Paleografia greca dall'Antichità al Rinascimento [di T. Janz]

7. LE SCRITTURE INFORMALI E LE “SCHOLARLY HANDS” (FINE XI SECOLO – XII SECOLO)

Come abbiamo già visto, la scrittura dominante dell' "età d'oro" di Bisanzio, la Perlschrift, continuò in uso come scrittura libraria calligrafica fino al XII secolo. In realtà non fu mai "sostituita" da una scrittura successiva; bensì subì un'evoluzione (cui talvolta ci si riferisce in termini di "decadenza" o "dissoluzione") che comportava l'incorporazione di elementi corsivi e che sboccava infine negli stili piuttosto barocchi che si troveranno in molte scritture greche del Trecento. L'idea che si trattasse di uno sviluppo lineare, per cui una maggiore "corsività" sarebbe l'indicazione sicura di una data tardiva, è stata contestata in un importante contributo pubblicato da Nigel Wilson negli atti del convegno parigino del 1974 (p. 221-239), nel quale lo studioso inglese dimostrava che molti elementi corsivi erano già presenti nelle scritture dell'XI e del XII secolo, ma non tanto nei libri destinati al commercio librario, quanto nelle copie destinate ad uso privato; e che lo sfiorire di tali elementi nelle scritture informali corrispondeva strettamente a sviluppi paralleli nelle scritture datate notarili e cancelleresche dello stesso periodo. Ciò suggerisce da un lato che le origini di tale fenomeno vadano ricercate in uno smussamento della distinzione fra calligrafi professionisti e scribi burocratici (eventualmente dovuto, come suggeriva G. Cavallo [nel suo contributo agli atti del convegno cremonese del 1998, pp. 219-238: 236], a un apparente massiccio aumento della produzione libraria in quel periodo, con una conseguente, ipotetica carenza di scribi professionisti); e dall'altro che un certo numero di manoscritti che erano stati precedentemente datati al XIII o anche al XIV secolo erano in realtà esempi di "scholarly hands" del XII o addirittura dell'XI secolo (come effettivamente indicato esplicitamente in un certo numero di sottoscrizioni datate, la cui veridicità era stata precedentemente messa in dubbio per motivo dell'apparenza tardiva delle relative scritture).

Sta di fatto che, nella seconda metà del secolo XI e per tutto il XII, assistiamo all'incorporazione nelle scritture librarie, in misura maggiore o minore, di una varietà piuttosto sconcertante di elementi corsivi e di peculiarità stilistiche che risultano provenire dalle scritture burocratiche. Le principali caratteristiche che si trovano nelle scritture di questo tipo, a parte la tendenza generale ("corsiva") a unire le lettere (e i singoli tratti dellle lettere) in modi non sempre prevedibili, sono già state elencate da Wilson (p. 222), e cioè:

  • l'ingrandimento di specifiche lettere (lo Wilson menzionava in particolare gamma, kappa e tau, ma ogni scriba aveva le proprie abitudini);
  • l'ingrandimento delle abbreviazioni di alpha-iota, omicron-ny e omega-ny (e spesso anche dell'accento circonflesso, che aveva forma analoga quest'ultima);
  • la forma "aperta" delle abbreviazioni di sigma-tau e di epsilon-tau;
  • protrazione dell'accento grave (e dell'abbreviazione di omikron-nu, morfologicamente analoga) e del tratto obliquo discendente di alpha, producendo complessivamente l'effetto di una specie di schema quasi decorativo sull'intera pagina;
  • l'articolo maschile dativo τῶ realizzato in forma di una tau alta posto su una omega larga;
  • lettere occasionalmente ingrandite (specialmente epsilon, omikron e più tardi anche omega) che avvolgono una o due lettere successive (dalla fine del sec. XI in poi).

Tali caratteristiche possono essere più o meno vistose, e non sempre tutte compaiono in tutti gli esemplari. Sulla base delle osservazioni di Wilson, L. Perria e P. Canart tentarono una classificazione tipologica di queste scritture in un contributo pubblicato negli atti del convegno paleografico del 1983 tenutosi a Berlino-Wolfenbüttel (vol. 1, pp. 67-118 e vol. 2, pp. 51 -68; rist. in Canart, Études…, pp. 933-1000). Queste scritture presentano una grande varietà, con molte sottocategorie che comprendono solo pochi testimoni esistenti, per cui non è possibile studiarli tutti qui in dettaglio. Di seguito sono riportati alcuni esempi rappresentativi:

  • il Vat. gr. 65, contenente Isocrate, è un esempio di "scholarly hand", vergato da un notaio (βασιλικὸς νοτάριος) di nome Teodoro (RGK 3,219) nel 1063 d.C., probabilmente per uso proprio;
  • il Vat. gr. 504, contenente varie opere teologiche ed esegetiche, è un esempio di mano corsiveggiante che tuttavia non manca di pretese calligrafiche, copiato a Costantinopoli da un certo Ἰωάννης Χάλδης (RGK 3,313) nel 1105 d.C.;
  • il Vat. gr. 586, contenente opere di S. Giovanni Crisostomo, reca una scrittura molto elegante e stilizzata che tuttavia presenta molti elementi corsivi come quelli elencati sopra; l'intero volume (non solo i ff. 425-428, come indicato nel RGK) fu vergato nel 1124 d.C. da parte di un sacerdote di nome Niceta (RGK 3,490);
  • Il Vat. gr. 746, contenente l'Ottateuco (e cioè i primi otto libri della Bibbia), è vergato in una scrittura assai particolare che si trova anche in un gruppo di altri ottateuchi illuminati del secolo XII (tuttavia il codice vaticano non è esplicitamente datato); vi si nota una tendenza a ingrandire le lettere circolari (specialmente omicron e sigma) in un modo che diventerà più comune nella cosiddetta Fettaugenmode del secolo XIII.
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Dettaglio dal Vat. gr. 65, f. 171r
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Dettaglio dal Vat. gr. 504, f. 117r
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Dettaglio dal Vat. gr. 586, f. 37r
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Dettaglio dal Vat. gr. 746, f. 52v

Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si vedano Vat. gr. 65, Vat. gr. 504 e Vat. gr. 586.