [artist] - Lingua:
- Latino.
- Alfabeto:
- Latino.
- Storia:
- Nell’“Inventarium librorum latinorum bibliothece domini nostri pape Calisti tercii repertorum tempore obitus bone memorie domini Nicolai predecessoris immediati et per me Cosmam de Monteserato, eiusdem sanctitatis domini nostri datarium et confessorem, factum, scriptum et ordinatum, quod inceptum fuit XVI aprilis, pontificatus sui anno primo”, tra i “Libri repositi in primo armario a sinistra versus fenestram” è registrato il Vat. lat. 1766: “Item unum volumen mediocris forme ex pergameno cum 4or serraturis argenteis deauratis et cum postibus ligni, copertum veluto violato, nuncupatum Instituciones Quintiliani” (A. Manfredi, I codici latini di Niccolò V. Edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti, Città del Vaticano 1994 [Studi e testi, 359], p. 405, anche per la presenza del manoscritto negli inventari successivi). Timbri della Biblioteca Vaticana ai ff. 1r, 283r.
Testo del curatore
Manoscritto di medio formato dalla pergamena di qualità ben lavorata, il Vat. lat. 1766 è un esempio di codice umanistico di lusso e di studio a un tempo, esemplato per papa Niccolò V (1447-1455) come dimostra lo stemma a bas-de-page di f. 1r; il ricco apparato figurativo e decorativo si sposa armoniosamente con il complesso di postille che occupano con regolarità gli ampi margini (Manfredi, L'Orthographia, p. 295; Id., La nascita della Vaticana, p. 168). Per la maggior parte, esse sono di mano del copista e desunte direttamente dall’antigrafo (il codice «è imparentato con il Par. lat. 7723 di Lorenzo Valla», Manfredi, I codici latini, p. 405), ma ne sono presenti anche di altre, assegnabili a uno scriptor della fine del secolo XV (ibidem). Dibattuta è proprio la questione relativa all’identità dell’Alfonsus che si firma in chiusura del codice (f. 283r); o meglio, il suo nome, come del resto l’explicit del quale è sigillo, è tracciato in una scrittura capitale ripassata in foglia d’oro. Sin da Eugène Müntz e Paul Fabre (Müntz - Fabre, La Bibliothèque du Vatican, p. 125 nt. 5), la storiografia, paleografica e non, seppure in forma dubitativa, ha voluto riconoscere in Alphonsus de Molina il copista del manoscritto (Fohlen, Colophons et souscriptions, p. 263; Accame Lanzillotta, Scheda nr. 95, p. 378, con bibliografia precedente; mentre Bartolomeo Nogara - Nogara, Codices Vaticani Latini, p. 227 – proponeva che fosse il «nomen fortasse librarii»). Indicato come spagniuolo nei registri pontifici, egli era al servizio di Pio II Piccolomini (1458-1464), per il quale vergò, sottoscrivendosi familiaris papae, il ms. Chig. H. VIII. 262, ed è inoltre «documentato come scriptore di Sua Santità» tra il 1461 e il 1463 (Caldelli, Copisti a Roma, p. 97 e anche Ead., Copisti alla corte, p. 91). Prevalgono tuttavia posizioni di cautela, che però non escludono a priori la sovrapponibilità tra il de Molina e l’Alfonsus del Vat. lat. 1766 (Caldelli, Copisti alla corte, pp. 91-92: «[…] il confronto grafico [fra il Chigiano e il Vaticano] sembrerebbe escludere tale identificazione […]. D’altro canto la presenza di elementi [paleografici] comuni […] devono indurre a una certa cautela prima di pronunciare il verdetto definitivo, dal momento che l’arco di tempo trascorso tra i due manufatti potrebbe giustificare un cambiamento nello stile del copista e al contempo una sua maturazione», concetti ripresi in Ead., Copisti a Roma, p. 97).
Il Vat. lat. 1766 è inoltre particolarmente interessante proprio per la sua appartenenza a Niccolò V: è infatti un esemplare di quel nucleo che costituisce la raccolta del pontefice, primo fondamento della moderna biblioteca papale (per la quale cfr., tra la molta bibliografia possibile, Manfredi, I codici latini, passim e Id., La nascita della Vaticana, pp. 147-236). La storiografia ha sinora riconosciuto circa 35 codici del fondo antico della Vaticana, tutti confezionati per volontà di papa Parentucelli (sull’importanza della figura di Tommaso Parentucelli e sul suo ruolo chiave di intellettuale, cfr. anche Miglio, Niccolò V, pp. 644-652; Iannotius Manetti, De vita ac gestis Nicolai, passim; Piazzoni, Roma e papato, pp. 109-146; Manfredi, La nascita della Vaticana, pp. 160-161 e The Library of a 'Humanist Prince') e tutti miniati da una medesima bottega che probabilmente opera a stretto contatto con il committente, «personalmente coinvolto» nel confezionamento dei libri (così come del resto accadeva «con l’allestimento degli ambienti designati a ospitare i libri», un atteggiamento che racconta la «profonda coerenza del suo disegno», Pasut, Per la miniatura a Roma, pp. 105, 115). L’équipe responsabile della realizzazione dei codici nicolini era probabilmente guidata da un esperto artista del libro, indicato da Francesca Pasut come Maestro di Niccolò V, personalità anonima nota solo per la sua attività al servizio di tale pontefice – ancora nebulosi sono gli aspetti riguardanti la sua formazione e anche l’eventuale prosecuzione del suo lavoro dopo la morte di papa Parentucelli (Ead., Per la miniatura a Roma, pp. 120, 127 e anche Ead., Libri, miniatori e artisti, p. 461 nt. 97); è peraltro possibile ricostruire con una certa attendibilità la cronologia del suo catalogo grazie alle sottoscrizioni datate che compaiono in alcuni di questi volumi, «completati sicuramente tra il 1450 e il 1452» (Ead., Per la miniatura a Roma, p. 116), come il Vat. lat. 169, il Vat. lat. 541, il Vat. lat. 658, il Vat. lat. 1801.
Il Maestro fu senz’altro alla guida di una bottega (Ead., Per la miniatura a Roma, p. 118), dal linguaggio peculiare e ben riconoscibile – pur con le ovvie oscillazioni dovute alla presenza di miniatori diversi al lavoro –, costruito sull’adozione di fregi fitomorfi dalla vivace policromia, composti sullo stilema del bastone vegetale, spesso intercalato da nodi e da piccoli riquadri e illuminato da elementi in foglia d’oro e da globi aurei cigliati; il momento figurativo è riservato alle iniziali, dove compaiono personaggi collegati al testo che esse introducono, e al bas-de-page, spesso enfatizzato da angeli reggistemma.
Il Vat. lat. 1766 non si discosta da tale impostazione: il raffinato equilibrio nella mise-en-page, la vivacità della tavolozza pittorica e la profusione di oro ne fanno uno dei prodotti più alti dell’atelier del Maestro di Niccolò V. È possibile individuare anche in questo caso la diversa articolazione della bottega: si osservino – a titolo esemplificativo – le differenze di esecuzione tra il Quintiliano a f. 220r, assegnabile al miniatore principale, e il resto della galleria di ritratti, di mano degli altri miniatori (Ead., Per la miniatura a Roma, p. 118; per una diversa proposta critica, cfr. Ciardi Duprè Dal Poggetto, Per la ricostruzione, pp. 78-83). Per ulteriori codici prodotti nell’officina del Maestro di Niccolò V, cfr. Vat. lat. 228, Vat. lat. 234, Vat. lat. 447, Vat. lat. 501, Vat. lat. 540, Vat. lat. 1812.