Paleografia greca dall'Antichità al Rinascimento [di T. Janz]

8. LE SCRITTURE DEL XIII SECOLO

Il XIII secolo fu un periodo di declino per l'Impero bizantino. Il secolo si aprì con la Quarta Crociata, il cui scopo era stato la riconquista di Gerusalemme, ma che culminò invece nel sacco di Costantinopoli nel 1204, seguito dall'installazione sul Bosporo di un impero latino, mandando in esilio a Nicea (İznik moderna) l'intera corte bizantina, fino a quando non fu in grado di riconquistare la sua capitale nel 1261. Di seguito, l'Impero bizantino fu in grado di realizzare un "Rinascimento Paleologo" relativamente modesto sotto Michele VIII Paleologo e i suoi successori, ma non recuperò mai completamente la sua gloria precedente.

Si possono ammirare manoscritti datati del XIII e XIV secolo nelle riproduzioni di alta qualità, corredate da descrizioni dettagliate (sebbene ora un po' invecchiate) e disposte in ordine cronologico, delle tre opere di Alexander Turyn, che includono rispettivamente manoscritti ora conservati in Vaticana, nelle biblioteche italiane e in Gran Bretagna. Sfortunatamente, a differenza degli album di Lake, quelle di Turyn non sono ancora disponibili in formato digitale.

I manoscritti sicuramente databili al periodo di Nicea sono relativamente pochi; naturalmente, rispecchiano generalmente il contesto relativamente modesto in cui sono stati prodotti: tendono ad essere piccoli e a massimizzare l'uso dello spazio disponibile (lasciando piccoli spazi marginali e interlineari) e sono prevalentemente vergati su carta piuttosto che su pergamena. Anche un grande libro come la famosa Suda Vat. gr. 1296 (di cui si vede un campione qui sotto), vergato da uno scriba di nome Matteo nel 1205 d.C. (l'anno dopo il sacco di Costantinopoli), è cartaceo (anche se non presenta le tecniche salvaspazio appena menzionate). (A proposito, molti studiosi ritengono che questo manoscritto sia stato scritto nell'Italia meridionale, principalmente a causa della formula ὁ γράφων […] παραγράφει [espressione di umiltà da parte dello scriba, chiedendo indulgenza per il fatto che "lo scrittore (a volte) scrive male"], che si nota nella sottoscrizione a f. 551r e che, come notò Turyn [nel suo album dedicato alla Vaticana, n. 2, pp. 21-22], è comune nelle sottoscrizioni di manoscritti italo-greci; tuttavia, la scrittura non presenta caratteristiche specificamente italo-greche.) La scrittura mostra lo stesso tipo di miscela di elementi formali e corsivi che abbiamo visto in manoscritti del XII secolo, ma anche un fenomeno nuovo, che si svilupperà ulteriormente, man mano che passiamo ai tempi degli imperatori Paleologi, e cioè la comparsa di forme "moderne" per lettere come kappa (ad esempio le prime lettere nella prima e sesta riga nell'esempio seguente) e, soprattutto, ny (a forma di una "v" latina e ormai facilmente confondibile con hypsilon: si veda ad es. la parola σημαίνου|σαν, rr. 1-2 del campione).

Suda-Vat-gr-1296-f-306r.jpg
Dettaglio dal Vat. gr. 1296, f. 306r

Mentre gli scriptoria monastici dei tempi dei Paleologi continuavano a produrre libri di una certa eleganza (principalmente biblici o liturgici), spesso in uno stile arcaizzante che ricorda la Perlschrift, la maggior parte dei libri in questo periodo evidentemente non erano prodotti da calligrafi professionisti ma piuttosto da studiosi o da burocrati che copiavano i libri come attività secondaria. Forse a causa di quest'ultimo fattore, le scritture della fine del XIII e del XIV secolo tendono ad caratterizzarsi, ancora più di quelle che abbiamo visto nelle pagine precedenti, per fioriture e svolazzi tipici delle scritture documentarie e di cancelleria, e in particolare per ingrandimenti arbitrari di lettere specifiche — o, per dirla in altro modo, da un contrasto modulare che oscilla fra moderato ed estremo.

A. La Fettaugenmode

Lo sviluppo più notevole di questo periodo è l'apparizione della cosiddetta Fettaugenmode. Questo neologismo (proposto per la prima volta nel 1961 come Fettaugenstil, in Geschichte der Textüberlieferung…, p. 101) è un altro notevole contributo di Herbert Hunger alla terminologia paleografica; potrebbe essere tradotto come "moda delle bolle di grasso", e si riferisce all'effetto visivo complessivo di una pagina di scrittura in cui molte lettere circolari ingrandite (così come l'abbreviazione circolare per -ος), all'interno di una scrittura di modulo generalmente molto piccolo, evocano (se si vuole) l'aspetto della superficie di una ciotola di zuppa grassa. Lo si potrà vedere, con un piccolo sforzo di immaginazione, nell'immagine qui sotto, presa dal Vat. gr. 690, che fu vergato nel 1279 d.C. da uno scriba di nome Nicola Mesarite (RGK 3.506).

Fettaugen Vat gr 690 f 17r.jpg
Dettaglio dal Vat. gr. 690, f. 17r

Ripensandoci, come spiegava poi lo Hunger in un articolo più dettagliato (in BF 4 [1972], pp. 105-113), è apparso preferibile definire questo fenomeno una "moda" (tedesco Mode) anziché uno "stile", perché non esiste un insieme specifico di altre caratteristiche che lo accompagnano e che potrebbero prestarsi collettivamente a una definizione in quanto "stile". Scritture con lettere circolari ingrandite continuano a trovarsi nei primi due decenni del XIV secolo, ma questa "moda" nella sua forma più estrema si ritiene tipica del primo periodo dei Paleologi, e cioè degli ultimi decenni del XIII secolo.

Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Vat. gr. 690.

B. Lo Stile "Beta-Gamma"

La stessa tendenza all'estremo contrasto modulare sta dietro l'emergere della scrittura che N. Wilson (in uno dei suoi contributi al convegno parigino del 1974, pp. 263-7) propose di chiamare "Beta-Gamma Style", perché qui le lettere ingrandite sono principalmente beta e gamma. Questa scrittura ha requisiti migliori per essere definita uno "stile", in quanto (almeno "nella sua forma completamente sviluppata", per citare Wilson, p. 264), possiede altre caratteristiche che lo definiscono, oltre al modulo generalmente piccolo e allo spropositato ingrandimento di una beta vagamente a forma di cuore e di una gamma maiuscola arrotondata. Tra queste caratteristiche, Wilson ha individuato in particolare (1) la doppia curva nell'asta del rho e (2) la "forma angolosa ma dislocata della legatura epsilon-rho 'ad asso di picche'". Tutte queste caratteristiche si possono vedere nel campione qui sotto, tratto dal Vat. gr. 1332 (manoscritto non è esplicitamente datato; la legatura "ad asso di picche" si presenta nelle note interlineari piuttosto sbiadite, ad esempio sopra la terza riga nell'espressione τῆς περὶ τὴν θυσίαν γενομένης).

Oltre alle caratteristiche specifiche dello "stile beta-gamma" che si possono osservare qui, vale la pena notare alcune tendenze più generali che troveremo anche in altre scritture di questo periodo. Per quanto riguarda le forme delle lettere, oltre alle forme "moderne" di kappa e di ny che abbiamo già visto, vediamo qui anche una epsilon "moderna" (a forma di 3 all'indietro). Come in molte scritture da questo periodo in poi, questa epsilon tende a "reclinarsi" e cioè a ruotarsi in senso antiorario. Si noti inoltre che la "corsività" di questa scrittura si estende non solo alle lettere ma anche alle abbreviazioni, agli accenti e agli spiriti, come nella combinazione spirito dolce + accento acuto su ἔπειτα (r. 1); nella legatura di sigma con un circonflesso in βοῆς (r. 3); in quella di hypsilon con l'accento acuto in λύουσα (r. 4); o quella dell'abbreviazione omicron-hypsilon con l'accento circonflesso in Ἰσμηνοῦ (ultima riga).

Beta-Gamma-Vat-gr-1332-f-94r-3.jpg
Dettaglio dal Vat. gr. 1332, f. 94r (Eschilo, Septem adv. Thebas, 267-273)

Lo stile è in effetti assai riconoscibile, e si trova in manoscritti datati che vanno almeno dal 1253 d.C. (Vat. gr. 10 = tav. 14 nell'album vaticano di Turyn) al 1296 d.C. (almeno una delle mani del Vat. gr. 191 = tav. 61 nell'album vaticano di Turyn), ovvero in tutta la seconda metà del XIII secolo; secondo lo Wilson, questo stile non si trova in manoscritti vergati dopo il 1300.

Se lo "stile beta-gamma" debba essere considerato uno "stile" a sé stante o semplicemente "un'espressione della Fettaugenmode stessa" (così Crisci & Degni nel loro già citato libro, p. 188) rimane una questione aperta (e peraltro non di grandissima importanza). Esistono comunque numerosi manoscritti che presentano elementi di entrambi; un esempio è il Vat. gr. 1899, di cui si vede qui sotto un campione e che è uno dei pochi manoscritti bizantini che fu certamente vergato da una donna. Questo esemplare di Elio Aristide fu copiata da Teodora Raulena (circa 1240-1300), nipote dell'imperatore Michele VIII, fondatore della dinastia paleologa, fra il momento del suo matrimonio con Giovanni Raul Petralifa nel 1261 e quello della morte di Michele VIII nel 1282 (tale datazione fu escogitata da Turyn [nel suo album vaticano, n. 36, p. 64] sulla base dei dati ricavabili da quanto Teodora scrisse di sé stessa, a mo' di sottoscrizione, all'interno delle decorazioni in alto del f. 9r). La mano di Teodora include stravaganti beta e gamma, come nello "Stile beta-gamma", ma anche lettere circolari ingrandite (moderatamente), come nella Fettaugenmode. Inoltre, le forme "moderne" delle lettere che abbiamo già notato sono di nuovo presenti, e in particolare l'epsilon (ad esempio in ἐγὼ nella prima riga o ἐπαινεῖν nell'ultima) è talvolta ruotata indietro quasi al punto di confondersi con omega.

Beta-Gamma-1899-f-148r.jpg
Dettaglio dal Vat. gr. 1899, f. 148r

Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Vat. gr. 1899.

C. Scritture mimetiche di età paleologa

Si è detto che la Perlschrift non fu mai sostituita in quanto scrittura "standard" nell'area bizantina e che, nonostante lo sviluppo di nuovi stili nel periodo dei Paleologi, alcuni scribi (specialmente in contesti monastici) continuarono, fino al XIII secolo, a produrre libri eleganti in scritture formali che si possono collegare alla Perlschrift. Tali mani sono spesso chiamate "mimetiche", poiché sembrano tradire uno sforzo cosciente per imitare la scrittura di un tempo passato; e, come osservato da H. Hunger (Schreiben und Lesen ..., pp. 102-3), lo sforzo visibilmente richiesto da tale imitazione è probabilmente l'analogia migliore, nel campo della minuscola, per l'arco (e in particolare per la porzione finale, discendente dell'arco) dello sviluppo di un "canone" (se la Perlschrift è da considerarsi tale) del tipo che G. Cavallo è stato in grado di teorizzare in modo piuttosto convincente nel campo delle maiuscole greche. Ad ogni modo, quando l'imitazione ha successo, queste mani possono essere difficili da datare, sembrando più antiche di quanto non siano in realtà. Ad esempio, l'impressione generale prodotta dal campione seguente non è molto diversa da quella che sarebbe prodotta da una Perlschrift dell'XI secolo; tuttavia, questo manoscritto (Ott. gr. 426) è esplicitamente datato all'anno 1299/1300 (il nome dello scriba è Simone, RGK 3.575).

Mimetic-Ott-gr-426-f-27v.jpg
Dettaglio dall'Ott. gr. 426, f. 27v

Se si va oltre l'impressione generale e si studiano le singole lettere, si scoprono presto delle caratteristiche (oltre alla rigidità generale che tradisce di per sé l'imitazione) che sicuramente non si incontrerebbero in un vero manoscritto della Perlschrift del secolo XI, ad esempio l'epsilon a forma di 3 all'indietro; l'abbreviazione omicron-hypsilon scritta in linea come fosse una legatura; l'abbreviazione sovradimensionata di -ος (che fa pensare alla Fettaugenmode); e la beta dalla forma strana (che, sebbene non particolarmente grande, richiama comunque lo "stile beta-gamma" per la sua forma).

Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda l'Ott. gr. 426.