Mariano del Buono
1433/1434-1504
Tra i più celebri miniatori fiorentini del Quattrocento e a capo di una delle maggiori botteghe artistiche della Firenze di quegli anni, la sua fu una produzione vasta e con ampie influenze sul linguaggio rinascimentale centro-italiano, ma circoscritta all’ambito umanistico e alla devozione privata. La prima parte della sua carriera fu caratterizzata da un’espressività basata sul largo impiego dei bianchi girari, sovente abitati da putti giocosi e da un’ampia messe di animali, e sul preponderante uso del ritratto a scapito del momento narrativo, spesso in accordo con la lezione fisionomica di nomi come Alessio Baldovinetti e del Pollaiolo. Esempi di questo momento creativo possono essere il lat. 429, un Plutarco conservato alla Biblioteca Estense di Modena oppure il De civitate Dei di sant’Agostino (Add. 15246 della British Library di Londra), nel quale collabora con Francesco di Antonio del Chierico per Vespasiano da Bisticci. Tra il 1473 e il 1477, insieme a Gherardo e Monte di Giovanni, egli lavorò al breviario per l’Ospedale di Santa Maria Nuova (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, ms. 68); all’impresa prese parte anche Girolamo da Cremona che, proponendo una cultura figurativa costruita sul linguaggio antiquario padano, stimolò in Mariano un diverso approccio all’architettura della pagina, con la comparsa per esempio di paesaggi di gusto mantegnesco e di clipei con animali dallo spiccato dato realistico. Probabilmente la sua bottega lavorò all'Urb. lat. 250.
Miniatura fiorentina del Rinascimento, pp. 190-215; GALIZZI, Mariano del Buono, pp. 727-730.