La Biblioteca di un 'principe umanista' Federico da Montefeltro e i suoi manoscritti [di M.G. Critelli]

La biblioteca di Federico da Montefeltro (1422-1482), dapprima conte (dal 1444), poi duca (dal 1474) di Urbino, è eccezionale non solo per la consistenza raggiunta – circa 900 manoscritti –, ma anche per il pregio dei singoli volumi, esemplati da copisti e miniatori tra i più raffinati dell’epoca.

Il percorso, attraverso la descrizione di una selezione di manoscritti, intende illustrare le caratteristiche principali della collezione, mirabile esempio di biblioteca signorile quattrocentesca.

La raccolta è oggi conservata pressoché nella sua interezza in Biblioteca Vaticana, dove giunse nel 1657, quando la comunità di Urbino fu indotta a deliberare la cessione della biblioteca manoscritta a papa Alessandro VII (1655-1667).

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Urb. lat. 508, controguardia anteriore

La Vaticana custodisce dunque la raccolta organizzata da Federico tra gli anni Sessanta del Quattrocento e il 1482 e i successivi accrescimenti, voluti principalmente dall’ultimo signore del ducato urbinate, Francesco Maria II Della Rovere (1549-1631). Poche risultano le dispersioni prima del trasferimento a Roma (cfr. Legature), mentre al contrario, dopo l’arrivo in Vaticana, tra i codici urbinati furono accolti anche manoscritti estranei alla raccolta originaria, in particolare nel fondo latino, considerato “aperto” fino a tutto il Settecento.

Nella biblioteca dei papi la collezione dei duchi di Urbino fu suddivisa in fondi distinti secondo un criterio alfabetico: Urbinati latini (oggi 1.779 segnature), Urbinati greci (oggi 165 segnature), Urbinati ebraici (oggi 59 segnature); sei manoscritti arabi furono inseriti nel fondo arabo aperto (ora Vat. ar. 155, 212, 216, 221, 228, 229). La significativa presenza di queste due ultime lingue è cosa rara nelle biblioteche signorili dell’epoca, collezioni solitamente bilingui. La sezione latina è tuttavia certamente la più consistente ; essa accoglie anche traduzioni dal greco e testi in volgare italiano, che ha ormai conquistato lo status di lingua dotta.

La presenza di diversi antichi inventari giunti sino a noi permette di seguire le vicende della collezione quattrocentesca fino alla riorganizzazione vaticana. Il più antico di essi, il cosiddetto Indice vecchio, databile agli anni Ottanta del secolo XV, fotografa la raccolta al momento della morte di Federico.