Urb.lat.249
Informazioni sul manoscritto
- Resource type:
- Manuscript
- Collection:
- Urb.lat.
- Segnatura:
- Urb.lat.249
- Biblioteca:
- Biblioteca Apostolica Vaticana
- Datazione:
- sec. XV ex
- Data inizio:
- 1476
- Data fine:
- 1500
- Paese:
- Italia
- Regione:
- Italia meridionale
- Localita:
- Napoli
- Materiale:
- membr.
- Altezza:
- 343
- Larghezza:
- 233
- Numero fogli:
- IV. 242. III
- Nota generale:
- Celsus, De medicina.
Descrizione
- Bibliography:
- C. Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1-500, I, Romae 1902, p. 239; Marucchi, Stemmi di possessori II, 1964, p. 41; Manuscrits classiques, II.2, pp. 528-529.
- Collazione:
- 25 fascicoli: 1-23 quinioni (ff. 1-10, 11-20, 21-30, 31-40, 41-50, 51-60, 61-70, 71-80, 81-90, 91-100, 101-110, 111-120, 121-130, 131-140, 141-150, 151-160, 161-170, 171-180, 181-190, 191-200, 201-210, 211-220, 221-230); 24 quaternione (ff. 231-238); dell’ultimo fascicolo, il 25, rimangono solo quattro fogli (ff. 239-242), si può supporre che, in accordo con il 24, potesse essere anch’esso un quaternione; f. 242 anepigrafo, ma rigato.
- Impaginazione:
- A piena pagina su uno specchio di mm 222x140 su 30/31 ll./rr.; rigatura a secco ben visibile (tipo Derolez 36); ai ff. 18r-19v, 50r-51r, 81v-82v, 108r-110v, 151v-152v, 178r-v, 216v, pur rimanendo inalterato lo schema di rigatura, lo specchio scrittorio di dispone su due colonne, con uno spazio intercolonnare approssimativamente di mm 20.
- Foliazione:
- Manuale moderna in cifre arabiche in alto a destra, tracciata a inchiostro nero; numera tutti i fogli tranne il 242.
- Scrittura:
- Umanistica
- Scrittura - Nota:
- Capilettera disposti in vedetta; erano stati predisposti gli spazi bianchi per trascrivere le parole in greco (f. 75v, es. di parola presente); i titoli dei diversi brani, gli incipit e gli explicit sono stati vergati sia in una umanistica del tipo minuscola sia in una capitale (es. ff. 18r, 61r); f. 104v, annotazione relativa alla pratica del copiare, apposta dal rubricator. Per ragioni non note, le ultime 7 linee di f. 240v e tutto il f. 241r-v (libro VIII, cap. 22, inc.: "Talus in omnes"; cap. 25, ultimo, expl.: "facile noxae postea pateat") sono stati trascritti da una mano moderna che imita la scrittura umanistica; di imitazione sono anche le due iniziali medie campite.
- Decorazione - Nota:
- 1 pagina di incipit (f. 1r), su tutti i margini fregio a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosso), percorso da due listelli in lamina metallica aurea, abitato da putti tibicini, pappagallini, conigli; all’interno della cornice, si aprono tre clipei laureati: quello nel margine superiore ospita il motto P.M.Q.F. ("Potius mori quam foedari") sorretto da un ermellino in lamina d’argento ossidata, sono invece muti i due sul margine esterno; a bas-de-page, all’interno di un una cornice polilobata in lamina metallica aurea, è presente lo stemma di Pietro Guevara (1450-1486; cf. Stemma); rubrica su tre linee in capitale, alternativamente in foglia d’oro, in inchiostri blu e viola. 8 iniziali maggiori (ff. 1r [accompagnata da scrittura distintiva in lamina metallica aurea], 19v, 51r, 82v, 110v, 152v, 178v, 217r; mm 53x51, media), 7 a bianchi girari su fondo policromo (verde, rosso, blu) e con corpo in foglia d’oro, con fregio della medesima tipologia decorativa; 1, a f. 51r, è campita e incastonata all’interno del fregio a bianchi girari, probabilmente perché l’incipit del "liber tertius" ha occupato più spazio del previsto – o il rubricator non ha ben calibrato il suo intervento –, come sembra confermare la piccola p di attesa tracciata al centro di quello che doveva essere lo spazio riservato alla lettera. Numerose iniziali medie (mm 15x15 ca.) campite in blu, in verde, in porpora o in rosa e con corpo in foglia d’oro; solo 1 di esse (f. 111r, mm 45x40) è stata realizzata a bianchi girari su fondo policromo (verde, rosso, blu) e con corpo in foglia d’oro, con fregio della medesima tipologia decorativa, all’incipit di quello che nel ms. è segnalato come "Capitulum primum" ("Asclepiades non sine causa"). Rubricati titoli, incipit, explicit, vergati sia in umanistica del tipo minuscolo sia in capitale.
- Legatura -Nota:
- Su quadranti in cartone rivestiti in marocchino rosso e decorati con un motivo elementare a ferro pieno; il dorso, che ha assunto una tonalità bruna, mostra gli stemmi di papa Leone XIII (1878-1903) e del card. bibliotecario Jean-Baptiste Pitra (1869-1889), impressi in oro; ugualmente in oro è la segnatura "Urb. / 249". Taglio dorato.
- Stato di conservazione:
- Buono; la compagine dei fascicoli ha perso quasi completamente aderenza con il dorso e gli ultimi due fascicoli sono piuttosto allentati; tracce di fori di tarlo a f. IV; qualche risarcimento a rattoppo; la legatura appare usurata in corrispondenza della giunzione tra piatti e dorso e, tutt’intorno, sui labbri; ossidate le lamine d’argento a f. 1r.
- Segnature di fascicoli:
- Assenti.
- Verba reclamantia:
- Sul verso dell’ultimo foglio del fascicolo, disposte in verticale e comprese tra due serpentine, al di sotto dello specchio scrittorio e all’interno della doppia riga di giustificazione.
- Stemma:
- f. 1r, stemma probabilmente di Pietro Guevara (m. 1486), conte di Ariano e marchese di Vasto, inquartato, nel I e nel IV d’oro a tre bande d’argento con code di ermellino in nero, nel II e nel III di rosso a cinque mori d’argento.
- Motto:
- f. 1r, all’interno del cartiglio sorretto dall’ermellino, P.M.Q.F. ("Potius mori quam foedari").
- Nota:
- Per questo ms. cfr. anche E. Ponzi, Urb. lat. 249, in Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. II. I manoscritti Urbinati, a cura di S. Maddalo - E. Ponzi, con la collaborazione di C. Paniccia, Città del Vaticano (Studi e testi), in corso di elaborazione.
- Altro nome:
- Guevara, Pietro, 1450-1486 [owner]
Gioacchino di Giovanni de' Gigantibus, f. 1450-1485 [artist]
Pitra, Jean Baptiste, card., 1812-1889 [owner]
Francesco Maria II della Rovere, duca di Urbino, 1548-1631 [owner]
Leo PP. XIII, 1810-1903 [owner] - Lingua:
- Latino.
- Alfabeto:
- Latino.
Testo del curatore
Elegante esemplare di libro umanistico, il ms. tramanda il De medicina di Celso illuminato da un apparato decorativo costruito su una profusione di foglia d’oro e di bianchi girari, impiegati per le iniziali che scandiscono la suddivisione in libri e che introducono l’opera nella ricca pagina di incipit. In essa, come nel resto del codice, si può riconoscere il linguaggio di Gioacchino de’ Gigantibus, tra i più celebri miniatori del secolo XV e particolarmente raffinato nell’eseguire appunto lo stilema degli intrecci a biacca su fondo policromo, che usa disseminare di coppie di volatili affrontati, di piccoli pappagalli verdi, di conigli e di puttini dal pallido incarnato spesso ravvivato dalla presenza di una collanina di corallo; il ms. Urb. lat. 249 non si discosta da tale impostazione.
Dopo aver a lungo lavorato a Roma per pontefici e cardinali (cfr. per esempio il ms. Vat. lat. 3302), il miniatore si trasferì a Napoli per circa un decennio – 1471-1480 – al servizio della corte aragonese (per poi tornare nell’Urbe), ed è proprio in questo periodo che si può collocare l’esecuzione dell’apparato decorativo del Celso urbinate. Utili confronti in tal senso si rilevano, per esempio, in alcuni mss. conservati alla Bibliothèque nationale de France di Parigi, che testimoniano l’intensa attività di Gioacchino nella capitale del Regno, spesso in coppia con Cola Rapicano, celebre miniatore partenopeo, al quale erano solitamente affidati i veri e propri interventi figurativi (cfr. lat. 5827, Plutarco, Vitae; lat. 5831, Plutarco, Vitae; lat. 6793, Aristotele, De animalibus in due volumi; lat. 8078, Domizio Calderini, Commentaria in Satyra Iuvenalis; lat. 12946, Giovanni Basilio Bessarione, Adversus Georgium Trapezuntium).
Lo stemma a bas-de-page di f. 1r appartiene a Pietro Guevara (1450-1486; Ryder, Guevara, Pietro, pp. 669-701; De Marinis, La Biblioteca napoletana dei re d’Aragona, p. 74 nt. 29, attribuisce erroneamente il Celso alla collezione di Ferrante I, ma cfr. oltre), principe di Sirignano, marchese del Vasto e Gran siniscalco del Regno dai primi anni ’60 del Quattrocento (Toscano, La biblioteca napoletana, pp. 32-33), così come l’emblema nel clipeo laureato nel margine superiore del foglio. Si tratta dell’ermellino con il filatterio recante il motto P.M.Q.F. («Potius mori quam foedari») dell’omonimo Ordine cavalleresco del quale Guevara era stato insignito negli anni ’60 del secolo (De Marinis, La Biblioteca napoletana dei re d’Aragona, p. 143 nt. 48). Egli possedeva una collezione libraria di discrete dimensioni, sia di manoscritti sia di incunaboli, nella quale trovarono posto autori classici e libri sacri, trattati scientifici e volgarizzamenti di opere di varia natura (per esempio anche un Virgilio in dialetto aragonese, De Marinis, La Biblioteca napoletana. Supplemento I, p. 187). La sua raccolta, confluita nella biblioteca di Ferrante I (1458-1494) insieme agli altri beni confiscati ai baroni ribellatisi al potere centrale (Manuscrits classiques, II.2, pp. 528-529; Toscano, La biblioteca napoletana, pp. 32-33, 42-43; Ryder, Guevara, Pietro, pp. 669-701), è stata in parte ricostruita grazie al corpus di 31 codici oggi conservati presso la Bibliothèque nationale de France (De Marinis, La Biblioteca napoletana. Supplemento I, pp. 187-208; Ruysschaert, Miniaturistes “romains”, p. 277 nt. 205; Toscano, La biblioteca napoletana, passim, soprattutto per le vicende relative allo smembramento e alla dispersione delle collezioni Aragona in seguito all’arrivo dei Francesi in Italia), seppure privi in questo caso di qualsiasi qualificazione decorativa.
Non è agevole dire per quali vie il ms. sia entrato nella collezione urbinate; Cosimo Stornajolo lo associa al Celso citato al f. 45r del cosiddetto Indice vecchio (ms. Urb. lat. 1761: «Cornelii Celsi libri sex de Medicina In Rubro», edito in Stornajolo, Cod. Urb. Graeci, p. C), compilato attorno al 1487 dal bibliotecario Agapito e che dà quindi conto dell’aspetto della raccolta libraria pochi anni dopo la morte di Federico da Montefeltro, avvenuta nel 1482; come dimostrato invece da Stanislas Le Grelle (Le Grelle, De ordinibus codicum, pp. V e XXIII), il Celso di Pietro Guevara è registrato solo nella collezione dell’ultimo duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere (1548-1631); il ms. citato nell’Indice vecchio deve quindi essere l’attuale Urb. lat. 1357, altro esemplare del De medicina, di produzione urbinate effettivamente eseguito per il conte Federico – come è indicato dalle lettere FC che affiancano lo stemma bandato a bas-de-page di f. 2r. È possibile che Della Rovere possa aver acquisito l’Urb. lat. 249 durante la sua permanenza in Spagna (Benzoni, Francesco Maria II, pp. 55-60), dove confluì la maggior parte del materiale librario della corte aragonese napoletana (La Biblioteca reale di Napoli, passim).
A f. IVr è infine presente l’etichetta cartacea, bollettino di trasferimento che testimonia il trasporto dei volumi da Urbino in Vaticana e che dà conto del numero della cassa utilizzata per il trasferimento stesso e del numero che il codice occupava al suo interno – secondo le indicazioni date dall’allora primo custode della Biblioteca, Lucas Holste, che per l’occasione nel 1657 fece approntare un inventario (l’attuale Vat. lat. 9475) con i medesimi dati presenti sulle etichette stesse (cfr. Peruzzi, «Lectissima politissimaque volumina», p. 372; per altre testimonianze in questo senso, cfr. Urb. lat. 326).