La Biblioteca di un 'principe umanista' Federico da Montefeltro e i suoi manoscritti [di M.G. Critelli]

Vespasiano da Bisticci: cartolaio e biografo

Molti codici appartenuti a Federico furono realizzati nell’officina più famosa del tempo, quella fiorentina di Vespasiano da Bisticci (1422/23-1498), imprenditore del libro manoscritto che impiegava una fitta rete di copisti e miniatori tra i più illustri dell’epoca (cfr. de la Mare, Vespasiano da Bisticci; Ead., Vespasiano da Bisticci as Producer).

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Londra, British Library, Add. 9770, f. 6r, presunto ritratto di Vespasiano da Bisticci

La sua bottega – che produsse fastosi manoscritti per biblioteche signorili quali quelle dei Medici, degli Estensi, degli Sforza, degli Aragonesi, nonché per facoltosi signori stranieri, non ultimo il re d’Ungheria Mattia Corvino – fu attiva negli anni dal 1440 al 1480 circa, quando, anche a causa dell’invenzione della stampa, Vespasiano si ritirò dall’attività dedicandosi alla scrittura delle Vite dei personaggi che aveva conosciuto, direttamente o indirettamente; tra di esse vi è anche il Commentario de la vita del signore Federico duca d’Urbino.

Il libraio fiorentino, dunque, che aveva avuto un ruolo di primo piano nell’allestimento della biblioteca federiciana, è anche il biografo di uno dei suoi principali committenti (cfr. Baldassarri, Alle origini del «mito» feltresco, pp. 393-406). Nel ripercorrerne la vita, Vespasiano fornisce notizie importanti sulla biblioteca e sulla sua formazione. È oggi chiaro che il suo intento era in gran parte celebrativo e che le notizie da lui fornite non sono dunque da leggere con rigore, ma piuttosto da interpretare con prudenza e sottoporre a vaglio critico; il profilo che di Federico emerge dalla biografia è infatti certamente un ritratto idealizzato, di un uomo in perfetto equilibrio tra otium e negotium, nel quale trovano eccezionale sintesi le doti di colto intellettuale e di esperto condottiero e statista.

Tuttavia le informazioni offerte da Vespasiano rimangono una fonte importante, anche per il suo coinvolgimento diretto nell’allestimento della raccolta; se infatti sono state da tempo rilevate inesattezze nei dati offerti, come quello riguardante l’assenza di stampati nella collezione, altre notizie hanno trovato riscontri in studi specifici: l’informazione da lui fornita circa una quarantina di scribi attivi per Federico ha trovato corrispondenza nello studio condotto da Albinia de la Mare sui copisti fiorentini (cfr. de la Mare, New Research, p. 449; Ead., Vespasiano da Bisticci, p. 90); ugualmente la pur sommaria rassegna fatta sui testi contenuti nella libraria trova rispondenze con l’Indice vecchio, inventario redatto poco dopo la morte di Federico.

Tradizionalmente, partendo proprio dalle informazioni fornite dal cartolaio fiorentino, si ritiene che la biblioteca sia stata allestita rapidamente, in circa quindici anni, a partire dagli anni Sessanta del Quattrocento. Nelle Vite, scritte intorno al 1482, si afferma infatti che Federico aveva iniziato a raccogliere la sua collezione, accrescendo quella di famiglia quattordici anni prima («Sono anni quatordici o più che cominciò a fare questa libraria»), dunque intorno al 1468, data che in alcuni studi è stata considerata un preciso punto di partenza per la formazione della raccolta; circa negli stessi anni viene portata avanti la progettazione e la costruzione della parte del Palazzo ducale, che ospiterà la biblioteca.

In alcuni codici Vespasiano è esplicitamente citato come imprenditore. È il caso dell’Urb. lat. 383, latore di Cassiodoro, nel cui colophon il copista Petrus de Traiecto si sottoscrive così: «[…] scriptum per Petrum de Traiecto Almano Florentiae sub Vespasiano librario […]» (f. 252r; il copista ha copiato dieci codici federiciani, datati o databili sia ante sia post 1474, cfr. de la Mare, Vespasiano da Bisticci, p. 85). Nell’Urb. lat. 1314, che contiene le opere di Platone tradotte da Leonardo Bruni, il famoso notaio e copista Ser Gherardo del Ciriagio si sottoscrive così: «Gherardus del Ciriagio florentinus scripsit Anno MCCCCLXXII pro Magnifico d(omi)no, Domino Federico Urbini et montis Feretri d(omi)no. Procurante Vespasiano Filippi, principe omnium librariorum florentinorum» (f. 165r; cfr. de la Mare, New Research, pp. 497, 567; Ead., Vespasiano da Bisticci, pp. 85-86; Ead., Vespasiano da Bisticci as Producer, pp. 194, 199, fig. 26).

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Urb. lat. 383, f. 252r
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Urb. lat. 1314, f. 165r

I codici provenienti da Firenze giungevano dunque a Urbino già confezionati. Successivamente, in particolare dopo il 1474 e l’acquisizione del titolo ducale, le modalità della committenza cambiarono: Urbino diventò centro di produzione dei codici, con copisti attivi in loco, e Federico iniziò a rivolgersi prevalentemente ad artisti di area padano-ferrarese e artisti locali. Negli studi questo cambiamento è stato messo in relazione con il rarefarsi dei rapporti con Firenze e Lorenzo il Magnifico in seguito alla congiura dei Pazzi (1478), alla quale Federico non era estraneo. È tuttavia da rilevare che un copista urbinate come Federico Veterani sottoscrisse codici per Federico già dal 1471 (cfr. Urb. lat. 419, 420, 651); allo stesso tempo manoscritti di fattura fiorentina continuarono a giungere nella collezione anche quando ormai lo scriptorium urbinate era attivo (cfr. Urb. lat. 328, datato 1481). Lo dimostra, in particolare, il più importante incarico di Vespasiano, il suo capolavoro: la Bibbia Urbinate (Urb. lat. 1-2), vergata in due volumi rispettivamente nel 1477 e 1478 da Hugo de Cominellis, che nel colophon afferma di aver lavorato «[…] Vespasiano Philippi filio florentino librario procurante […] Anno MCCCCLXXVIII Die XII Iunii» (f. 311r). In una famosa lettera, datata al 21 giugno 1478, Federico scrive a Lorenzo ringraziandolo per aver interceduto affinché il secondo volume della Bibbia fosse consegnato al suo committente (cfr. Franceschini, Figure del Rinascimento, p. 142).

Urb. lat. 1, f. 1v - Urb. lat. 2, f. 2r

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Urb. lat. 2, f. 311r

Vespasiano continuò ad essere coinvolto nella vita della collezione federiciana anche dopo aver chiuso ufficialmente la propria attività (sugli anni 1478 o 1479 per la chiusura della bottega cfr. Cagni, Vespasiano da Bisticci¸pp. 36, 85 e de la Mare – Hellinga, The first book, p. 216 nt. 68). Nelle Vite racconta di aver visitato la biblioteca di Urbino nel 1482, poco prima della morte del duca, ed esprime così il parere soddisfatto e ammirato di chi gran parte aveva avuto per giungere a quel risultato: «Che lettere! e che libri! e come degni!».