La collezione
LA PIÙ DEGNA CHE SIA MAI STATA FATTA DA QUELLO TEMPO IN QUA
Una cosa singulare ha questa libraria, che non si trova se non in questa
Avendo condutta la sua Signoria questa opera [la biblioteca] sì degna con grandissima ispesa di più di ducati trenta mila, et in fra l’altre degne et laudabile conditioni che v’ha fatte, sì è ch’egli ha voluto a ogni scrittore dare un capo, et questo ha voluto che sia coperto di chermisì fornito d’ariento. Et cominciossi, come inanzi è detto, alla Bibia, come capo di tutte, et fella, come è detto, coprire di brocato d’oro. Di poi cominciando a tutti e’ dottori della Chiesa, ha ognuno coperto di chermesì e fornito d’ariento, et così a’ dottori greci come a latini, così a’ filosofi, alle istorie, a’ libri di medicina, a tutti e’ dottori moderni, in modo che v’è infiniti volumi di questa natura, che è una rica cosa a vedergli. In quella libraria i libri tutti sono belli in superlativo grado, tutti iscritti a penna, e non v’ è ignuno a stampa, chè se ne sarebe vergognato, tutti miniati elegantissimamente, et non v’è ignuno che non sia iscritto in cavretto. Una cosa singulare ha questa libraria, che non si truova se non in questa, et questo è, che di tutti gli scrittori così sacri come gentili, et così composti come tradotti, non vi manca una carta dell’opere loro non vi sia finita, che none intervenne più a ignuna delle altre, che tutte hanno parte dell’opere d’uno iscrittore, ma tutte no, che è una grandissima degnità avere questa perfezione. Poco tempo inanzi ch’egli andassi a Ferara [1482], sendo a Urbino colla sua Signoria, et avendo gl’inventari di tutte le librerie d’Italia, cominciando a quella del papa, di Firenze di Santo Marco, di Pavia, infino a avere mandato in Inghilterra per lo inventario della libreria dello studio Ausoniense, riscontrando di poi con quello del duca, tutti pecano in una cosa, d’avere una medesima opera infinite volte, ma non avere di poi tutte l’opere d’uno iscrittore finite come questa, nè v’era iscritori in ogni facultà come in questa (Vespasiano da Bisticci, Le Vite, pp. 398-399).
All’interno del testo sono stati segnalati i manoscritti proposti in questo percorso laddove si fa ad essi riferimento. L’identificazione di tutti i codici citati da Vespasiano si trova nelle note dell’edizione; per assenze e differenze rispetto al posseduto della biblioteca si vedano Vespasiano da Bisticci, Le Vite, p. 390 nt. 2, p. 391, ntt. 1 e 3, p. 393 nt. 6, p. 395 nt. 7, p. 396 nt. 5, p. 397 ntt. 4, 7, 8, 12 e Bravi, I manoscritti greci, p. 41. La digitalizzazione di molti di essi si trova on line nel sito della Vaticana; alcuni sono presenti in altri percorsi del progetto Mellon: Urb. lat. 1, 2, 3, 161, 206, 365, 666, 1146, Urb. gr. 15, 33, 125 (cfr. Paleografia latina e Paleografia greca, che includono molti acquisti “antiquari” di Federico); Urb. lat. 249, 308, 329, 350, 355, 356, 423, 424, 425, 426, 642, 1146, 1358 (cfr. Classici Latini. Evoluzione e trasmissione di opere classiche).