Urb.lat.681
Informazioni sul manoscritto
- Resource type:
- Manuscript
- Collection:
- Urb.lat.
- Segnatura:
- Urb.lat.681
- Biblioteca:
- Biblioteca Apostolica Vaticana
- Datazione:
- sec. XV med
- Data inizio:
- 1451
- Data fine:
- 1475
- Paese:
- Italia
- Localita:
- Firenze
- Materiale:
- membr.
- Altezza:
- 202
- Larghezza:
- 121
- Numero fogli:
- II. 197
- Nota generale:
- Francesco Petrarca, Canzoniere e Trionfi; Leonardo Bruni, Vita di Francesco Petrarca.
Descrizione
- Collazione:
- 19 fascicoli: 1-19 quinioni (ff. 3-10, 11-20, 21-30, 31-40, 41-50, 51-60, 61-70, 71-80, 81-90, 91-100, 101-110, 111-120, 121-130, 131-140, 141-150, 151-160, 161-170, 171-180, 181-190, 191-199 [-1]). Bianchi i ff. 1v-2v, 10r, 190v, 198r-199v; ff. 10, 198, 199 rigati. Fogli di guardia membranacei coevi.
- Impaginazione:
- Testo a piena pagina; rr. 29/ll. 29, la scrittura inizia sopra la prima riga. Rigatura a secco (tipo Derolez 33, es. ff. 162, 176; tipo Derolez 36, es. ff. 166, 188). Presentano rigatura anche i ff. 10, 198-199, bianchi. Specchio rigato (f. 22r): 202 (24+134+44) x 121 (14+5+64+5+33) mm. Visibili quattro fori di squadratura in corrispondenza delle righe di giustificazione lungo il margine inferiore di alcuni fogli (es. ff. 41-50); ai ff. 198-199 fori di guida in corrispondenza della giustificazione esterna.
- Foliazione:
- Con numeratore meccanico nell’angolo inferiore destro dei ff. 1-197 (ff. 198-199 numerati a matita da mano moderna). Foliazione antiquiore, manuale, in inchiostro bruno, nell’angolo superiore destro di alcuni fogli (ff. 8, 100, 140, 153, 165, 177, 183, corrispondenti ai ff. 11, 110, 151, 164, 177, 191, 197 della numerazione meccanica). Fogli di guardia numerati 1-2.
- Scrittura - Nota:
- Umanistica in inchiostro bruno di mano di Antonio di Francesco Sinibaldi da Carmignano. Nato nel 1443, già nel 1461 esercitava l’attività di copista a Firenze; nel 1469 fu assunto presso la corte aragonese, tornò a Firenze nel 1476 e dall’anno successivo fu nuovamente a Napoli fino al 1481. Sottoscrisse 35 manoscritti, 24 dei quali datati tra il 1468 e il 1499 (due dei quali sono andati perduti); tra quelli firmati e datati è incluso l’Urb. lat. 666 («Antonius Sinibaldus Florentinus transcripsit Florentiae anno Christi 1481 20 No(vembris)», f. 196v). Lavorò per committenti illustri quali il card. Giovanni d’Aragona, Mattia Corvino, Lorenzo de’ Medici. Albinia de la Mare ritiene che l’Urb. lat. 681 sia da riferirsi al primo periodo di attività di Sinibaldi (1468-1469) e afferma che a lui siano attribuibili su base paleografica altri manoscritti, forse anche più di 20, tra i quali l’Urb. lat. 464 (cf. De la Mare, New research, p. 485, 487; si veda anche Derolez, La codicologie des manuscrits, I, p. 128 nr. 146; si vedano inoltre De Marinis, La biblioteca napoletana dei re d’Aragona, I, p. 52-55; Csapodi-Gárdonyi, Les scripteurs, p. 30). Per tutte le sue sottoscrizioni cf. Bénédictins du Bouveret, Colophons de manuscrits occidentaux, I, p. 153, nrr. 1223-1227, 1229-1230, p. 154-156, nrr. 1229-1254. Gemma Guerrini Ferri individua nel presente manoscritto un’altra mano, più rigida, oltre a quella fluida ed esperta di Sinibaldi, forse di un suo allievo (Guerrini Ferri, "I tempi e’ luoghi e l’opere leggiadre", p. 171). Il codice presenta note marginali e correzioni coeve di diverse mani (es. ff. 16v, 18r, 19r, 27r, 191v).
- Decorazione:
- Il codice, che tramanda i Rerum vulgarium fragmenta e i Triumphi di Francesco Petrarca, è uno degli innumerevoli esemplari che, a partire dalla morte del poeta (1374), iniziarono a diffondersi in maniera capillare, divenendo un vero e proprio best seller tra il basso medioevo e il Cinquecento (Trapp, Studies of Petrarch, p. 201-243; Maddalo, Sanvito e Petrarca, passim; Guerrini Ferri, I tempi e’ luoghi, passim). Un’amplissima fortuna dovuta alla celebrità del nome di Petrarca – insieme a quelli di Dante e Boccaccio – e alla possibilità di sfruttare in largo modo il rapporto tra testo e immagine evocato soprattutto dai Trionfi, meno evidente nel Canzoniere (Maddalo, Sanvito e Petrarca, p. 59-72). Gli uni e l’altro insieme danno vita a un nuovo ciclo illustrativo che diviene presto standard, con una struttura iconograficamente definita, seppure con varianti spesso scaturite dalla sinergia tra ordinator, miniatore, committente. Se per i Rerum gli snodi testuali segnalati sono sempre gli incipit delle Rime in vita di Laura e le Rime in morte, per i Trionfi invece l’esegesi testuale è stimolo alla creazione di un ciclo maggiormente suggestivo. Il ms. Urb. lat. 681 non si discosta da tale impostazione, con l’enfasi sulla prima pagina di incipit, quella delle Rime in vita (f. 11r) e sulle aperture di tutti i Trionfi (ff. 151r, 163v, 167v, 177r, 184v, 187v), mentre una ordinaria decorazione a bianchi girari richiama l’attenzione sulle Rime in morte (f. 109v). Il ricco e raffinato apparato illustrativo si deve a ser Ricciardo di Nanni, protagonista della stagione quattrocentesca fiorentina, coinvolto in importanti imprese sempre promosse da patroni di alto rango (Bollati, Ricciardo di Nanni, p. 906-908). Il codice urbinate, datato attorno al 1470 da Annarosa Garzelli, è dalla studiosa proposto in maniera magistrale, in una descrizione ancora oggi valida (Miniatura fiorentina del Rinascimento, p. 65).
- Decorazione - Nota:
- 9 pagine di incipit di due tipologie, 7 con fregi fitofloreali policromi (verde, blu, rosa, ocra, porpora), elementi in oro, globi aurei cigliati, volatili, puttini (ff. 11r, 151r, 163v, 167v, 177r, 184v, 187v), 2 con fregio a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosa; ff. 109v, 191r). 7 miniature tabellari entro listelli in foglia d’oro (ff. 11r, 151r, 163v, 167v, 177r, 184v, 187v; mm 59x64, media). 9 iniziali maggiori di diverse tipologie decorative (mm 13x13, media): 1 con corpo in foglia d’oro e campo rosa o blu decorato a biacca (ff. 11r), 2 a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosa) e corpo in foglia d’oro (ff. 109v, 191r), 6 a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, porpora) e corpo in foglia d’oro (ff. 151r, 163v, 167v, 177r, 184v, 187v). 10 iniziali medie (ff. 3r, 154r, 157v, 160r, 167r, 170v, 174r, 179v, 182r, 197r; mm 14x13, media) campite con corpo in foglia d’oro e fondo in verde, blu, rosa decorato a biacca. Capoversi calligrafici in blu e in rosso; capoversi in vedetta rubricati; incipit ed explicit rubricati o in foglia d’oro; componimenti poetici dei Rerum vulgarium fragmenta indicati da numeri romani in rosso.
- Legatura -Nota:
- Coperta in pelle marrone con cornice a triplo filetto impressa a secco, su assi in legno. Dorso a 5 compartimenti, delimitati da 4 doppi nervi. Nel primo compartimento antica segnatura “889 / VR∙B∙” (cf. Storia) impressa in oro, incorniciata da doppio filetto dorato; nel secondo elementi araldici (due pignatte) dello stemma di Innocenzo XII (1691-1700), impressi in oro e inseriti in una cornice dorata a doppio filetto; nel terzo e nel quinto stemma del cardinale Bibliotecario (1681-1693) Lorenzo Brancati di Lauria. La legatura è dunque databile agli anni 1691-1693.
- Segnature di fascicoli:
- Assenti.
- Verba reclamantia:
- Richiami verticali nel senso alto-basso vergati con lo stesso inchiostro del testo (tranne al f. 10v, dove è rubricato) nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio dei fascicoli all’interno della colonnina di giustificazione; assenti ai ff. 10v, 150v, 190v, in corrispondenza dell’inizio di un nuovo testo.
- Stemma:
- Al f. 11r stemma cardinalizio di Francesco Gonzaga (1444-1483): d'argento, alla croce patente di rosso accantonata da quattro aquile di nero dal volo abbassato; sul tutto, inquartato: nel primo e nel quarto di rosso al leone d'argento; nel secondo e nel terzo fasciato d'oro e di nero.
- Nota:
- Sulla controguardia anteriore, in alto, nota manoscritta di mano coeva che riporta la traduzione dei primi due versi del "Pluto" di Aristofane: "O q(uam) molesta res est o Iupiter o Dei servum fieri desipientis domini"; sotto prove di penna e altra nota di mano coeva diversa dalla precedente, con tre brevi ricette "ad scribendas litteras aureas". Al f. 1r titolo di mano del sec. XVI "Francisci Petrar(cae) Cantil(en)e et triu(m)phi" e sotto "Prose". Al f. 10v, sul foglio lasciato bianco, nota di mano cinquecentesca: "In nomine iesu omne genu fletatur". and Per questo ms. cf. anche S. Maddalo, Urb. lat. 681, in Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. II. I manoscritti Urbinati, a cura di S. Maddalo - E. Ponzi, con la collaborazione di C. Paniccia, Città del Vaticano (Studi e testi), in corso di elaborazione.
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
- Colophon:
- Al f. 190r: "Antonius Francisci Sinibaldi filius q(uam) pul/crioribus potuit literis has chartas exaravit" (cf. Bénédictins du Bouveret, Colophons de manuscrits occidentaux, I, p. 153 n. 1230).
- Storia:
- Il codice venne commissionato dal card. Francesco Gonzaga (eletto cardinale nel 1461), il cui stemma è presente al f. 11r nel margine inferiore. Giunse poi nella biblioteca di Federico da Montefeltro, come risulta dal cosiddetto “Indice vecchio”, compilato intorno al 1487 dal bibliotecario Agapito (Urb. lat. 1761, f. 77r: «Francisci Petrarcae Sonetti et Cantilenae parvo Volumine qui fuit Card. Mantuae»; edito in Stornajolo, Cod. Urb. Graeci, p. CXXVII, nr. 554). La collezione dei duchi di Urbino giunse in Vaticana nel 1657. L’antica segnatura “889”, impressa in oro nel primo compartimento del dorso, è da riferire all’inventario vaticano di Stefano Gradi (Urb. lat. 1388, f. 77v; cf. Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1001-1779, p. XII). Timbri della Biblioteca Apostolica Vaticana ai ff. 3r, 11v, 197v.
- Bibliography:
- Stornajolo, Cod. Urb. lat. 501-1000, p. 183; Vattasso, I codici petrarcheschi della Biblioteca Vaticana, p. 91-94.
- Altro nome:
- Federico da Montefeltro, duca d'Urbino, 1422-1482 [owner]
Innocentius PP. XII, 1615-1700 [person]
Brancati, Lorenzo, card., 1612-1693 [person]
Sinibaldi, Antonio di Francesco, 1443-c. 1528 [scribe]
Gonzaga, Francesco, card., 1444-1483 [client]
Ricciardo di Nanni, ser, f. 1445-1480 [artist]
Testo del curatore
Il codice, di piccolo formato e dalla pergamena ben lavorata, tramanda i Rerum vulgarium fragmenta e i Triumphi di Francesco Petrarca; esso è quindi uno degli innumerevoli esemplari che, a partire dalla morte del poeta (1374), iniziarono a diffondersi in maniera capillare, divenendo un vero e proprio best seller tra il Basso Medioevo e il Cinquecento. Le due opere, nella maggior parte dei casi racchiuse all’interno di un medesimo manoscritto, furono protagoniste sia della produzione manoscritta miniata – spesso ad altissimi livelli esecutivi e per una committenza di lusso – sia dell’allestimento di incunaboli dotati di un corredo illustrativo a incisione prima, di edizioni a stampa poi (Trapp, Studies of Petrarch, pp. 201-243; Maddalo, Sanvito e Petrarca, passim; Guerrini Ferri, I tempi e’ luoghi, passim). Un’amplissima fortuna quindi, dovuta alla celebrità del nome di Petrarca – insieme a quelli di Dante e Boccaccio – e alla possibilità di sfruttare in largo modo il rapporto tra testo e immagine evocato soprattutto dai Trionfi, meno evidente nel Canzoniere (Maddalo, Sanvito e Petrarca, pp. 59-72). Gli uni e l’altro insieme danno vita a un nuovo ciclo illustrativo che diviene presto standard, con una struttura iconograficamente definita, seppure con varianti spesso scaturite dalla collaborazione tra ordinator, miniatore, committente. L’apparato di immagini è inoltre costruito su una molteplicità di apporti desunti da modelli diversi e di diverse epoche (alcuni esempi, sul piano dei testi, sono la Visio Pauli, i Documenti d’Amore di Francesco da Barberino, il De viris illustribus dello stesso Petrarca; e sul piano visivo, l’iconografia classica, il Trionfo della Morte di Buffalmacco nel Camposanto Vecchio di Pisa, le miniature che accompagnano l’Offizio dei Morti nei Libri d’ore, i cicli degli Uomini illustri, cfr. Battaglia Ricci, Immaginario trionfale, passim).
Se per i Rerum gli snodi testuali segnalati sono sempre gli incipit delle Rime in vita di Laura – con la rappresentazione, variamente declinata, del mito di Apollo e Dafne – e le Rime in morte – talvolta introdotta dalle tristi vicende di Fetonte o, più spesso, da un doppio ritratto del poeta e della donna amata –, per i Trionfi invece l’esegesi testuale è stimolo alla creazione di un ciclo maggiormente suggestivo. Una peculiarità quest’ultima così spiccata da favorire una generale riscoperta della tematica trionfale anche negli altri media artistici (Battaglia Ricci, Immaginario trionfale, p. 255), in una forma di contaminazione continua e di veloce circolazione di modelli iconografici. Interessante è inoltre il fenomeno di ‘distorsione’ che coinvolse la lettura del dettato petrarchesco, nel quale il trionfo e la visione quasi onirica spesso si confondono senza soluzione di continuità. Una osmosi che stimolò l’addensarsi di suggestioni nella traduzione in figura del testo: «Nascono così quelle immagini che a noi non possono che apparire come singolari coacervi di superfetazioni allegoriche» per cui «accanto a cervi, unicorni ecc. compaiono anche, sul carro trionfale, figure allegoriche antropomorfe che appartengono ad un mondo culturale sostanzialmente rifiutato, seppur non del tutto estraneo, a Petrarca» (Battaglia Ricci, Immaginario trionfale, p. 259, ma anche pp. 255-256 nt. 4 e, in generale, in tutto il contributo, pp. 257-298).
L'Urb. lat. 681 non si discosta da tale impostazione, con l’enfasi sulla prima pagina di incipit, quella delle Rime in vita (f. 11r) e sulle aperture di tutti i Trionfi (ff. 151r, 163v, 167v, 177r, 184v, 187v), mentre una ordinaria decorazione a bianchi girari richiama l’attenzione sulle Rime in morte (f. 109v). Il ricco e raffinato apparato illustrativo si deve a ser Ricciardo di Nanni (Bollati, Ricciardo di Nanni, pp. 906-908), protagonista della stagione quattrocentesca fiorentina, coinvolto in importanti imprese sempre promosse da patroni di alto rango – su tutti, i corali della Badia fiorentina per la committenza dei Medici, famiglia per la quale il miniatore lavorerà a più riprese, inventando un nuovo stile modellato sui gusti estetici dei signori di Firenze. Il codice urbinate, datato attorno al 1470 da Annarosa Garzelli, è dalla studiosa proposto in maniera magistrale, in una descrizione ancora oggi valida; ella commenta infatti l’apparato illustrativo dell’Urb. lat. 681 ponendo l’accento sull’interesse di ser Ricciardo per il «repertorio archeologico» con un «ricorso a quei reciproci innesti tra il versante sacro e profano che perseguono una sdrammatizzazione dell’eroico». Sottolinea inoltre la tendenza del miniatore alla superfetazione visiva: «se c’è bisogno di una tromba, se ne fanno tre», f. 177r; al gusto per soluzioni ardite, ma efficaci: «le più comuni regole della statica sono eluse in opzioni paradossali come la bara che poggia su un grosso teschio nel Trionfo della morte», f. 167v; all’insistenza su alcuni elementi come «i segnali eroici nelle coppie di unicorni o in quelle dei cavalli impennati», ff. 151v, 163v (Miniatura fiorentina del Rinascimento, p. 65). Il manoscritto si colloca inoltre, all’interno della lunga e variegata – anche per stile – carriera di ser Ricciardo, un attimo prima «della svolta che precede la parossistica animazione della forma dell’oggetto» che interverrà dopo la metà degli anni ’70 (Miniatura fiorentina del Rinascimento, p. 65), cambiamento che sarà evidente, per rimanere in materia trionfale, nell’esemplare petrarchesco di Madrid, Biblioteca Nacional de España, Vitr. 22-4, con le sue «esasperazioni lessicali» (Miniatura fiorentina del Rinascimento, p. 65).
Come dimostra lo stemma a f. 11r, il codice urbinate era parte dell’ampia raccolta manoscritta del card. Francesco Gonzaga (Lazzarini, Gonzaga, Francesco, pp. 756-760), grande collezionista di libri di pregio (Mostra dei codici gonzagheschi, passim; Maddalo, Sanvito e Petrarca, p. 23) e, più in generale, di oggetti d’arte e di gioielli (come testimoniato dal suo testamento e dall’inventario post mortem dei suoi beni, cfr. Chambers, A Renaissance Cardinal, pp. 142-188). Figlio di Ludovico III Gonzaga, aveva respirato la raffinata aria che permeava la corte mantovana, una vivacità culturale che aveva ritrovato una volta giunto a Roma per il suo cardinalato, nel 1462. Titolare di Santa Maria Nuova, Sant’Agnese e San Lorenzo in Damaso, aveva costruito attorno a sé una familia nella quale gravitavano personaggi di altissimo livello intellettuale (per es., Ludovico Agnelli, protonotario apostolico, altro grande collettore di ms. ed esecutore testamentario del cardinale, cfr. Borgh. 368, Vat. lat. 1848, Vat. lat. 1853), e tra i più celebri e richiesti miniatori di quegli anni, come Bartolomeo Sanvito (Bentivoglio-Ravasio, Sanvito, pp. 928-936) e Gaspare da Padova (Bentivoglio-Ravasio, Gaspare da Padova, pp. 251-258; Chambers, A Renaissance Cardinal, passim; Maddalo, Sanvito e Petrarca, p. 23).
Noti sono i rapporti di Francesco Gonzaga con Firenze, città che visitò a più riprese durante la sua attività curiale (Chambers, Cardinal Francesco Gonzaga, pp. 241-261) e alla quale fu legato anche per le relazioni economiche intrecciate con la famiglia Tornabuoni. Questa era infatti mediatrice tra i Gonzaga, clienti del Banco dei Medici, e Lorenzo il Magnifico; una condizione che le creò non pochi problemi al momento del decesso del cardinale, che lasciava un debito non estinto di 3.500 ducati (Plebani, I Tornabuoni, p. 251). È allora possibile ipotizzare che durante uno dei suoi soggiorni fiorentini, l’alto prelato possa aver acquistato l’attuale Urb. lat. 681, o che esso possa essere stato un dono dello stesso Lorenzo – si ricordi, come già sottolineato, che ser Ricciardo era tra i miniatori prediletti della Signoria –, anche se a oggi non vi sono maggiori evidenze che possano sostanziare tale suggestione. Il ms. entrò infine nella biblioteca di Federico (dove Petrarca era molto presente, cfr. Urb. lat. 332, 333, 370, 683) forse in ragione dei legami che egli stesso aveva con la famiglia mantovana – Matteo Contugi, scriptor di alcuni dei più noti mss. urbinati (Urb. lat. 10, Urb. lat. 151, Urb. lat. 324, Urb. lat. 325), era stato a lungo al servizio dei Gonzaga e, ancora negli anni marchigiani, continuava a intrattenere una fitta corrispondenza epistolare con i signori lombardi (Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, pp. 251-302).
Descrizioni interne
197r-v
Memoria di Laura
- Locus:
- 197r-v
- Titolo supplito:
- Memoria di Laura
- Rubrica:
- La infrascripta epistola fu trovata a Roma in chasa dell'abitatione di messer Francescho Petrarcha in un suo studiolo scripta di sua propria mano
- Incipit:
- Laura di propria virtù illustre et lungo tempo
- Explicit:
- le vane speranze et li non aspettati fini
- Nota:
- Si tratta della traduzione di una nota sulla morte di Laura scritta da Petrarca all'interno del manoscritto A 79 inf. conservato presso la Biblioteca Ambrosiana, il cosiddetto Virgilio Ambrosiano (inc.: "Laura propriis virtutibus illustris"); per la trascrizione della nota obituaria cf. F. Petrarca, Le postille del Virgilio Ambrosiano, a cura di M. Baglio, A. Nebuloni Testa e M. Petoletti, Roma-Padova 2006, p. 190-192 n. 11. Cf. A. Ceruti, La biblioteca ambrosiana di Milano, in Gli istituti scientifici, letterari ed artistici di Milano, Milano 1880, p. 24; G. Fracassetti, Lettere di Francesco Petrarca delle cose familiari [...], II, Firenze 1864, p. 242-243; P. de Nolhac, Pétrarque et l'humanisme, II, Paris 1907, p. 286-287.
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
151r-190r
Francisci Petrarce poetae clarissimi triumphorum liber
- Locus:
- 151r-190r
- Titolo:
- Francisci Petrarce poetae clarissimi triumphorum liber
- Titolo uniforme:
- Trionfi (Petrarca, Francesco, 1304-1374)
- Sommario:
- Componimenti nel seguente ordine: Trionfo dell'amore (I, ff. 151r-154r; III, ff. 154r-157r; IV, ff. 157v-160r; II, ff. 160r-163v); Trionfo della pudicizia (ff. 163v-167r); Trionfo della morte (IA, f. 167r-v; I, ff. 167v-170v; II, ff. 170v-174r); Trionfo della fama (IA, ff. 174r-176v; I, ff. 177r-179v; II, ff. 179v-182r; III, ff. 182r-184r); Trionfo del tempo (ff. 184v-187r); Trionfo dell'eternità (ff. 187v-190r).
- Incipit testo:
- Nel tempo che rinnova e mie [sic] sospiri (f. 151r), Quando ad un giogo e in un tempo (f. 163v), Questa legiadra [sic] e gloriosa donna (f. 167v), Da poi che morte triumpho [sic] nel volto (f. 177r), Nel thaureo [sic] albergo con l'aurora (f. 184v), Da poi che sotto 'l ciel cosa (f. 187v), Quanti già nell'età matura et acra (f. 167r), and Nel cor pien d'amarissima dolcezza (f. 174r)
- Explicit testo:
- et dum [sic] pomo beffata alfin Cidippe (f. 163v), quella per cui ben far prima mi piacque (f. 167v), poi alla fine vidi Artù e Carlo (f. 176v), qui lascio et più di lor non dico avante (f. 184r), così'l tempo triumpha e nomi e 'l mondo (f. 187r), or che fie [sic] dunque a rivederla in celo (f. 190r), fra quali i' vidi Ipolito et Ioseppe (f. 167r), and tu starai in terra sanza me gran tempo (f. 174r)
- Nota:
- All’explicit edito del Trionfo dell’amore III (f. 157r, «com poco dolce molto amaro apaga»; ediz. p. 176) seguono 4 versi: «Et so i sospiri lor costumi et canti / el parlar rotto el subito silentio / el brevissimo riso e lunghi pianti / et quale il mel temprato con l’asentio»; cf. Dennis Dutschke, Triumphus cupidinis III («era sì pieno il cor di meraviglie»), in Accademia Patavina di Scienze, lettere ed arti. Atti e memorie, 104 (1991-1992), p. 276; ediz. p. 173-174, nt. ai vv. 178-84. All’explicit edito del Trionfo della pudicizia (f. 167r, «fra quali i’ vidi Ipolito et Ioseppe»; ediz. p. 264) seguono 21 versi (f. 167r-v, inc. «Quanti già nell’età matura et acra», expl. «quella per cui ben far prima mi piacque»): si tratta del cosiddetto TM (Triumphum mortis) IA; cf. ediz. p. 541-547. All’explicit edito del II Trionfo della morte (f. 174r, «tu starai in terra sanza me gran tempo»; ediz. p. 346) seguono 163 versi (ff. 174r-176v, inc. «Nel cor pien d’amarissima dolcezza», expl. «poi alla fine vidi Artù e Carlo»), dalla critica denominati TF (Triumphum famae) IA; cf. ediz. p. 549-585. All’explicit edito del Trionfo della fama III (f. 184r, «che tira al ver la vagha [sic] opinione»; ediz. p. 470) segue il verso: «Qui lascio et più di lor non dico avante». Al f. 190r in calce: «Francisci Petrarce poetae clarissimi eternitatis triumphus sextus et ultimus explicit»; segue il colophon.
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
11r-150v
Francisci Petrarce poetae clarissimi sonector(um) et cantilenarum liber
- Locus:
- 11r-150v
- Titolo:
- Francisci Petrarce poetae clarissimi sonector(um) et cantilenarum liber
- Titolo uniforme:
- Rerum vulgarium fragmenta (Petrarca, Francesco, 1304-1374)
- Sommario:
- La sequenza delle rime è la seguente: 1, 3, 2, 4-50, 52, 51, 53-79, 81-82, 80, 83-119, 122, 120, "Donna mi vene spesso nella mente", 123-242, 121, 243-339, 342, 340, 351-354, 350, 355, 359, 341, 343, 356, 344-349, 357-358, 360-366.
- Incipit testo:
- Voi ch'ascoltate in rime sparse el sono
- Explicit testo:
- ch'accolga il mio spirto ultimo im [sic] pace
- Nota:
- La ballata "Donna mi vene spesso nella mente" (f. 61r) venne sostituita da Petrarca nella versione definitiva dell'opera dal madrigale "Or vedi, amor, che giovenetta donna" (cfr. Rime disperse di Francesco Petrarca, p. 71; Petrarca, Canzoniere, I, p. 564-565). Al f. 109r, con il sonetto 263, termina la prima parte del Canzoniere: il resto del foglio viene infatti lasciato bianco e la seconda parte della raccolta, introdotta dal sonetto 264 (che infatti si apre con un'iniziale ornata), viene trascitta a partire dal f. 109v. Al f. 150v in calce: "Francisci Petr(ar)ce poetae clarissimi triumphorum [sic] et cantilenarum liber foeliciter explicit".
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
- Bibliography:
- Cf. Wilkins, On the Manuscripts of the Canzoniere, p. 439.
191r-197r
Vita di messer Francescho Petrarcha
- Locus:
- 191r-197r
- Titolo:
- Vita di messer Francescho Petrarcha
- Titolo uniforme:
- Vita di Francesco Petrarca (Bruni, Leonardo, 1369-1444)
- Incipit:
- Francescho Petrarcha huomo di grande ingegnio
- Explicit:
- chosi chome a chi non merita dare si puote
- Nota:
- Al f. 197r segue: "Finisce la vita di messer francescho petrarcha composta per messere lionardo darezzo [sic]".
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.
- Altro nome:
- Petrarca, Francesco, 1304-1374 [person]
- Fonte:
- IAM27.5
3r-9r
Tavola alfabetica delle rime del "Canzoniere" del Petrarca
197v
Epitaffio di Petrarca
- Locus:
- 197v
- Titolo supplito:
- Epitaffio di Petrarca
- Rubrica:
- Il detto poeta è seppellito ad Arquate in Longbardia [sic]. El suo epitaphio è questo scripto
- Incipit:
- Frigida Francisci lapis hic tegit
- Explicit:
- terris celi requiescat in arce
- Nota:
- Si tratta dell'epitaffio composto da Petrarca per la propria tomba ad Arquà e inciso sul suo sarcofago: "Frigida Francisci lapis hic tegit ossa Petrarce / Suscipe animam sate [sic] virgine parce / Fessaq(ue) iam terris celi requiescat in arce" (cf. A. Solerti, Le vite di Dante Petrarca Boccaccio, Milano 1904, p. 297, 319, 326, 355; I. Ruiz Arzalluz, Una lettura dell’epitaffio di Petrarca, in Giornale storico della letteratura italiana, 190 (2013), p. 413-432).
- Lingua:
- Italiano.
- Alfabeto:
- Latino.