Urb.lat.250
Informazioni sul manoscritto
- Resource type:
- Manuscript
- Collection:
- Urb.lat.
- Segnatura:
- Urb.lat.250
- Biblioteca:
- Biblioteca Apostolica Vaticana
- Datazione:
- sec. XV med
- Data inizio:
- 1451
- Data fine:
- 1474
- Paese:
- Italia
- Localita:
- Firenze
- Materiale:
- membr.
- Altezza:
- 335
- Larghezza:
- 221
- Numero fogli:
- II, 206
- Contenuto:
- "In hoc codice continetur Theophrastus de plantis ex graeco in latinum traductus" (f. 1v).
- Nota generale:
- Teofrasto, Historia plantarum e De causis plantarum, nella traduzione di Teodoro Gaza.
Descrizione
- Collazione:
- 21 fascicoli: 1-20 quinioni (ff. 2-11, 12-21, 22-31, 32-41, 42-51, 52-61, 62-71, 72-81, 82-91, 92-101, 102-111, 112-121, 122-131, 132-141, 142-151, 152-160, 161-170, 171-180, 181-190, 191-200), 21 ternione (ff. 201-[205]). Fogli di guardia membranacei (ff. [I]-1; f. 1v con antiporta miniata). Bianchi i ff. [I]r-v, 1r, 204v, [205]r-v.
- Impaginazione:
- Testo a piena pagina; rr. 34/ll. 34, la scrittura inizia sopra la prima riga. Rigatura a secco (tipo Derolez 33). Presenta rigatura anche il f. 205, bianco. Specchio rigato (f. 16r): 335 (39+206+90) x 231 (25+8+129+7+62) mm. Visibili otto fori di squadratura in corrispondenza delle righe di giustificazione lungo i margini superiore e inferiore (es. f. 171); talvolta visibili soltanto i quattro nel margine superiore (es. f. 169) o i quattro nel margine inferiore (es. ff. 114). Fori di guida lungo il margine esterno visibili sulla maggior parte dei fogli (es. ff. 16, 22).
- Foliazione:
- Manuale, apposta in inchiostro bruno nell’angolo superiore destro dei ff. 1-204; ripetuta la numerazione dei ff. 153 e 203; ff. [I] e [205] non numerati. Tracce di una ulteriore numerazione nell’angolo inferiore esterno, visibile solo su pochi fogli perché quasi completamente eliminata dalla rifilatura: ai ff. 44, 54, 55 e 75 si scorgono rispettivamente i numeri 23, 28, 29 e 39. Potrebbe trattarsi di una numerazione che si sussegue soltanto sui fogli che costituiscono la prima metà del fascicolo.
- Scrittura - Nota:
- Umanistica di unica mano, che si firma «Φ.H.» (f. 204r). Albinia De la Mare la riconosce in altri 7 manoscritti, tra i quali l’Urb. lat. 65 (privo di sottoscrizione). Egli utilizzò anche altre lettere dell’alfabeto greco nei colophon, quali «Φ.H.B.», «Φ.H.S.» o «Φ.B.H.» (De la Mare, New research, p. 526 nr. 58). Probabilmente fu attivo a Firenze fra il 1460 e il 1470 circa (Derolez, La codicologie des manuscrits, I, p. 158 nr. 359). Alla sua mano è stato attribuito anche il codice fiorentino Banco Rari 48 (Miriello - Russo, Il copista del Banco Rari 48, p. 118-119). Il codice presenta frequenti notabilia.
- Decorazione - Nota:
- 1 antiporta (f. 1v, mm 210), all’interno di una decorazione floreale policroma (porpora, blu, giallo) con sottilissima filigrana in inchiostro bruno e globi aurei cigliati è presente un clipeo (mm 113) laureato in blu rialzato in oro, isolato da un doppio listello in lamina metallica aurea, e mostra il contenuto del ms., in capitale alternativamente in blu e in oro. 1 pagina di incipit (f. 2r) occupata su tre margini da un fregio a bianchi girari su fondo policromo (rosso, blu, verde) percorso da un doppio listello in lamina metallica aurea che si apre a bas-de-page in un clipeo laureato, affiancato da due putti alati, con lo stemma bandato feltresco sorretto dall’aquila; la pagina si completa della rubrica in capitale alternativamente in oro e in blu. 18 iniziali maggiori accompagnate da scrittura distintiva (mm 45x45, media), 1 con corpo in foglia d’oro su campo in blu decorato con filamenti in oro e perle in argento e abitata da un cane all’interno di un paesaggio campestre (f. 2r), 17 a bianchi girari su fondo policromo (rosso, blu, verde) e con corpo in foglia d’oro consistente (ff. 3r, 6r, 19r, 26r, 41v, 58v, 66v, 74r, 85r, 95r, 108v, 109r, 127v, 145v, 161v, 173v, 188r). 1 iniziale media (f. 6v, mm 15x15) campita in porpora e in blu con decorazioni a biacca e corpo in foglia d’oro; rubricati incipit ed explicit.
- Legatura -Nota:
- Coperta in pergamena tinta di verde priva di decorazione, su quadranti di cartone, restaurata in corrispondenza del dorso. Dorso a 6 compartimenti, delimitati da 5 nervi doppi. Nel primo compartimento antica segnatura “399 / VR∙B∙” (cf. Storia) impressa in oro; nel terzo e nel quinto elementi araldici (due spade passate in croce di S. Andrea sormontate da una cometa) dello stemma del card. Bibliotecario (1681-1693) Lorenzo Brancati di Lauria; nel quarto e nel sesto elementi araldici (il leone e l’aquila) dello stemma di Innocenzo XI (1676-1689). La legatura è dunque databile agli anni 1681-1689. Tagli dorati. Sulla controguardia posteriore tassello cartaceo con indicazione di restauro eseguito dal Laboratorio della Biblioteca Vaticana nel 1992. L’“Indice vecchio” descrive una legatura «In Viridi» (cf. Storia).
- Segnature di fascicoli:
- Segnatura a registro nell’angolo inferiore destro del recto dei fogli che compongono la prima metà dei fascicoli, quasi completamente eliminata dalla rifilatura, del tipo f1-[f5] (ff. 52-56), [g1]-[g5] (ff. 62-66). Inoltre i fascicoli sono contrassegnati da lettere dell’alfabeto, precedute e seguite da un punto, sul verso dell’ultimo foglio di ciascun fascicolo, nell’angolo inferiore interno entro la colonnina, del tipo .A. (f. 11v), .B. (f. 21v), ecc., fino a .V. (f. 200v).
- Verba reclamantia:
- Assenti.
- Stemma:
- Araldica di Federico da Montefeltro: f. 2r, bandato d’azzurro e d’oro di 6 pezzi, ma privo dell’aquila di nero sulla prima banda d’oro.
- Nota:
- L'Urb. lat. 250 è uno degli 8 manoscritti che contengono l'opera di Teofrasto nella traduzione di Teodoro Gaza. Einarson propone uno "stemma codicum" di questi 8 testimoni, in cui l'Urb. lat. 250 viene denominato Gur (cf. Einarson, Notes on Urbinas Graecus 61, p. 136). Tra i più antichi c'è un altro codice vaticano, il Chig. F.VIII.193, che rimase in possesso del Gaza anche dopo aver terminato la traduzione nel 1451 e sul quale sono visibili le correzioni da lui apposte nei margini (cf. Bianca, Gaza, Teodoro, p. 737-746). L'editio princeps del Teofrasto di Gaza fu stampata a Treviso nel 1483 (IGI 9508; GW M45920; ISTC (Uk-IS)it00155000; BAVIC VcBA 11015433). and Per questo ms. cf. anche E. Ponzi, Urb. lat. 250, in Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. II. I manoscritti Urbinati, a cura di S. Maddalo - E. Ponzi, con la collaborazione di C. Paniccia, Città del Vaticano (Studi e testi), in corso di elaborazione.
- Lingua:
- Latino.
- Alfabeto:
- Latino.
- Colophon:
- Al f. 204r: "Finis Deo gratias Φ.H.".
- Storia:
- Il codice è appartenuto a Federico da Montefeltro, il cui stemma bandato è presente al f. 2r, ed è registrato nel cosiddetto “Indice vecchio”, compilato intorno al 1487 dal bibliotecario Agapito (Urb. lat. 1761, f. 33v: «Theophrastus de plantis a Theodoro Tessalonicense Conversus e Graeco In latinum, et Nicolao V pont. max. Dicatus. Codex ornatus In Viridi»; edito in Stornajolo, Cod. Urb. Graeci, p. XCI, nr. 231). La collezione dei duchi di Urbino giunse in Vaticana nel 1657. L’antica segnatura “399”, impressa in oro nel primo compartimento del dorso (e poi depennata) e segnata a penna a f. 2r nell’angolo superiore interno, è da riferire all’inventario vaticano di Stefano Gradi (Urb. lat. 1388, f. 44r; cf. Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1001-1779, p. V). Timbri della Biblioteca Apostolica Vaticana ai ff. 1r, 2r, 204r.
- Bibliography:
- Stornajolo, Cod. Urb. Lat. 1-500, p. 239-240. Cf. Schmitt, Theophrastus, p. 239-322, in particolare p. 266-268, 273.
- Altro nome:
- Federico da Montefeltro, duca d'Urbino, 1422-1482 [owner]
Innocentius PP. XI, b., 1611-1689 [person]
Brancati, Lorenzo, card., 1612-1693 [person]
Φ.H., sec. XV [scribe]
Scuola di Mariano del Buono [artist]
Testo del curatore
L’Urb. lat. 250 è un codice di medio formato confezionato con una pergamena di buona qualità molto ben lavorata. Già ad apertura, esso rende immediatamente visibile la sua appartenenza alla libraria di Federico da Montefeltro: come accade infatti per la grande maggioranza dei codici del fondo Urbinate, il ms. presenta il dittico figurativo costituito dall’antiporta (f. 1v) e dalla pagina di incipit (f. 2r).
Incluso nel catalogo di Stornajolo (Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1-500, pp. 239-240), che dava anche una descrizione dell’apparato decorativo più ampia del consueto, il ms. è stato in seguito molto, ma sempre cursoriamente, citato all’interno del dibattito critico (Sconocchia, Codici di medicina, pp. 151, 173; Dykmans, La "Vita Pomponiana", p. 91; Manfredi, Note preliminari, p. 55; Peruzzi, «Lectissima politissimaque volumina», p. 394; Falaschi, Ross. 448, p. 729). Albinia de la Mare (de la Mare, New Research, p. 526, nr. 58; de la Mare, Vespasiano da Bisticci, p. 91; per le stesse questioni cfr. anche Miriello - Russo, Il copista, pp. 118-119) lo comprendeva in un elenco di codici vergati da un medesimo copista – tutti con un apparato decorativo riconducibile ad ambito fiorentino, ma miniati da botteghe sempre diverse – e Annarosa Garzelli assegnava il codice alla mano di Francesco Rosselli, pur senza sostanziare tale affermazione (Garzelli, I miniatori fiorentini di Federico, p. 128). Formatosi forse alla bottega di Francesco di Antonio del Chierico (1433-1484; Bollati, Francesco di Antonio del Chierico, pp. 228-232), dagli anni ’70 del Quattrocento egli entrò nella cerchia di miniatori al servizio di Vespasiano da Bisticci, che gli affidò un buon numero di codici destinati alla biblioteca di Federico da Montefeltro. Impegnato nell’arte orafa, nella cartografia, forse anche nella pittura di grande formato (Galizzi, Rosselli, Francesco, p. 914), l’artista elaborò un linguaggio basato sul mescolarsi di tali interessi. È per questi motivi che la proposta di Annarosa Garzelli appare difficile da accogliere: nell’Urb. lat. 250 non è presente infatti alcuno degli stilemi che caratterizzano il parlare rosselliano – o della sua bottega, anch’essa molto prolifica –, fatto che diventa evidente se si confronta la pagina di incipit del Teofrasto con altri mss. ugualmente conservati nel fondo Urbinate e di pressoché sicura paternità di Rosselli (cfr. ad esempio Urb. lat. 52, Urb. lat. 277 o alcuni esemplari à la Rosselli, cfr. Urb. lat. 400, Urb. lat. 416, Urb. lat. 441).
Pur nell’impossibilità di proporre un’attribuzione di una qualche sostanza, si potrebbe forse suggerire per l’Urb. lat. 250 un’origine nell’ambito della bottega di Mariano del Buono (Miniatura fiorentina del Rinascimento, pp. 191-195; cfr. Galizzi, Mariano del Buono, pp. 727-730; Labriola, Repertorio dei miniatori fiorentini, p. 229), per l’esecuzione di bianchi girari vivaci che si risolvono in terminazioni allungate, ‘spinose’, eccedenti rispetto al perimetro del fregio; per la realizzazione di puttini dal ventre particolarmente prominente o, ancora, per il peculiare utilizzo della decorazione floreale policroma in aggiunta agli intrecci. Elementi che si osservano nel Teofrasto urbinate, nel quale i bianchi girari di f. 2r dialogano con la corona in minutissima filigrana a inchiostro bruno e fiori policromi, punteggiata da globi aurei cigliati, replicati nelle terminazioni della cornice nella pagina di incipit. La realizzazione del ms. si può comunque collocare in un intervallo temporale che va dalla fine degli anni ’60 ai primi anni ’70, di certo prima del 1474, anno in cui Federico acquisisce la dignità ducale, di cui però non vi è traccia nell’Urb. lat. 250, contrassegnato dallo stemma bandato feltresco. Esso, eseguito in maniera approssimativa, compresso entro lo spazio circolare del clipeo laureato, suggerisce per il ms. la natura di oggetto ‘in serie’, risultato di un processo produttivo molto comune nelle botteghe fiorentine del Quattrocento, condiviso anche da Vespasiano da Bisticci: si confezionava un certo numero di esemplari contenenti una data opera, completi in ogni loro parte, tranne che nella qualificazione araldica, definita in una seconda fase, al momento dell’acquisto o del dono.
Ugualmente complessa è l’associazione a un nome per l’esecuzione del cane all’interno della Q di Quam magna exultare a f. 2r, così come di non facile comprensione sono le ragioni di tale scelta figurativa. Il cane è descritto nei bestiari come animale ambivalente, con caratteristiche positive – fedele, coraggioso, intelligente, con un’acuta memoria –, ma anche negative – lussurioso, empio, impuro –, che acquistano enfasi di volta in volta, in rapporto al contesto e alla collocazione cronologica (nell’Alto Medioevo, prevaleva generalmente una avversa connotazione dell’animale, mentre alle soglie dell’età moderna la lettura era opposta, cfr. Pastoureau, Bestiaires du Moyen Âge, pp. 123-125). Mi chiedo, tuttavia, quale possa essere l’attinenza tra l’immagine nell’iniziale Q e il quadro entro cui essa si presenta; da una rapida indagine sulla tradizione miniata del Teofrasto di Teodoro Gaza non emergono casi analoghi, né sembra adombrarsi alcun collegamento diretto con il testo – se collegamento vi è, non è in ogni caso di immediata comprensione.
Particolarmente interessante, ulteriore e significativo indizio dei rapporti di Vespasiano con l’intellighenzia dell’epoca, è infine la notizia riportata da Dykmans (Dykmans, La "Vita Pomponiana", p. 91), per la quale il ms. urbinate fu esemplato direttamente sull’originale offerto da Teodoro Gaza a papa Niccolò V (1447-1455).
Descrizioni interne
2r-6r
Theodori Thessalonicensis praefatio ad Nicolaum quintum summum pontificem in Theophrastum de plantis ex graeco in latinum per eum traductum
- Locus:
- 2r-6r
- Titolo:
- Theodori Thessalonicensis praefatio ad Nicolaum quintum summum pontificem in Theophrastum de plantis ex graeco in latinum per eum traductum
- Incipit testo:
- Praefandum illud Heracliti dictum arbitror (f. 3r)
- Incipit dedica:
- Quam magna exultare laetitia possint homines (f. 2r)
- Explicit testo:
- noster hic labor pariat hominibus facias (f. 6r)
- Explicit dedica:
- deum piissime invoca(n)tes opus incepimus (f. 3r)
- Lingua:
- Latino.
- Alfabeto:
- Latino.
- Altro nome:
- Nicolaus PP. V, 1399-1455 [dedicatee]
6r-108v
Theodori Tessalonicensis translatio in libros Theophrasti de plantis incipit ad Nicolaum V summi pontificis
- Locus:
- 6r-108v
- Titolo:
- Theodori Tessalonicensis translatio in libros Theophrasti de plantis incipit ad Nicolaum V summi pontificis
- Titolo uniforme:
- Historia plantarum (Theophrastus, c. 371-c. 286 a.C.). Latino
- Incipit:
- Plantarum differentias reliquamq(ue) naturam ex partibus
- Explicit:
- magna ex parte vocare herbarii solent
- Nota:
- Al f. 108v, rubricato: "In originali sum(m)i pontificis Nicolai quinti iste liber decimus non habebat(ur) nisi inceptus sicuti et hic quia et in greco non reperiebat(ur) a translatore Theodoro scilicet Thessalonicensi. Ex cuius quidem primo et originali supradicto pontifici p(rese)ntato hec sum(m)a de historia plantar(um) et de causis earundem tra(n)scripta est".
- Lingua:
- Latino.
- Alfabeto:
- Latino.
- Altro nome:
- Gaza, Theodorus, c. 1400-c. 1475 [translator]
Nicolaus PP. V, 1399-1455 [dedicatee]
109r-204r
Theofrasti de causis plantarum
- Locus:
- 109r-204r
- Titolo:
- Theofrasti de causis plantarum
- Titolo uniforme:
- De causis plantarum (Theophrastus, c. 371-c. 286 a.C.). Latino
- Incipit:
- Plantar(um) complures esse generationes
- Explicit:
- per se explana(r)i dignius (sic) est
- Lingua:
- Latino.
- Alfabeto:
- Latino.
- Altro nome:
- Gaza, Theodorus, c. 1400-c. 1475 [translator]