La maiuscola ogivale
Il terzo e ultimo canone della maiuscola greca antica viene oggi comunemente chiamato "ogivale", termine che si riferisce semplicemente alla forma di molte delle sue lettere, a scapito della vecchia denominazione "slavo": come nel caso della maiuscola "copta", anche qui la vecchia denominazione risulta impropria in quanto la scrittura cirillica deriva da una variante di questa maiuscola greca, non viceversa. Fra le suo caratteristiche si notino:
- un contrasto forte e binario fra pieni e filetti, per cui i tratti verticali e discendenti sono spessi e gli altri sono sottili;
- curve spezzate, spesso ad angoli acuti, specialmente al'apice e alla base delle lettere;
- la forma ogivale (o piuttosto a ovale spezzato) delle quattro lettere che, nella maiuscola biblica, sono circolari (epsilon, theta, omicron, sigma);
- schema bilineare che viene oltrepassato dai tratti discendenti di rho e di hypsilon; dai tratti ascendenti e discendenti di phi e di psi, spesso anche dai tratti inferiori di zeta e di csi e dal tratto sinistro inferiore (o da entrambi i tratti inferiori) di chi;
- presenza di apici triangolari, specialmente alle estremità dei tratti orizzontali come quelli di tau e di theta (il quale si estende oltre la parte ovale della lettera sui due lati), il tratto inferiore di delta (che si estende oltre i due tratti obliqui sui due lati), e l'estremità destra del tratto orizzontale di gamma e del tratto orizzontale inferiore di zeta e di csi. Gli apici sono assenti quando l'estremità del tratto orizzontale incontra un altro tratto (come avviene per i tratti orizzontali di pi e di eta, i quali non si estendono oltre i tratti verticali).
Quest'ultima caratteristica, che risulta in realtà una innovazione relativamente recente (forse dal VII secolo in poi) e non un attributo essenziale del canone, contribuisce molto a conferirgli l'aspetto "slavo" da cui derivava il vecchio nome di questa scrittura.
Si distinguono due varianti di questa scrittura, una con asse verticale ("maiuscola ogivale diritta") e una con asse inclinato ("maiuscola ogivale inclinata"). Entrambe le varianti si possono osservare qui sotto nel Vat. gr. 749, del IX secolo, dove il testo del libro di Giobbe è scritto in maiuscola ogivale inclinata, mentre il commentario marginale (o "catena" e cioè raccolta di commenti di autori patristici) è in maiuscola ogivale diritta.
Vat. gr. 749 pt. 2 (schermata iniziale: f. 122v, Giobbe 19:12-13)
Una volta si pensava che il tipo inclinato fosse stato quello più antico e che fosse stato sostituito dal tipo diritto intorno al V secolo d.C. In realtà si usarono contemporaneamente, come si vede nell'immagine qui sopra, ed è stata la mancanza di esemplari datati a dare luogo a questa e ad altre teorie poco attendibili. Una ricostruzione più plausibile è quella proposta da E. Crisci in un importante articolo pubblicato nel 1985 ("La Maiuscola ogivale diritta: origini, tipologie, dislocazioni", Scrittura e civiltà 9, pp. 103-145), secondo la quale entrambi I tipi di svilupparono in parallela a partire da scritture come quella che vediamo nel famoso Papiro di Bacchilide del II sec. d.C. (l'idea era già stata suggerita da Cavallo, in "Note sulla scrittura greca libraria dei papiri", Scriptorium 26 [1972], p. 73 = Il Calamo …, p. 103). La questione delle origini è comunque meramente teorica; più pratica è quella della possibilità o meno di datare in modo credibile i manoscritti vergati con questa scrittura. Sia Cavallo (in Ricerche..., pp. 117-121, a proposito della variante inclinata) che Crisci (a proposito della variante diritta, nell'articolo già citato, p. 120) ipotizzarono uno sviluppo che si può riassumere dicendo che si passò da un primo periodo caratterizzato da minore contrasto fra pieni e filetti e da minore frequenza di apici a un crescente "manierismo" con una sempre maggiore prevalenza di tali caratteristiche, particolarmente dal VII secolo in poi. Come per la ricostruzione dello sviluppo della maiuscola biblica da parte di Cavallo, anche qui si deve riconoscere che la ricostruzione risulta plausibile ma che è difficile citare a suo sostegno dati precisi, per mancanza di esemplari datati o sicuramente databili (si vedano tuttavia gli elenchi di manoscritti datati o databili nell'articolo di Crisci, pp. 117-118; e ora anche in P. Orsini, "La maiuscola ogivale inclinata. Contributo preliminare", Scripta 9 [2016], pp. 89-116:96-98; 104-105). Senz'altro un confronto fra il Vat. gr. 1291 (sicuramente databile al periodo fra 813 e 820 d.C.) e il Vat. gr. 354 (949 d.C.) fa emergere il maggiore "manierismo" del secondo manoscritto, come si può verificare qui sotto.
(a sinistra) Vat. gr. 1291 (813-820 d.C.) (schermata iniziale: f. 91v); (a destra) Vat. gr. 354 (949 d.C.) (schermata iniziale: f. 24v).
Tuttavia, le differenze fra queste due scritture potrebbero anche dipendere dagli stili personali dei due scribi o essere dovute anche a tanti altri fattori, ad es. il fatto che il primo manoscritto è una collezione di tavole astronomiche mentre il secondo reca un testo letterario; potrebbe giocare un ruolo anche il fatto che il primo manoscritto fu quasi certamente vergato a Costantinopoli, mentre il secondo è di probabile origine provinciale. Cogliamo l'occasione per aggiungere che vi sono stati tentativi di assegnare origini geografiche ai manoscritti in maiuscola ogivale e specialmente a quelli che ne presentano la variante inclinata: si sono basati principalmente su osservazioni sull'angolo di inclinazione, ponendo nella parte occidentale dell'impero bizantino gli esemplari meno inclinati e nella parte orientale gli esemplari più inclinati. Questi tentativi non sono giunti a risultati del tutto convincenti, come spiegato in dettaglio da Orsini nel già menzionato articolo, alle pp. 112-116. Di fatto, come osserva Orsini (p. 93), l'idea stessa di collocare le scritture in vari punti del preconcepito arco di sviluppo che si attribuisce a un "canone", procedendo sempre "dalle semplicità delle origini ad una sempre maggiore complessità ed artificiosità", come negli approcci sia di Crisci per l'ogivale che di Cavallo per la biblica, risulta problematica, come riconosciuto recentemente dallo stesso Cavallo (La Scrittura greca e latina dei papiri, p. 15) e anche, almeno implicitamente, dallo stesso Crisci (nel libro che scrisse insieme a P. Degni, La scrittura greca dall'antichità all'epoca della stampa, pp. 112-118). Rimane il fatto che, nell'assenza obiettiva di dati sicuri, gli archi di sviluppo proposti da questi studiosi possono considerarsi plausibili e utili indicazioni di massima per la datazione delle maiuscole antiche, il che significa, per l'ogivale, che le scritture con apici prominenti e con marcato contrasto fra pieni e filetti possono considerarsi probabilmente più recenti delle altre.
Per la lettura e la trascrizione della maiuscola ogivale, si veda il Vat. gr. 2066