Paleografia greca dall'Antichità al Rinascimento [di T. Janz]

11. LE SCRITTURE DEL XV E DEL XVI SECOLO

Il XV secolo vide il declino terminale e, nel 1453, la caduta dell'Impero bizantino. Già prima della caduta di Costantinopoli, molti intellettuali greci avevano iniziato a cercare fortuna nell'Occidente latino, specialmente in Italia. Portarono con sé il maggior numero possibile di libri (questo è il motivo principale per cui così pochimanoscritti greci si trovano oggi in Grecia e per cocui così tanti si trovano invece in Italia) e fecero un enorme contributo al Rinascimento in Italia, in Francia e altrove. Un numero considerevole di questi intellettuali bizantini trovò lavoro come scribi o insegnanti in Occidente, specialmente in Italia (si veda il libro di N. Wilson, Da Bisanzio all'Italia), dove l'interesse per la letteratura greca era così forte che alla fine del secolo una tipografia dedicata principalmente alla stampa dei classici greci (la famosa tipografia Aldina a Venezia) non solo era possibile, ma diventò un'impresa commerciale di grande successo. Questo è un periodo importante per la trasmissione di molti testi greci, perché molti manoscritti di questo periodo sono ancora esistenti oggi, e anche perché molti di essi sono stati prodotti da scribi che erano anche bravi filologi.

La personalizzazione della calligrafia continuò a crescere nel corso del XV secolo ed è quasi impossibile trattare le scritture di questo periodo in modo sintetico; la bibliografia paleografica relativa a questo periodo consiste principalmente di studi sulla produzione di singoli scribi. Vi sono naturalmente somiglianze fra le scritture individuali di diverse persone, e un tentativo è stato fatto da P. Canart e P. Eleuteri per classificare le mani degli scribi greci del periodo rinascimentale in una monografia pubblicata nel 1991. I campioni qui sotto illustrano ciascuno delle loro sette categorie e forniscono anche esempi delle scritture di alcuni degli scribi più importanti di questo periodo.

A. "Corrente erudito-calligrafico di tipo Neoclassico": Vat. gr. 1007 (Plutarco), vergato a Costantinopoli da Giorgio Crisococca (RGK 2,95; 3,127) nel 1428 CE. Questa scrittura ordinata ricorda il cosiddetto Metochitesstil del secolo precedente. Il Crisococca produsse molte copie di testi greci classici per importanti mecenati, tra cui il famoso umanista italiano Francesco Filelfo (1398-1481), ed è stato ipotizzato che la sua scrittura fosse almeno in parte condizionata dalle esigenze dei suoi mecenati italiani, che si stavano abituando alla lettura del latino nell'(allora innovativo) minuscola umanistica, nota per la sua semplicità e chiarezza. La mancanza generale di abbreviazioni può anche essere stata un modo di venire incontro ai lettori per i quali il greco era una lingua straniera. Per ulteriori approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Vat. gr. 1007.

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Campione dal Vat. gr. 1007, f. 49r

B. "Filone sobrio": Urb. gr. 33 (Plato et al.), probabilmente vergato dal noto umanista italiano Leonardo Bruni (RGK 3,381). Bruni era uno dei tanti allievi del rifugiato bizantino Manuele Crisolora, la cui scrittura, che si vede nel Laur. 6,30, veniva più o meno accuratamente riprodotta dai suoi allievi italiani (incluso Bruni). Oltre al piccolo modulo regolare e alla mancanza di abbreviazioni, questo tipo di scrittura è spesso caratterizzato da un forte contrasto fra pieni e filetti, dovuto più alla forma della punta della penna che non alla tecnica scrittoria. Per approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda l'Urb. gr. 33.

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Campione dall'Urb. gr. 33, f. 31r

C. "Filone ricercato": Barb. gr. 221, ff. 56v-65r (Cornuto), vergato da Janus Lascaris (RGK 2,197; 3,245). Nato a Costantinopoli verso la metà del XV secolo, Janus Lascaris fu uno dei grandi filologi greci del Rinascimento: preparò per la stampa, a Roma, una serie di importanti editiones principes di autori antichi e aiutò il re Francesco I di Francia nella sistemazione della Biblioteca Reale a Fontainebleau. Arrivò in Italia ancora giovane ed ebbe per maestro un altro rifugiato bizantino, Demetrio Calcondile (RGK 1.105; 2.138; 3.171), la cui scrittura "recherché" sembra aver influenzato anche quella degli altri suoi allievi, tra cui Angelo Poliziano, l'Inglese Thomas Linacre e il Tedesco Johannes Reuchlin. Si tratta di scritture involute e, appunto, "ricercate", di modulo generalmente piccolo con sporadiche lettere sporgenti e con svolazzi e ricci. Per approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Vat. gr. 2659 (vergato dal Calcondile).

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Campione dal Barb. gr. 221, f. 56v

D. "Filone inclinato stretto e 'pointu'": Barb. gr. 221, ff. 47r-54v; 56r; 65v-71r (Galeno, Cornuto), vergato da Demetrio Mosco (RGK 1,97; 2,131; 3.165). Questa scrittura è simile alla precedente, tranne per il fatto che mancano gli svolazzi e che solo tau è sistematicamente allungata in altezza. Una tau alta simile continuerà a caratterizzare la calligrafia di molti scribi per tutto il sedicesimo secolo. Molti esempi di questa scrittura presentano un contrasto fra pieni e filetti simile a quello notato nel gruppo B. Per approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Barb. gr. 221.

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Campione dal Barb. gr. 221, f. 47v

E. "Filone inclinato corsivo": Vat. gr. 1351 (Colluto), vergato da Costantino Lascaris (RGK 1,223; 2,313; 3,362) a Messina nel 1498. Nato a Costantinopoli, Costantino Lascaris è un altro immigrato erudito che diventò un celebre maestro di greco in Italia; dopo aver insegnato a Milano, Roma e Napoli, nel 1466 si stabilì a Messina, dove gli studenti venivano da tutta Italia per studiare con lui. La sua sccrittura fu imitata dai suoi numerosi allievi, tra cui Giorgio Valla e Pietro Bembo. La sua scrittura conosce la tau alta del gruppo precedente, ma per il resto è quasi bilineare. Il contrasto fra pieni e filetti notato nei gruppi B e D è di nuovo generalmente presente. Per approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Vat. gr. 1351.

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Campione dal Vat. gr. 1351, f. 2r

F. "Calligrafie barocche": Barb. gr. 252 (Porfirio), vergato a Venezia da Valeriano Albini da Forlì (RGK 1,336; 2,452; 3,530) nel 1539. Albini, scriba prolifico ma una per il resto figura piuttosto oscura, sembra aver imparato il greco a Venezia da un compagno italiano, e cioè l'allora bibliotecario del monastero di S. Antonio di Castello a Venezia, Agostino Steuco (1497/1498-1548), il quale, quando Albini stava allestendo questo esemplare di Porfirio, era stato nominato Prefetto della Biblioteca Vaticana. Mentre la scrittura dei due gruppi precedenti appare volutamente semplice, persino titubante, vuoi per scopi didattici vuoi per facilitare la lettura da parte di lettori non greci, questo tipo di scrittura, che appare all'inizio del XVI secolo, è invece molto fluido e caratterizzato da un polimorfismo estremo, da legature liberamente inventate e da fioriture dei più svariati tipi. Per approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda il Barb. gr. 252.

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Campione dal Barb. gr. 252, f. 45r

G. Alcuni scribi dei secoli XV e XVI continuarono a scrivere in modi che richiamano varie scritture dei secoli precedenti, formando un gruppo "tradizionale". Per ovvi motivi, scritture come queste possono essere difficili da datare. Tra gli esempi di questo fenomeno possiamo citare l'Ott. gr. 22 (Ermogene di Tarso), copiato a Venezia nel 1458 da Giovanni Rhosos (m. 1498, RGK 1,178; 2,237; 3,298), uno scriba cretese molto prolifico che trascorse gran parte della sua carriera in varie parti dell'Italia. La sua scrittura ricorda lo stile "Hodegon" del secolo precedente; tuttavia, nella vera Hodegonstil, difficilmente si trovano caratteristiche del campione qui sotto come lo spostamento sopra la riga delle lettere finali di μέθοδος (che ha lo scopo di allineare il margine) o lo svolazzo sull'abbreviazione alla fine di παραλαμβάνεται. Per approfondimenti e esercizi di trascrizione, si veda l'Ott. gr. 22.

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Campione dall'Urb. gr. 22, f. 114r

H. La fase finale del nostro percorso si svolge nel XVI secolo, quando i libri stampati iniziarono ad essere sempre più comuni. I primi tipografi modellavano naturalmente i loro caratteri sulle scritture degli scribi contemporanei; ma presto gli scribi iniziarono a fare ciò che facciamo oggi, vale a dire modellare la loro scrittura sulle lettere che vedevano nei libri stampati. Giovanni Onorio (RGK 1,174; 2,232; 3,286) si situa su entrambi i lati di questa divisione, dal momento che la sua scrittura sembra un primo esempio di "mano tipografica" (spesso chiamata anche Druckminuskel, ennesimo neologismo paleografico attribuibile a Herbert Hunger), al punto che spesso è necessario un secondo sguardo alla sua scrittura per assicurarsi che non si tratti effettivamente di un testo stampato. D'altra parte, lo stesso Onorio fu coinvolto nell'allestimento della tipografia che fu fondata a Roma nei primi anni 1550 da Marcello Cervini (allora Cardinale Bibliotecario della Biblioteca Vaticana, in seguito diventato Papa Marcello II). Molte pagine scritte da Onorio si trovano nei manoscritti della Biblioteca Vaticana che furono restaurati in quell'epoca, sostituendo le pagine scomparse o rovinate con nuove pagine vergate da lui; un intero manoscritto da lui vergato si vede nel Vat. gr. 588 (SS. Cirillo e Atanasio di Alessandria). Questo manoscritto si vede nel visualizzatore qui sotto, accanto a un incunabolo greco (la Grammatica di Theodore Gaza, stampato a Venezia nel 1495).

(a sinistra) Vat. gr. 588 (schermata iniziale: p. 128); (a destra) Inc. II 649 (schermata iniziale: f. 29r)

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