9. LE SCRITTURE DELLA TARDA ETÀ DEI PALEOLOGI (FINE XIII SECOLO– XIV SECOLO)
Il "Rinascimento paleologo" che abbiamo brevemente citato nella pagina precedente era in effetti relativamente modesto in termini materiali, ma fu un periodo di notevoli risultati culturali, specialmente nel campo della filologia. La nuova situazione si riflette nelle scritture di questo periodo in quanto si trovano ormai pochissimi sontuosi manoscritti vergati in scritture formali che fanno riferimento a questo o a quello stile, mentre d'altra parte il fenomeno delle "scholarly hands" (si potrebbe parlare anche di "scribi eruditi"), che abbiamo visto emergere nel XIII secolo accanto a quello degli "scribi-burocrati", ora diventa ancora più diffuso. Poiché la produzione di libri è ormai una cosa più privata che istituzionale, studiare la paleografia di questo periodo vuol dire imparare a riconoscere la scrittura personale dei singoli scribi, anziché riconoscere gli stili di scrittura.
A. Scribi eruditi e circoli eruditi
Un altro aspetto interessante di questa "deistituzionalizzazione" della produzione libraria è la proliferazione di "circoli eruditi" (per mancanza di un termine migliore): possiamo vedere diversi gruppi di scribi lavorare insieme e condividere progetti eruditi, non, tuttavia, in un contesto monastico, né in un (formale) contesto didattico, ma piuttosto in contesti simili ai "literary salons and coteries" immaginati per primo da I. Ševčenko ("Società e vita intellettuale nel XIV secolo" in Actes du XIVe Congrès…, pp. 69-92:70) e recentemente ricostruite in modo più dettagliato da G. Cavallo ("Sodalizi eruditi e pratiche di scrittura a Bisanzio", in Bilan et perspectives ..., pp. 645-665) e da D. Bianconi (specialmente in "Eracle e Iolao [... ] ", BZ 96 (2003), pp. 521-558). Questi "circoli" informali non sono effettivamente citati nella letteratura contemporanea, ma la loro esistenza può essere dedotta dalle osservazioni paleografiche.
I due "scribi eruditi" più importanti di questo periodo sono Massimo Planude (1255 ca.-1305 ca.) e Demetrio Triclinio (1280 ca.-1340 ca.). Per ulteriori informazioni su di loro (e anche sugli studiosi bizantini di epoche precedenti), una guida indispensabile è il libro Scholars of Byzantium di N. Wilson.
Massimo Planude (RGK 1.259bis; 2.357) è conosciuto come autore di una grande varietà di opere teologiche, grammaticali e poetiche, e soprattutto come il compilatore dell'Antologia "Planudea". La sua copia autografa dell'Antologia è conservata nel Marc. gr. 481 (datato all'anno 1299; Turyn, Italy, tavv. 71-74), che è la fonte del campione qui sotto (seguendo il link al codice Marciano, si può navigare fino al f. 122v, dove si vede la sottoscrizione di Planude, che è tuttavia poco leggibile nella digitalizzazione).
In questo campione si vede come il polimorfismo delle scritture di età paleologa renda difficile la caratterizzazione e l'identificazione delle scritture "erudite" di questo periodo. Ad esempio, nelle ultime tre righe della colonna di sinistra, ci sono tre diverse forme della sola lettera beta (una grande beta di tipo "Stile beta-gamma" nell'ultima riga [βοώμενα]; una beta bilobulare nella penultima riga [βασιλῆϊ] e una piccola beta a forma di cuore nella riga sopra [πρεσβήϊα]). (En passant, si vede qui anche una caratteristica comune dei manoscritti poetici bizantini, e cioè il fatto che le righe si leggono attraverso la pagina anziché lungo le colonne: in questo caso, Anth. Gr. 9.656 inizia con la prima riga della colonna di destra [Οἶκος Ἀναστασίοιο…], continua nella seconda riga della colonna di sinistra [μοῦνος ὑπερτέλλω…], e così via.)
Demetrio Triclinio (RGK 1.104; 2.136; 3.170) fu probabilmente il più grande filologo bizantino di questo (o addirittura di qualsiasi) periodo, essendo stato il primo studioso fin dall'antichità a conoscere in modo alquanto approfondito la metrica della poesia greca antica, e in molti modi un precursore della moderna metodologia filologica. Il suo primo manoscritto datato è l'Oxon. New College 258 (non ancora digitalizzato; si veda Turyn, Great Britain, tav. 49), datato all'anno 1308 (quando ancora si chiamava Δημήτριος Τρικλίνης; in seguito preferì la forma Τρικλίνιος). Di particolare interesse per la scrittura di Triclinio è il Marc. gr. 464 (Turyn, Italy, tavv. 96-99), di cui una parte (ff. 20r-78r) è stata sottoscritta a f. 78r nel 1316, mentre un'altra parte (ff. 78v-218r) fu sottoscritta a f. 218r nel 1319. Il Turyn notò, nel commento alle sue tavole, che Triclinio utilizzava spiriti tondi nella parte più antica del manoscritto (così come nel manoscritto di Oxford risalente al 1308) e spiriti angolosi nella parte più recente. Le due sottoscrizioni del Marc. gr. 464 si vedono qui sotto, insieme a un piccolo campione dalla fine dei testi copiati.
Sembra infatti che Triclinio abbia fatto la scelta consapevole di usare gli spiriti angolosi (arcaizzanti) in una data fra il 1316 e il 1319, e che questo fatto possa servire da criterio per la datazione dei suoi manoscritti non datati. Un tale manoscritti è la prima parte (ff. 2-120) del Vat. gr. 1509, che è firmato (ma non datato) a f. 118r da un "Demetrio" che è generalmente riconosciuto come Demetrio Triclinio (l'identificazione fu proposta per la prima volta da N. Wilson in Gnomon 38 [1966], p. 337). Come si vede nel campione qui sotto, fa uso qui di spiriti tondi, il che indica una data precedente al 1319 (questo manoscritto è anche piuttosto insolito fra la produzione tricliniana per motivo del suo contenuto — il commento di Teodoreto sui profeti minori — poiché Triclinio dimostra altrove un interesse quasi esclusivo per la letteratura profana).
Fra le caratteristiche della scrittura di Demetrio Triclinio che si osservano in questi esempi vi è il generale aspetto ordinato della scrittura (soprattutto se paragonata alle tendenze barocche del periodo precedente); il modulo generalmente piccolo e coerente; una alpha maiuscola costituita da un tratto obliquo e, in posizione perpendicolare ad esso, un occhello allungato, essendo la lettera spesso posta sopra la linea se si trova alla fine di una parola (il Triclinio scrive anche un'altro tipo di alpha, minuscola e ordinaria); e una sigma lunata finale ingrandita (alternando anch'essa con una sigma minuscola del tutto normale).
Un esempio dei "circoli eruditi" di cui si è parlato sopra è fornito dall'Urb. gr. 125, una sorta di miscellanea storico-filosofica che include un po' di (pseudo-) Aristotele, molto Libanio, un po' di Filone e di Aristide, e poche pagine di vari altri autori (per lo più profani e per lo più in prosa). C'è anche, a f. 212r, un frammento poetico che si attribuisce a Paolo Silenziario, che si vede nel visualizzatore qui sotto.
Urb. gr. 125 (schermata iniziale: f. 212r)
Non vi sono sottoscrizioni esplicite nell'Urb. gr. 125, ma non meno di undici mani contemporanee sono state identificate in questo manoscritto, tutte appartenenti al periodo intorno alla fine del XIV secolo (si veda la descrizione nell'articolo già citato di D. Bianconi "Eracle e Iolao [...]", p. 532 n. 43), ed è chiaro che stavano collaborando in una specie di progetto comune. La maggior parte del volume fu copiato da Massimo Planude, che sembra essere stato in qualche modo il "capo" del progetto. A differenza di Triclinio, Planude era un monaco e un maestro di scuola, a Costantinopoli, e quindi non estraneo alle strutture istituzionali; ma è piuttosto difficile immaginare un ambiente istituzionale in cui il tipo di lavoro di squadra che vediamo nell'Urb. gr. 125 potrebbe essersi svolto. La ripartizione delle mani, secondo Bianconi, è la seguente:
Le mani dei collaboratori di Planude non sono identificate, ad eccezione di Giovanni Zaride, che appare anche altrove come collaboratore di Planude (come spiegato nell'articolo di Bianconi). Per uno di loro, tuttavia, lo scriba "I", che ha scritto solo f. 212r (che si vede nella schermata iniziale del visualizzatore qui sopra), N. Wilson propose nel 1981 una identificazione incerta e provvisoria con Demetrio Triclinio (in GRBS 22 [1981], p. 397). Wilson stesso notava alcune differenze tra la scrittura di Triclinio e quella di questo scriba, e sottolineava che "[i]n questo caso è quasi impossibile decidere se abbiamo a che fare con Triclinio oppure con varie altre persone che usavano scritture molto simili, presumibilmente perché erano suoi amici o allievi". Questa idea è stata ulteriormente sviluppata da I. Pérez Martín (nel suo contributo al convegno cremonese del 1998, pp. 311-331), che tentò di descrivere uno "stile di Salonicco" di cui la scrittura di Triclinio sarebbe stata solo un esempio (anche se molto importante). Gli studiosi successivi non hanno generalmente accettato l'identificazione dello scriba "I" con Triclinio (si confronti il campione qui sopra dal Vat. gr. 1509 con la scrittura del f. 212r dell'Urb. gr. 125); tuttavia, chiunque fosse, lo scriba "I" probabilmente aveva qualche legame con Triclinio a Salonicco, così come con Planude a Costantinopoli.
Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda l'Urb. gr. 125.
B. Stili (più) formali
Nonostante la tendenza all'individualismo che abbiamo notato sopra, nel quattordicesimo secolo ci sono altri due stili di scrittura più formali che rimangono da notare. Il primo è ancora un'altra scrittura il cui nome risale a Herbert Hunger, che notò che un certo numero di manoscritti contenenti le opere di Theodore Metochita risultano vergati da un unico, anonimo scriba, che per questo motivo proponeva di chiamare Metochitesschreiber; notò anche che altri manoscritti dello stesso autore condividevano uno stile simile a quello del Metochitesschreiber, che propose quindi di nominare Metochitesstil (prima in Geschichte der Textüberlieferung…, p. 102, poi in modo più dettagliato altrove; si veda in particolare l'articolo presentato al convegno del 1983 a Berlino- Wolfenbüttel, pp. 151-161). Lo stesso Hunger osservava che il suo Metochitesstil assomigliava a scritture attestate nei documenti della cancelleria imperiale dal 1280 fino alla metà del XIV secolo, e che lo stile era quindi probabilmente un altro esempio del fenomeno degli "scribi-burocrati". E infatti lo stesso Metochitesschreiber è stato poi identificato da E. Lamberz con un funzionario della cancelleria imperiale, di nome Michele Clostomalle (si veda il suo articolo nella Festschrift per Marcell Restle, pp. 155-165). La sua scrittura, che è altamente leggibile e caratterizzata da modulo piccolo, spaziatura regolare delle lettere, tendenza al bilinearismo e l'uso molto moderato di legature e abbreviazioni, si vede nel campione qui sotto dal Paris. gr. 2003.
Mentre il Metochitesstil viene principalmente adoperato per la copia di opere in prosa di contenuto sacro, si puo dire che fa parte di un gruppo di scritture sobrie, piccole e regolari del XIV secolo, prive di svolazzi barocchi, e che includono anche scritture come quella che si vede qui sotto, dal Vat. gr. 920, una raccolta di poesia profana.
Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Vat. gr. 920.
Infine, uno stile ben caratterizzato e arcaizzante, che si rinviene principalmente nei manoscritti liturgici del XIV secolo e che è associato al monastero costantinopolitano detto τῶν Ὁδηγῶν ed è per questo motivo noto con il nome di Hodegonstil, è stato identificato da L. Politis ("Eine Schreiberschule ... ", in BZ 51 [1958], pp. 17-36; 261-287; si veda anche, più recentemente, H. Hunger & O. Kresten, "Archaisierende Minuskel ... "in JÖB 29 (1980), pp. 187-236; nonché il contributo di H. Hunger al convegno del 1983 a Berlino- Wolfenbüttel, pp. 151-161:156-157). Anche questo stile è molto regolare e leggibile, con moderato contrasto modulare, tendenza alle forme geometriche e assenza quasi totale di abbreviazioni. Un campione dal Chig. R. V. 29, copiato da uno degli scribi più prolifici dello stile "Hodegon", di nome Ioasaf (RGK 1.208; 2.287; 3.344), si vede qui sotto.
Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Chig. R. V. 29.