Paleografia greca dall'Antichità al Rinascimento [di T. Janz]

2. INTRODUZIONE ALLE SCRITTURE MINUSCOLE

La stragrande maggioranza dei manoscritti greci medievali sono vergati in una scrittura quadrilineare, detta "minuscola", che è molto diversa dalla "maiuscola" che abbiamo visto nelle pagine precedenti. A differenza della maiuscola, la lettura della scrittura minuscola non è del tutto intuitiva per chi ha imparato a leggere il greco in libri a stampa. Sarà quindi necessario studiare l'alfabeto minuscolo prima di procedere alla decifrazione dei manoscritti che presentano tale scrittura. È ovvio che le forme e le descrizioni delle lettere presentate qui sotto si riferiscono a una specie di astrazione idealizzata della minuscola, la quale, quando si realizza concretamente in un manoscritto, incorpora sempre specifiche caratteristiche degli scribi o dei vari stili che si sono succeduti lungo I secoli (in altre parole, nessuno scriba ha mai scritto le lettere esattamente come vengono descritte qui sotto). Nelle pagine successive studieremo lo sviluppo diacronico della minuscola; qui cerchiamo di definire lo schema di base a cui si riferiscono tali sviluppi (per I commenti sulle singole lettere, si veda qui).

Mellon 03J Minuscule alphabet.jpg
L'alfabeto greco minuscolo. Per la spiegazione dei punti rossi e blu si veda qui sotto. Le parti delle lettere che appaiono come tratti intermittenti sono estensioni facoltative che si usavano per evitare le ambiguità o per facilitare le connessioni fra le lettere.

Le lettere si vedono qui come appaiono quando sono isolate (si noti che le code rivolte in alto sulla destra di alpha, beta, eta, lambda e my sono spesso incluse quando queste lettere si scrivono isolatamente). È tuttavia una caratteristica fondamentale della minuscola greca (specialmente nel confronto con la maiuscola) il fatto che le lettere di solito non si scrivono isolatamente ma incatenate in un flusso continuo che non si interrompe neanche alla fine di una parola (scriptio continua).

Il dettaglio del funzionamento di tale "incatenamento" diventerà chiaro con l'esperienza di trascrizione; qui si propone però una breve descrizione di massima che si riferisce all'illustrazione qui sopra con i punti rossi e blu. Le lettere si connettono solitamente le une alle altre collocandole in modo tale da far coincidere un punto al lato destro di una lettera con un punto al lato sinistro della lettera successiva (il punto su iota è da considerarsi posto al lato sinistro). Alcune lettere (e cioè zeta, iota, csi, omicron, rho, phi e omega) non hanno punti al lato destro: queste lettere normalmente non si connettono a destra. Due lettere (e cioè ny e hypsilon) hanno punti rossi a destra: queste si connettono necessariamente con un punto rosso al lato sinistro della lettera successiva; se la lettera successiva non ha un punto rosso a sinistra, le due lettere non si connettono. Vi sono anche alcune coppie di lettere i cui punti non si possono allineare (l'unica coppia di questo tipo che risulta frequente è epsilon-sigma) e che di conseguenza si dovranno scrivere senza connessione (tuttavia, il modo normale di scrivere la sequenza epsilon-sigma è con una legatura, come si dirà più avanti). Gli scribi possono anche omettere di connettere (e cioè lasciare un piccolo spazio fra) qualunque coppia di lettere, specialmente (ma non esclusivamente) quando la connessione creerebbe un "ingombro" fra le lettere (ad es. nella coppia chi-lambda). Si può osservare il funzionamento pratico del sistema nella frase qui sotto:

Mellon 03J Hippocrates with dots.jpg
Un aforismo ippocratico scritto in minuscola bizantina.

Salta all'occhio l'analogia fra minuscola e maiuscola greca da un lato, e dall'altro le categorie "stampatello" e "corsivo" delle nostre scritture odierne. L'analogia regge in termini dell'opposizione fra scrittura bilineare e scrittura quadrilineare; tuttavia è importante tenere presente che la minuscola greca non è di per sé "corsiva". Le scritture corsive (ivi compresa la nostra "corsiva" che si impara a scuola) sono quelle che permettono allo scrivente di tenere in contatto quasi costante con il supporto scrittorio la punta della penna, sollevandola soltanto di rado. Ad esempio, nella nostra "corsiva", volendo, si potrebbe scrivere arslongavitabrevis senza mai sollevare la punte della penna, tranne alla fine per aggiungere la traversa della t e i punti delle i. Esistono stili di minuscola greca (specialmente nei periodi più recenti) che sono davvero "corsivi" in questo senso; ma di solito nella scrittura libraria minuscola greca le lettere si tracciano separatamente, anzi in più tempi, anche se vengono poi collocate in modo da produrre una impressione di flusso continuo (lo stesso vale peraltro anche per molte scritture calligrafiche occidentali).

Per poter leggere un manoscritto in minuscola greca, oltre alle singole lettere, sarà necessario conoscere anche le legature. La legatura viene qui definita come un segno che rappresenta due lettere ma in cui non si riconoscono perfettamente le due lettere che lo compongono, in cui cioè almeno uno dei tratti che compongono le due lettere o viene modificato, o viene omesso, o risulta appartenere a entrambe le lettere contemporaneamente (N.B. alcuni paleografi riservano il termine "legatura" per quest'ultimo caso e usano il termine "nesso" con la definizione più generale che qui si attribuisce al termine "legatura"). A mo' di esempio, sarebbe molto insolito (anche se non inaudito) trovare in un manoscritto bizantino la sequenza epsilon-tau scritta così come appare nella frase qui sopra (nelle parole δε τεχνη); il modo normale di scrivere ετ è quello che si vede nella figura qui sotto, che include anche le altre legature che si trovano comunemente nella minuscola greca antica:

Mellon 03J Ligatures.jpg
Principali legature della minuscola greca antica

Per quanto riguarda la prima legature, oltre a gamma, anche chi puo formare legatura a sinistra con alpha in un modo simile. — Le prossime due non sono propriamente legature (secondo la definizione qui sopra) ma si includono qui perché si prestano a confusione; si noti che l'estensione "facoltativa" superiore di alpha viene inclusa per evitare l'impressione che la legatura includa una sigma (come nella legatura sigma-pi). Oltre ad alpha, anche eta e kappa possono formare simili legature a destra con pi o con tau. — Le tre legature con ny alla fine (εν, ην, υν) possono destare perplessità. Si può considerare che il tratto discenente di ny si avvolge in alto per incontrare la lettera precedente (che, nel caso preciso di ην, è la eta intera, compresa la parte "facoltativa" a destra); la legatura υν è in linea di massima identica alla sequenza (molto meno frequente) βυ, e per questo motivo gli scribi formano spesso quest'ultima sequenza in un modo particolare (includendo l'estensione superiore "facoltativa" di beta, allungando il tratto di giuntura, o semplicemente lasciando uno spazio fra le due lettere) per evitare la confusione. — I principianti confondono spesso la legatura ευ con ει. — La legatura per due sigma di seguito si confonde facilmente con la pi (si noti però che la legatura, come la sigma singola, non si connette a sinistra sulla linea alta, né si fonde con altre legature, come accade in altri casi, come si dirà). — La legatura per due tau di seguito è identica, in linea di massima, con la sequenza tau-gamma, la quale però non si realizza mai in greco. — I principianti prendono spesso la legatura υσ per la sequenza iota-sigma; bisogna ricordarsi che la iota non si connette a destra. — Si noti infine che le legature occasionalmente si fondono insieme, ad es. la sigma finale della legatura εσ può entrare in legatura con una pi successiva per formare εσπ (che è l'ultima legatura nella figura qui sopra); allo stesso modo επτ, εστ, ecc.

L'origine della minuscola greca è stata oggetto di molta speculazione. Essa sembra apparire dal nulla, già pienamente sviluppata, nei primi decenni del nono secolo, e comincia subito a sostituire come abituale scrittura greca libraria gli antichi canoni della maiuscola. In realtà non vi è dubbio che questa scrittura libraria prenda le sue origini da scritture informali e corsive che erano state in uso (non, tuttavia, come scritture librarie) per molti secoli prima del nono; risulta peraltro probabile che il monastero studita di Costantinopoli (di cui si parlerà più a lungo nella pagina successiva) abbia giocato un ruolo di primo piano nello sviluppo della scrittura particolare che sarebbe poi diventata la minuscola libraria greca "standard" (si veda C. Mango, "L'origine de la minuscule," negli atti del convegno paleografico del 1974, pp. 175-180). Ma il trionfo di questa scrittura precisa non era scontato. Vi erano anche altre scritture "candidate", se si vuole; e alcuni resti di queste scritture si sono conservati fino ad oggi (per le due scritture che si vedono qui sotto si ipotizza generalmente una datazione intorno all'anno 800 d.C., ma in realtà non vi sono gli elementi obiettivi per permettere una datazione sicura). Si tratta di scritture piuttosto difficili e molto rare, per cui il neo-paleografo difficilmente vorrà investire molto tempo nel loro studio; sono tuttavia interessanti in quanto permettono di capire lo sviluppo primitivo della scrittura libraria minuscola. Chi non teme le sfide potrà provare a trascriverle, oppure tornarvi dopo essersi familiarizzati con le scritture minuscule più usuali. Una di queste scritture, che si chiama "damascena" oppure "agiopolitana", è conservata in un campione assai esteso nel Vat. gr. 2200, che si vede qui sotto (per ulteriori dettagli su questo codice, e per le trascrizioni e le annotazioni, si veda qui).

Vat. gr. 2200, datazione incerta (ca. 800?) (schermata iniziale: p. 261)

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Un altro "secondo classificato" è la cosiddetta minuscola "sinaitica" di cui si vede un campione qui sotto.

Sinai, Monastero di S. Caterina, gr. 794, data sconosciuta (ca. 800?); schermata iniziale: ff. 218r-217v (la numerazione è invertita perché questi fogli sono rovesciati nella legatura del codice; per questo stesso motivo, a seconda del browser che si usa, potrà essere necessario ruotare la visualizzazione delle immagini).

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Trascrizione dei ff. 218r-217v: (ὑποστά)σει μονογενῆ ἒν δυσιν οὐ|σίαις γνωριζόμενον υ(ιο)ν οτ(ι) | ὩΔΗ Γ ΠΡ(ωι) ΤΩ ΠΡΟ ΤΩ(Ν) ΑΙΩΝ(ΩΝ) | Τῶι ἐπὶ τῶν ὤμων τὸ πλα|νώμενον πρόβατον ἄραντι | και καθελόντι ἒν τῶι ξύλωι τὴν | αὐτοῦ ἁμαρτίαν χ(ριστ)ωι τῶι θ(ε)ωι | βοήσωμεν· ὁ ἀνυψώσας | τὸ κέρας ἡμῶν ἁγιος εἶ κ(υρι)ε | τῶι ἀναγαγόντι τὸν ποιμένα | τὸν μέγαν ἐξ αίδου χ(ριστο)ν· καὶ τῆι | αὐτοῦ ἱεραρχίαι δια τῶν ἀ|ποστόλων τὰ ἔθνη ποιμά|ναντι ἐν αληθείαι καὶ πόθωι | πιστοὶ πν(ευματ)ι λατρευσωμεν | τῶι ἐκ τῆς παρθενου σαρκω|θέντι βουλήσει ἀσπόρως | υ(ι)ῶι και τὴν τεκοῦσαν μετὰ τό||κον θεϊκῆι δυναστείαι παρ|θένον φυλάξαντι ὧ επι πάν|των βοῶμεν θ(ε)ωι ἅγιος εἶ κ(υρι)ε· | ΩΔΗ Δ· ΠΡ(ωι) ΡΑΒΔΟΣ ΕΚ ΤΗΣ ΡΙΖ(ΗΣ) | Τίς οὗτος ὡραῖος εξ εδὼμ | καὶ τούτου τὸ ἐρύθημα τῶν ϊ|ματίων ἐξ αμπέλου βοσωρ | ὡραῖος ὅτι θ(εο)ς ὡς βροτὸς | δε αἵματι σαρκὸς τὴν | στολὴν πεφοινιγμένος | ὧι μελωδοῦμεν λαοὶ δοξα | χ(ριστο)ς τῶν μελλόντων ἀγαθῶν φα|νεὶς αρχιερεὺς ἡμῶν τὴν | ἁμαρτίαν διεσκέδασεν | καινίσας ξένην ὁδὸν τωι | ἰδίωι αἵματι εἰς κρείττο|να και τελειοτέραν εἰσέδραμεν | δε σκηνὴν πρόδρομος ἡμῶν | εις τὰ ἅγια.

Anche se si rimanda a più tardi la trascrizione di questi manoscritti, sarà utile prenderne attentamente visione fin da adesso. In primo luogo, si noti che queste scritture contengono numerose legature che non si trovano in quella che diventerà la minuscola greca usuale (per es. le legature con pi a sinistra, come pi-omicron, r. 13 alla pagina di sinistra del manoscritto sinaitico, facilmente confondibile con la legatura sigma-pi della minuscola usuale). D'altra parte, troviamo qui alcune legature che sono pressoché assenti dalla minuscola usuale antica ma che saranno introdotte negli stili più recenti, tre o quattro secoli più tardi; quella forse più notevole è la legatura omicron-iota che si trova nel codice "agiopolitano", ad es. p. 262, rr. 19 e 20. Il manoscritto sinaitico presenta anche una notazione insolita dello iota muto (ad es. f. 218r, r. 4 Τωι; r. 6 τῶι ξύλωι; ecc.), e cioè una sorta di via di mezzo fra iota sottoscritto e iota ascritto, in cui la lettera è di dimensioni ridotte (assomigliando talvolta a un semplice punto) ma viene comunque posta accanto alla lettera precedente e non al disotto di essa (cf. N. G. Wilson, "Miscellanea Palaeographica", GRBS 22 [1981], pp. 395-404, per la segnalazione di uno iota muto simile in un altro manoscritto sinaitico, il gr. 735).

Di interesse sono anche gli accenti e gli spiriti. Nel codice "agiopolitano", tali segni diacritici si scrivono solo sporadicamente; in quello sinaitico, invece, si pongono sulla maggior parte delle parole. Si tratta di una situazione non molto diversa da quella che si osserva generalmente nella primitiva minuscola bizantina, dove gli accenti e gli spiriti rimangono "facoltativi" fino alla metà circa del X secolo (dopodiché diventano "obbligatori"). Si noti la forma arcaica degli spiriti nel manoscritto sinaitico, e cioè una forma simile alla metà sinistra di una eta maiuscola per lo spirito aspro e simile alla metà destra della stessa lettera per lo spirito dolce; tuttavia si trova anche la forma "moderna", più corsiva e simile a quella delle nostre "virgolette singole" (si confrontino gli spiriti in ὡραῖος ὁτι all'inizio del r. 8 nella pagina di destra). Entrambi i tipi si trovano nei manoscritti in minuscola antica, ma negli esemplari più recenti (molto approssimativamente dall'XI secolo in poi) si preferiscono gli spiriti di forma "corsiva". Gli accenti non sono sempre posti esattamente dove noi li aspetteremmo; in particolare, si pongono generalmente sulla prima lettera di un dittongo anziché sulla seconda; e il circonflesso segue generalmente lo spirito invece di essere posto sopra di esso (si veda ὁῦτος, r. 5 della pagina di destra del manoscritto sinaitico). Anche l'uso degli accenti non sempre corrisponde alle convenzioni moderne (ad es. la preposizione ἒν riceve l'accento grave nel primo rigo del manoscritto sinaitico).

Varrà la pena prendere un attimo per considerare lo scopo del sistema greco di accenti e di spiriti. Come guide alla pronuncia, gli spiriti erano del tutto inutili nel periodo bizantino, poiché l'aspirazione iniziale delle parole era sparita già da molto tempo (rimanevano di qualche utilità per la distinzione fra parole omografe come ἥν and ἤν). Gli accenti invece servivano per indicare la sillaba di ogni parola che recava l'accento tonico; tuttavia tale indicazione risultava sicuramente poco utile per chi già sapeva il greco (tranne nei pochissimi casi in cui si doveva distinguere fra coppie di parole come βίος e βιός); e la distinzione fra i tre tipi di accenti era comunque sparita dalla pronuncia da molto tempo. Si consideri di nuovo, però, la frase che abbiamo visto sopra, scritta questa volta con i segni diacritici:

Mellon 03J Hippocrates without dots.png

Chi conosce le regole della accentazione greca troverà probabilmente che questa riga di scrittura minuscola sia di lettura molto più agevole, nonostante la scriptio continua, rispetto a quella più sopra presentata, che era priva di diacritici. I segni diacritici, infatti, indicano quasi sempre la giusta divisione fra le parole: l'accento grave indica necessariamente una sillaba finale; l'acuto indica una sillaba penultima (o, in certe precise condizioni, antepenultima); e gli spiriti, naturalmente, indicano sempre l'inizio di una parola. Il sistema non costituisce una guida infallibile (ad esempio, gli accenti da soli permetterebbero, in prima battuta, la lettura τέχνημα κρή… invece di τέχνη μακρή); ma si tratta comunque di un grande miglioramento in termini di leggibilità rispetto alla scriptio continua senza diacritici; ed è presumibilmente per questo motivo che i segni diacritici figurano in tutti i manoscritti greci in maiuscola tranne quelle più primitivi.

Rimane da affrontare infine il problema delle abbreviazioni. Le poche righe del manoscritto sinaitico che sono scritte in maiuscola contengono moltissime abbreviazioni, perlopiù abbreviazioni per sospensione, dove il lettore è semplicemente invitato a fornire mentalmente le lettere che si omettono, senza indicazione nessuna della loro identità. Questo modo di abbreviare, che si incontra frequentemente nelle scritture latine, è fortunatamente piuttosto raro nella minuscola greca libraria. Nelle parti in minuscola del manoscritto sinaitico, le abbreviazioni sono rare, con l'eccezione dei nomina sacra, che abbiamo già visto nelle scritture maiuscole, e con quella dell'abbreviazione che vale και e che ha la forma di una s latina; quest'ultima abbreviazione rimarrà comune nella minuscola bizantina usuale (vi è anche una abbreviazione per sospensione della parola ὅτι, in forma di omicron con una tau al disopra). Il manoscritto "agiopolitano" fa un uso più frequente di abbreviazioni (fra le quali anche i nomina sacra, il και a forma di s, e il tratto sopralineare che vale ny [p. 261 l. 10 τουτων]; quest'ultima abbreviazione è stata già notata nelle scritture maiuscole ma sarà di uso meno frequente nella minuscola). Oltre a quella di και, il codice "agiopolitano" presenta anche qualche altra abbreviazione che vale una parola intera e che sarà comune nella minuscola usuale (un elenco delle abbreviazioni di questo tipo si trova nella parte inferiore di questa pagina), e cioè la gamma barrata che vale γαρ, p. 262 l. 11; e un tratto ricurvo con punti ai due lati che vale ειναι (p. 261 r. 7 ab imo; anche ἐξειναι si scrive con la stessa abbreviazione, p. 261 l. 13). Vi sono anche esempi di una nuova categoria di abbreviazioni, e cioè quelle che rappresentano specifiche lettere o serie di lettere, principalmente (ma non esclusivamente) a fine parola, e che si aggiungono alla lettera precedente come fossero segni diacritici. Vedremo molte altre abbreviazioni di quest'ultimo tipo nella minuscola greca usuale, e una lista di quelle più frequenti si trova nella parte alta della pagina già indicata. Quelle che appaiono qui sono:

  • un piccolo cerchio sopralineare, che nella minuscola usuale indicherà sempre la finale -ος, ma che nella primissima minuscola si usa indifferentemente per -ος e per -ον (qui soltanto [e frequentemente] per -ον, ad es. p. 261 r. 3 μαλλον e προσωπον);
  • un segno a forma di hypsilon minuscola, ma scritto sopra la riga, che vale ου (ad es. p. 261 r. 6 διαιρουμενον; r. 8 αυτου);
  • un segno a forma di s, simile quindi all'abbreviazione che vale και, ma attaccato alla lettera precedente, che vale αι (ad es. p. 261 r. 8 προφηται; p. 262 r. 6 ταῖς);
  • un altro segno di forma simile alla s, ma scritto sopra la riga, che vale ησ (ad es. p. 261 r. 7 ab imo της; r. 2 ab imo καθολικης);
  • un tratto ricurvo attaccato alla parte inferiore della lettera precedente, che qui ha la funzione (che è forse quella primitiva) di un generico indicatore di abbreviazione per sospensione, senza valenza precisa: apposto alla gamma di ἁγ..., invita il lettore a completare ἁγ(ία) (p. 261 r. 12; p. 263 r. 20) oppure ἁγ(ίας) (p. 262, r. 4). Nella minuscola usuale, questo tratto ricurvo non avra più valenza generica ma sarà apposto a specifiche lettere con valenze fisse, di cui una si illustra anche qui: sotto omicron, questo segno vale regolarmente ουν (solitamente la parola οὖν ma qui ἤγο(υν) e οἱασδηποτο(ῦν), entrambi in p. 261 r. 20.

Il resto di questo percorso tematico presenterà le varie categorie e istanze lungo la storia della minuscola greca usuale, il cui schema di base è descritto all'inizio di questa pagina. Il problema della categorizzazione delle scritture minuscole librarie è anche molto più difficile di quello che riguarda le maiuscole, dove i manoscritti superstiti si ripartiscono con relativa facilità in un numero ristretto di gruppi o di "canoni" con caratteristiche ben definite; e di fatto nessuno ha mai cercato di riprodurre per la sconcertante varietà di scritture minuscole greche una categorizzazione complessiva in "canoni" paragonabile a quella realizzata per la maiuscola da Guglielmo Cavallo — anche se questo dovrebbe essere possibile, in linea di massima, se la teoria generale sullo sviluppo delle scritture che è alla base dell'analisi di Cavallo fosse corretta. (La cosiddetta Perlschrift costituisce una possibile e parziale eccezione alla mancanza di "canoni" nella minuscola bizantina: si vedano i commenti nella parte "C" della pagina sulle scritture del tredicesimo secolo.) La differenza si spiega senz'altro in parte per le dimensioni dei campioni: le centinaia di manoscritti superstiti in maiuscola sono naturalmente (anzi necessariamente) meno diversi fra di loro, e danno per questo motivo una maggiore (ma forse ingannevole) impressione di uniformità, rispetto alle decine di migliaia di manoscritti superstiti in minuscola. Inoltre, le scritture minuscole possiedono per la loro natura un maggiore numero di variabili morfologiche: oltre ai criteri che abbiamo citato per distinguere fra le scritture maiuscole (asse di inclinazione; modulo o dimensioni delle lettere; rapporto altezza/larghezza delle singole lettere; angolarità; apici; effetti di chiaroscuro; morfologia delle singole lettere), le scritture minuscole possono anche distinguersi per il grado di connettività fra le lettere; la loro corsività; e la frequenza delle legature e delle abbreviazioni. Anche la morfologia delle lettere ha maggiore scopo per la diversità, in parte perché le legature aggiungono alle 24 lettere dell'alfabeto un'altra ventina di segni che possono variare, e in parte perché gli scribi avevano la facoltà (di cui si avvalevano sempre più spesso, come vedremo) di sostituire singole lettere minuscole con le corrispondenti forme maiuscole, in modo che ogni lettera poteva realizzarsi in (almeno) due modi distinti. Più variabili, e cioè più criteri, significano in linea di massima una maggiore possibilità di differenziazione precisa fra le scritture; in pratica, però, poiché i vari criteri non producono gli stessi raggruppamenti (come abbiamo già visto studiando il primo collage di scritture maiuscole), si rimane di fronte a una mole enorme di osservazioni disparate che in molti casi sfida ogni tentativo di classificazione.

Un fattore che mitiga alquanto queste difficoltà è il fatto che gli esemplari sottoscritti e/o datati, o che presentano altri indizi obiettivi sulle loro origini, sono molto più frequenti fra i manoscritti in minuscola rispetto a quelli in maiuscola. Incrociando i dati obiettivi "esterni" di questo tipo con i dati "interni" forniti dalle stesse scritture, si riesce comunque a collocare la maggior parte dei manoscritti in minuscola, non in un chiaro e definitivo schema di classificazione, ma almeno nell'una o nell'altra di un limitato numero di "nebulose" (termine utilizzata da L. Perria nel suo contributo agli atti del convegno di paleografia del 1998 a Cremona, vol. 1, p. 159, con riferimento specifico alle scritture del IX e del X secolo) che possono essere concepite come intrattenenti fra di loro rapporti cronologici, geografici o istituzionali. Ne risulta che, quando si studia un manoscritto greco non identificato con lo scopo di descriverne la scrittura minuscola e di determinarne la data approssimativa, non è quasi mai possibile avvalersi di una lista di controllo per determinare in modo definitivo che il manoscritto appartiene a questa o a quell'altra categoria. Bisognerà sempre confrontarlo accuratamente con campioni provenienti dalle varie "nebulose" per poi decidere in quale angolo del cosmo della minuscola si inserisce al meglio

Ognuna delle pagine successive di questo percorso presenta una (o più) di queste "nebulose". Saranno presentate in ordine cronologico approssimativo; ma molte delle "nebulose" sono contemporanee fra di loro, e non si deve pensare che quelle presentate più avanti nascano in senso genealogico da quelle precedenti. Non vi è consenso fra gli specialisti, peraltro, con qualche particolare eccezione, sui contorni precisi delle varie "nebulose"; qui seguiremo generalmente i raggruppamenti proposti da L. Perria nel suo libro Graphis: Per una storia della scrittura greca libraria.

Vi è poi uno sviluppo cronologico generale che non corrisponde alla successione di "nebulose" qui presentata e che va quindi considerata in esordio in modo generale, vale a dire la graduale reintroduzione delle lettere maiuscole. Salta all'occhio la differenza radicale fra alcune delle lettere "minuscole" della tipografia greca moderna da una parte, e dall'altra le forme delle stesse lettere nella figura all'inizio di questa pagina, nonostante il fatto che le forme tipografiche derivino chiaramente, in ultima istanza, da forme manoscritte. Nei casi di β, ε, κ, λ, π e ω, non è un caso se le "minuscole" tipografiche moderne assimigliano maggiormente alle forme maiuscole Β, Ε, Κ, Λ and Π che non alle forme delle relative lettere minuscole. Solo i primissimi manoscritti in minuscola sono in minuscola "pura"; dalla fine del IX secolo in poi, gli scribi iniziarono a inserire nella loro scrittura singole lettere maiuscole (non come le nostre "maiuscole" con una funzione di differenziazione ma piuttosto come varianti libere che si usavano indipendentemente dalla loro posizione all'interno della parola). La reintroduzione delle lettere maiuscole avvenne gradualmente: lambda, alpha e sigma (lunata) maiuscole diventano comuni nelle scritture minuscole della fine del IX secolo; gamma, eta e pi si aggiungono agli inizi del X secolo; dalla metà del X secolo in poi, la maggior parte delle altre lettere (tranne hypsilon, per motivo del rischio di confusione con gamma minuscola) possono apparire anche in forma maiuscola (naturalmente le forme di iota, omicron e rho sono sostanzialmente identiche nei due alfabeti). Quando i tipografi crearono le prime lettere greche verso la fine del Quattrocento, imitando la scrittura degli scribi greci contemporanei, le forme maiuscole delle sei lettere elencate all'inizio di questo paragrafo erano state diventate molto più comuni delle relative forme minuscole, ed è per questo motivo che tali lettere si scrivono come si scrivono nella scrittura greca moderna. Per motivo della loro reintroduzione graduale, la proporzione (o la percentuale) di lettere maiuscole nelle scritture dei secoli IX e X viene talvolta utilizzata come criterio per la datazione: una percentuale bassa indica tendenzialmente una datazione alta, e viceversa. Ma l'effetto maggiore, per noi, della reintroduzione delle maiuscole è quello di un'ulteriore variabile (in realtà una quindicina di nuove variabili, poiché gli scribi potevano ormai scegliere fra due forme per la maggior parte delle lettere dell'alfabeto) che si aggiunge a quelle già numerose che gli scribi potevano adoperare per differenziare la loro scrittura da quelle dei loro colleghi, e che noi possiamo utilizzare per la categorizzazione delle scritture.