La Biblioteca di un 'principe umanista' Federico da Montefeltro e i suoi manoscritti [di M.G. Critelli]

ARALDICA DI FEDERICO

STEMMI, IMPRESE E ONORIFICENZE

Nei codici commissionati da Federico la decorazione è impreziosita da continue allusioni allegoriche e simboliche costituite da elementi figurativi che si alternano a stemmi e imprese riccamente elaborati, celebrativi delle virtù del signore di Urbino.

Gli stemmi sono quelli identificativi della famiglia Montefeltro nella loro evoluzione diacronica, bandato e inquartato, ai quali si aggiunge quello incrementato del palo della Chiesa, utilizzato dopo il conferimento a Federico della dignità ducale e del titolo di gonfaloniere della Chiesa nel 1474. La loro presenza può dunque fornire elementi utili per la datazione del manoscritto che li contiene, tenendo però presente che gli stemmi furono spesso aggiunti in codici realizzati, anche secoli addietro, per altri committenti o comunque non su esplicita commissione del signore di Urbino e acquisiti solo successivamente (si veda, ad esempio, l’Urb. gr. 2, sec. XII, f. 3v).

Le imprese – che possono essere create ex novo o ereditate – sono invece figure allegoriche costituite da una semplice immagine che rappresenta e celebra le virtù dell’individuo, un aspetto del carattere o un avvenimento che ne ha caratterizzato la vita; il significato a cui alludono è sottolineato dal motto che spesso le accompagna. Secondo Paolo Giovio (1483-1552), che ne fu il primo codificatore (con il Dialogo dell’imprese militari et amorose, composto nel 1551 ma pubblicato nel 1555), esse non dovevano essere oscure fino a essere indecifrabili, ma velate e misteriose tanto da non renderne troppo immediata l’interpretazione; il motto doveva essere breve ma mai ambiguo.

La simbologia affiorante dalle imprese di Federico rimanda a due sfere di riferimento: quella del condottiero e quella del cultore delle humanae litterae. Alcuni emblemi sono costituiti da oggetti ordinari per un soldato professionista e alludono alle doti dell’uomo d’armi, quali la tenacia, la risolutezza, il coraggio; altri sottolineano le qualità dell’uomo dotto, il profilo morale e la purezza. Talvolta le figure utilizzate sono talmente artificiose da richiedere un’interpretazione a più livelli, che tuttavia rinvia sempre alla figura di Federico come modello ideale di uomo del Rinascimento. Tra le immagini allusive maggiormente ricorrenti vi sono: bombarda, freni, gru, scopetta, struzzo, ulivo e le cosiddette fiammelle inquartate.

L’adozione di simboli legati a circostanze determinate, come ad esempio il conferimento di onorificenze, può anch’esso essere elemento prezioso per la datazione dei codici. Per Federico il 1474 fu un annus mirabilis poiché, tra l’agosto e il settembre di questo stesso anno, oltre a ottenere il titolo ducale e quello di gonfaloniere della Chiesa, fu insignito dell’Ordine della Giarrettiera e dell’Ordine equestre del Collare dell’Ermellino. La presenza dei simboli legati a tali occasioni, ampiamente rappresentati sia nei palazzi di Urbino e di Gubbio sia nelle pagine dei manoscritti, costituisce dunque un importante terminus post quem per la datazione.

Nei codici federiciani è quindi possibile individuare un vero e proprio repertorio araldico, con un preciso programma figurativo e puntuali riprese iconografiche, che anima in modo straordinariamente ricco le pagine manoscritte, impreziosendo fregi, medaglioni, iniziali istoriate, piccoli e grandi riquadri miniati. I simboli, ostentati con lucido calcolo per divinizzare le virtù del signore e presenti in molteplici forme di espressione artistica – nei codici, nei palazzi, su medaglie, affreschi, pitture, arazzi – hanno lo scopo di sbalordire chi li osserva e confermare l’autorità e il potere del signore, caricandosi così di un importante valore semantico.