Urb.lat.10
Manuscript information
- Resource type:
- Manuscript
- Collection:
- Urb.lat.
- Shelfmark:
- Urb.lat.10
- Library:
- Biblioteca Apostolica Vaticana
- Ocelli nominum:
- Evangeliario di Federico da Montefeltro
- Date:
- sec. XV
- Beginning date:
- 1474
- Ending date:
- 1482
- Country:
- Italia
- Place:
- Urbino
- Support:
- membr.
- Height:
- 403
- Width:
- 258
- Extent:
- III. 243. I
- Overview:
- Evangeliario.
Description
- Collation:
- 25 fascicoli: 1 quaternione (ff. 1-8), 2 quinione + 1 foglio (ff. 9-19: f. 11 aggiunto tramite tallon), 3 quaternione (ff. 20-27), 4-17 quinioni (ff. 28-37, 38-47, 48-57, 58-67, 68-77, 78-87, 88-97, 98-107, 108-117, 118-127, 128-137, 138-147, 148-157, 158-167), 18 senione (ff. 168-179), 19-24 quinioni (ff. 180-189, 190-199, 200-209, 210-219, 220-229, 230-239), 25 binione (ff. 240-243). Bianchi i fogli di guardia, membranacei, e i ff. 9r-v, 17v-19r, 172v-174r, 217v-219v, 242v-243v. Il primo foglio di guardia anteriore e quello posteriore erano precedentemente controguardie, come si evince dalle tracce di colla residue sul recto del primo e sul verso del secondo; il f. II è solidale all’attuale controguardia.
- Layout:
- Testo a piena pagina; rr. 27/ll. 26; la scrittura inizia sotto la prima riga. Rigatura prevalentemente a secco (tipo Derolez 32); a colore in alcuni punti, per le sole linee di guida verticali e orizzontali sul lato carne di alcuni fogli delle tavole dei canoni (ff. 2v, 3r, 6r-v, 7r). Presentano rigatura anche i ff. 218-219 e 243, bianchi. Specchio rigato (f. 27r): 403 (45+245+113) x 258 (45+9+129+9+66) mm. Visibili 8 fori di squadratura in corrispondenza delle righe di giustificazione, ma solamente i quattro lungo il margine superiore (es. ff. 32, 72) o i quattro lungo quello inferiore (es. ff. 108, 114) perché prevalentemente eliminati dalla rifilatura.
- Foliation:
- Manuale, apposta in inchiostro bruno nell’angolo superiore destro dei ff. 1-242; f. 243 numerato da mano recente con penna nera; il primo foglio di guardia anteriore non è numerato, i due seguenti sono numerati I-II da mano recente a matita, il foglio di guardia posteriore non è numerato.
- Writing - Note:
- Umanistica di mano di Matteo de’ Contugi da Volterra. Copista estremamente elegante, Contugi fu attivo presso le corti di Mantova, Ferrara e Urbino e probabilmente a Firenze. A Urbino è attestato con certezza negli anni 1477-1486, ma potrebbe esservi giunto anche qualche anno prima. Insieme a Federico Veterani fu uno dei copisti più noti e attivi alla corte dei Montefeltro: oltre al presente manoscritto, la sua firma si ritrova in altri 6 codici urbinati, ovvero Urb. lat. 324 («Manu Matthaei domini Herculani de Contugiis de Vulterris», f. 84r), 336 («Manu Matthaei de Vulterris», f. 155r), 365 («Manu Matthaei de contugiis de vulterris et caetera», f. 295r), 392 («Manu Matthaei de vulterris», f. 264r), 427 e 528 («Manu Matthaei de Contugiis de Vulterris», rispettivamente f. 184r e f. 329v; per tutte le sue sottoscrizioni cf. Bénédictins de Bouveret, Colophons des manuscrits occidentaux, IV, p. 166-167, nrr. 13398-13408), e alla sua mano è stato attribuito anche l’Urb. lat. 151 (cf. Bonicatti, Contributo al Giraldi, p. 208-209; Id., Nuovo contributo, p. 259-269; Derolez, La codicologie des manuscrits, I, p. 151 nr. 291; De la Mare, New research, p. 449-450 nt. 224). L’ultima data in cui si trova notizia di Contugi è il 1491 (per la sua biografia cf. Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, p. 251-265).
- Decoration:
- Tra i più celebri ms. della collezione federiciana, l’esecuzione del sontuoso apparato illustrativo e decorativo è stata collegata all’attività di Guglielmo Giraldi (Mariani Canova, Guglielmo Giraldi 1995; Toniolo, Giraldi, Guglielmo, p. 305-310) e di Franco dei Russi (Toniolo, Franco dei Russi, p. 240-244). Il primo fu al servizio della corte estense a Ferrara e lavorò spesso in collaborazione con altri artisti del libro – come Giorgio d’Alemagna, Taddeo Crivelli – e per diversi illustri committenti (per esempio per Leonardo Sanudo, visdomino della Serenissima a Ferrara tra il 1457 e il 1459; Toniolo, Giorgio d’Alemagna, p. 267-272; Ead., Crivelli, Taddeo, p. 188-192; Ead., Giraldi, Guglielmo, p. 307). È una lettera del 1468 che testimonia dei rapporti tra Giraldi e Matteo Contugi, il copista del codice: quest’ultimo chiedeva a Ludovico Gonzaga se fosse possibile affidare proprio al miniatore ferrarese la decorazione del celebre Plinio, Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. J.I. 22-23, nella quale fu invece coinvolto Pietro Guindaleri (Mariani Canova, La natura dipinta, p. 34-35; Fumian, Considerazioni in margine, p. 124-125; Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, p. 259). Il rapporto tra scriptor e Giraldi era quindi già avviato quando entrambi iniziarono a lavorare per la libraria di Federico da Montefeltro. Anche Franco dei Russi, mantovano, fu tra i più noti artefici del minio padano-ferrarese quattrocentesco; particolarmente impressionato dall’antiquaria mantegnesca, desunse da essa un ampio repertorio figurativo, declinato in maniera del tutto peculiare. Al sodalizio fra queste personalità, Contugi, Giraldi e dei Russi, si deve quindi la realizzazione dell’Evangeliario Urb. lat. 10 (come, del resto, della Commedia, Urb. lat. 365; Maddalo, Scheda nr. 50, p. 222-225; Toniolo, Scheda nr. 2, p. 115); essi sono tutti a Urbino a partire dalla metà degli anni ’70 (Toniolo, I miniatori ferraresi, p. 80; Peruzzi, «Lectissima politissimaque volumina», p. 343-344; ma anche Martelli, The Production of Illuminated Manuscripts, p. 41-49; Ead., I codici di produzione urbinate, p. 69-77); insieme a loro vi sono probabilmente anche Alessandro Leoni (Toniolo, Giraldi, Guglielmo, p. 305-310; Ead., Leoni, Alessandro, p. 376-378; Ead., I miniatori ferraresi, p. 79) e, secondo recenti proposte, anche Pietro Guindaleri (Mariani Canova, La natura dipinta, p. 41; cf. anche Zanichelli, Guindaleri, Pietro, p. 336-338). È infatti indubbio che attorno ai due maestri si muovesse anche un’officina, organizzata probabilmente da Giraldi stesso (Torquati, Scheda nr. 105, p. 389; vi è peraltro testimonianza della medesima pratica, da parte di Guglielmo, anche negli anni ferraresi, cf. Hermann, La miniatura estense, p. 141 n. 110). E il riflesso di tale lavoro di équipe si può cogliere, appunto, nell’Urb. lat. 10, per esempio nell’esecuzione delle Tavole dei canoni e dell’apparato di iniziali di varia tipologia decorativa, e probabilmente anche nella cornice a bianchi girari che inquadra san Marco (f. 75r; Torquati, Scheda nr. 105, p. 389; Toniolo, Scheda nr. 2, p. 110-119). In tale prospettiva, nell’ipotesi cioè dell’esistenza di un atelier al lavoro, se l’assegnazione a Guglielmo Giraldi e a Franco dei Russi non è mai venuta meno, negli ultimi anni nuove acquisizioni critiche hanno suggerito una più ampia visione sulla campagna di illustrazione e di decorazione del codice (Fumian, Considerazioni in margine, p. 120-128; Fumian, Due codici veneti poco noti, p. 23-37).
- Decoration - Note:
- 16 Tavole dei canoni (ff. 1r-8v), costituite da arcate a tutto sesto e fasce verticali in oro, rosso e blu, entro una cornice a inchiostro bruno. 1 pagina di incipit (f. 10r) delimitata sui quattro margini da una doppia cornice in minutissima filigrana in oro, riempita da motivi a bianchi girari su fondo policromo (blu, rosso, verde), intercalati da clipei di diverse dimensioni, anch’essi in filigrana aurea, con l’araldica di Federico da Montefeltro (cf. Stemma e Motto), e da animali (usignolo, scimmia, lepre). 4 frontespizi (ff. 19v, 74v, 113v, 174v; mm 245/250x130/132) costituiti da tabelle rettangolari a listelli in oro e in blu con i titoli vergati in capitale, alternativamente in oro e in blu; essi sono enfatizzati da elementi vegetali policromi (porpora, blu, verde, giallo) e globi aurei cigliati. A essi affrontate, 4 pagine di incipit con il ritratto dell’evangelista: f. 20r, una cornice in filigrana in oro, nodi ed elementi floreali policromi (blu, verde, porpora, ocra) inquadrata il ritratto d’autore; f. 75r, interamente occupato da una cornice a bianchi girari su fondo policromo (blu, verde, rosso), con listelli in foglia d’oro e da nodi policromi e fioroni, con il perimetro interno ed esterno percorsi da un filetti a inchiostro bruno; f. 114r, decorato con un’edicola architettonica a candelabre e chiusa da uno zoccolo a con festoni puttini giocosi in grisaille oro, l’incipit del Vangelo è vergato su un falso ritaglio in pergamena, illusionisticamente ‘poggiato’ sul basamento della struttura; f. 175r, il ritratto d’autore è inquadrato da candelabre e festoni con frutti, nastri, castoni preziosi accompagnati dalle lettere FE(dericus) DVX, mentre l’incipit del Vangelo di Giovanni, in crisografia, è contenuto in una struttura sostenuta da un basamento marmoreo all’antica e da un mensolone a cornucopie, filigrana in oro lungo tutto il perimetro. 6 iniziali maggiori accompagnate da scrittura distintiva (mm 76x40, media), di cui 1 (f. 10r) con corpo policromo (porpora, blu, verde) a nodi e a intrecci, istoriata con il ritratto di s. Girolamo intento a scrivere nel suo studio, 2 (ff. 12r, 75r) a bianchi girari su fondo policromo (blu, rosso, verde) e globi aurei cigliati e con corpo in foglia d’oro, 3 (ff. 20r, 114r, 175r) con corpo in foglia d’oro su campo blu, decorata con girari d’acanto in monocromo. 82 iniziali medie (ff. 14v, 15r, 22v, 24r, 25r, 27v, 29r, 30r, 31v, 32r, 33v, 35v, 37r, 39v, 42v, 44r, 45r, 47r, 48r, 49v, 51v, 53r, 55r, 56r, 58r, 59r, 63v, 64v, 68v, 71v, 75v, 76v, 78v, 80r, 83r, 85r, 87v, 91v, 93v, 96r, 98v, 100v, 107r, 108r, 114v, 118v, 119v, 121r, 122v, 125r, 129r, 133v, 134v, 136r, 138r, 140r, 142v, 145v, 147v, 149r, 151v, 155v, 159r, 161v, 163v, 168r, 170r, 171r, 176r, 177v, 179v, 180v, 182v, 185r, 188r, 191v, 195r, 199r, 201v, 205r, 208r, 210v; mm 35x24 c.) a bianchi girari su fondo policromo (blu, rosso, verde) e globi aurei cigliati e con corpo in foglia d’oro. Numerose iniziali minori calligrafiche (mm 20x15 c.) alternativamente in foglia d’oro e in blu, talvolta anche filigranate in rosso, in blu o in viola (f. 30v), disposte in vedetta, accompagnate da letterine guida; capilettera a inchiostro bruno, in vedetta; sui margini esterni, le concordanze tra i Vangeli sono realizzate in oro; incipit, explicit, versetti di apertura dei singoli capitoli realizzati in oro o alternativamente in blu e in oro.
- Binding - Note:
- Coperta in pelle rossa su assi in legno, decorata con cornice dorata a triplo filetto. Dorso a 7 compartimenti, delimitati da 6 doppi nervi. Nel primo compartimento antica segnatura “14 / VR∙B∙” (cf. Storia) impressa in oro, incorniciata da doppio filetto dorato; negli altri compartimenti elementi araldici (un monte di sei cime sormontato da una stella a sei punte) dello stemma di Alessandro VII Chigi (1655-1667), impressi in oro e inseriti in una cornice dorata a doppio filetto. La legatura sarebbe dunque databile tra 1657 e 1667. Tuttavia, se la data 1680, riportata nella nota vergata sul tassello membranaceo incollato sul primo foglio di guardia anteriore («Gregorio e Giovanni Andreoli legatore [sic] della Vaticana legarono questi libri del 1680 Genovesi»), si ritiene essere effettivamente la data di realizzazione di questa legatura, gli elementi araldici sul dorso potrebbero essere riferiti al nipote del papa, Flavio Chigi (card. Bibliotecario dal 1659 al 1681), per il quale i fratelli Andreoli continuarono a lavorare anche dopo la morte di Alessandro VII (Gregorio aveva ottenuto la carica a vita di legatore della Biblioteca Vaticana nel 1665 e dal 1675 venne affiancato da suo fratello Giovanni; cf. Ruysschaert, Le legature romane, p. 27; Id., Les frères Andreoli relieurs des Chigi, p. 5). Tagli dorati. L’“Indice vecchio” descrive una legatura «In serico aureo munitum Argento» (cf. Storia). Sulla controguardia posteriore tassello cartaceo con indicazione di restauro eseguito dal Laboratorio della Biblioteca Vaticana nel 1987.
- Signatures:
- Assenti.
- Catchwords:
- Richiami verticali nel senso alto-basso, ornati con semplici decori a penna sui quattro lati, vergati con lo stesso inchiostro del testo nel margine inferiore del verso dell’ultimo foglio dei fascicoli all’interno della colonnina della giustificazione; assenti ai ff. 8v, 19v, 219v, 229v.
- Heraldry:
- Araldica di Federico da Montefeltro: f. 10r, a bas-de-page, clipeo laureato con stemma inquartato, nel I e nel IV d’oro all’aquila di nero, nel II e nel III bandato d’azzurro e d’oro all’aquila di nero sulla I banda, sormontato da corona, accompagnato da FE(dericus) DVX e circondato dal collare d’oro formato da are accese fra due mete e da tronchi germoglianti; nel margine esterno, fiammelle inquartate con le lettere FD e collare dell’Ordine della Giarrettiera; nei margini, dall’alto verso il basso, ramo d’ulivo accompagnato da FE(dericus) DVX, bombarda rovesciata ed esplodente con FE(dericus) VR(bini) DVX, ermellino con motto nel filatterio e le lettere FE(dericus) DVX, struzzo con il chiodo nel becco e filatterio con motto; f. 20r, a bas-de-page, bombarda rovesciata ed esplodente; f. 75r, ulivo in oro su fondo blu, affiancato da F(edericus) D(ux); f. 114r, a bas-de-page, freni del cavallo sovrapposti alle lettere F(edericus) DVX; f. 175r, a bas-de-page, stemma bandato d’azzurro e d’oro di 6 pezzi, all’aquila di nero sulla prima banda d’oro, sorretto dall’aquila coronata e accompagnato dalle lettere F(edericus) D(ux).
- Motto:
- f. 10r, "Hony soyt qui mal y pense", entro il collare dell’Ordine della Giarrettiera e non completamente leggibile poiché le lettere seguono l’annodarsi dell’emblema; "Non mai", nel filatterio dell’ermellino; "Hic an vordait en grosser Eisen", nel filatterio dello struzzo e, anche in questo caso, le parole seguono l’andamento del sinusoidale del cartiglio.
- General note:
- Per questo ms. cf. anche C. Montuschi, Urb. lat. 10, in Catalogo dei codici miniati della Biblioteca Vaticana. II. I manoscritti Urbinati, a cura di S. Maddalo - E. Ponzi, con la collaborazione di C. Paniccia, Città del Vaticano (Studi e testi), in corso di elaborazione.
- Language:
- Latino.
- Alphabet:
- Latino.
- Colophon:
- Al f. 242r: “Manu Matthaei domini herculani de Contugiis de vulterris et caetera” (cf. Bénédictins du Bouveret, Colophons de manuscrits occidentaux, IV, p. 166 n. 13401).
- History:
- Questo magnifico manoscritto venne realizzato per Federico da Montefeltro, il cui stemma inquartato, accompagnato dalle lettere FE DUX, è presente al f. 10r. Fu vergato da un elegante copista, Matteo de’ Contugi da Volterra, e riccamente miniato da celebri artisti al servizio del duca. La disposizione di testo, canoni e annotazioni, la divisione in capitoli e la decorazione di apertura di ogni Vangelo (con la figura dell’evangelista a piena pagina, nell’atto di scrivere e con il proprio simbolo a fianco) suggeriscono la derivazione dell’evangeliario da un modello carolingio, forse l’Urb. lat. 3, come ha proposto Stornajolo (Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1-500, p. 17; cf. anche Maddalo, Scheda nr. 50, p. 222; Manfredi, Manoscritti biblici, p. 486-487; Torquati, Scheda nr. 105, p. 388), diversamente dalla Bibbia urbinate, ispirata alle Bibbie atlantiche. L’Evangeliario rappresenta un eccellente esempio delle scelte culturali e artistiche che hanno caratterizzato la formazione della biblioteca del duca: da un lato si tratta di un codice di lusso, come la maggior parte di quelli da lui commissionati, dall’altro il fatto che si ispiri a un codice medievale mostra l’ambizione del duca all’imitazione degli antichi (Toniolo, Scheda nr. 2, p. 115). Il codice è registrato nel cosiddetto “Indice vecchio”, compilato intorno al 1487 dal bibliotecario Agapito (Urb. lat. 1761, f. 1r: «Evangelia quatuor Evangelistarum cum Figuris eorundem, opus ornatissimum In serico aureo munitum Argento. A Hieronymo traductum»; edito in Stornajolo, Cod. Urb. Graeci, p. LX, nr. 14). L’antica segnatura “14”, impressa in oro sul primo compartimento del dorso e segnata a penna al f. 1r nell’angolo superiore interno, è da riferire all’inventario vaticano di Stefano Gradi (Urb. lat. 1388, f. 8v; cf. Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1001-1779, p. I). La collezione dei duchi di Urbino giunse in Vaticana nel 1657 sotto il pontificato di Alessandro VII. Timbri della Biblioteca Apostolica Vaticana ai ff. 1v, 10v, 241v. Il codice venne esposto sull’altare durante il Concilio Vaticano II.
- Bibliography:
- Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1-500, p. 16-17; Maddalo, Scheda nr. 50, p. 222-225; Torquati, Scheda nr. 105, p. 388-390; Toniolo, Scheda nr. 2, p. 110-119; IAM41.6.
- Other name:
- Federico da Montefeltro, duca d'Urbino, 1422-1482 [owner]
Contugi, Matteo, f. 1456-1491 [scribe]
Giraldi, Guglielmo, f. 1441-1494 [artist]
Franco dei Russi, f. 1455-1482 [artist]
Leoni, Alessandro, f. 1465-1486 [artist]
Guindaleri, Pietro, f. 1464-1506 [artist]
Girolamo da Cremona, f. 1460-1483 [artist]
Alexander PP. VII, 1599-1667 [person]
Chigi, Flavio, card., 1631-1693 [person]
Andreoli, Giovanni, f. 1670 [person]
Andreoli, Gregorio, f. 1670 [person]
Curatorial narrative
Tra i più celebri ms. della collezione federiciana, la vicenda critica dell’Urb. lat. 10 è molto articolata. Già all’inizio del Novecento, Cosimo Stornajolo gli riservava nel suo catalogo una scheda particolarmente approfondita (Stornajolo, Cod. Urb. lat. 1-500, p. 17), nella quale proponeva, tra le altre cose, una dipendenza figurativa di questo codice dall’Urb. lat. 3, evangeliario carolingio del secolo X (Toniolo, Scheda nr. 2, p. 115). Quale che sia il modello, l’Evangeliario si colloca senza dubbio nell’alveo della tradizione illustrativa di tale tipologia libraria (Cecchini, Vangeli, pp. 493-505; Toniolo, Scheda nr. 2, pp. 110-119), come dimostra la mise-en-page ‘all’antica’, con la scelta di anteporre le Tavole dei canoni al testo, ff. 1r-8v (Réfice, Canoni, Tavole dei, pp. 135-143), e di introdurre i singoli Vangeli da dittici costituiti da antiporta e pagina monumentale con il ritratto dell’autore (ff. 19v-20r, 74v-75r, 113v-114r, 174v-175r; cfr. anche Manfredi, Manoscritti biblici, pp. 486-487, che sottolinea l’unità del progetto editoriale costituito da Evangeliario e Bibbia in due volumi, Urb. lat. 1-2; Cecchini, Vangeli, pp. 493-505; Toniolo, Scheda nr. 2, pp. 110-119). Nell’inoltrato Quattrocento peraltro, la tradizione decorativo-illustrativa dell’evangeliario era ormai ben consolidata, con importanti immissioni iconografiche anche dal mondo greco-bizantino. Si pensi allora alla presenza, tra gli Urbinati greci, del Tetravangelo di Giovanni II e Alessio Comneni (Urb. gr. 2), datato al secolo XII ed entrato nella collezione federiciana negli anni di regno comitale, come testimonia lo stemma bandato affiancato dalle iniziali FC a f. 3v.
Ma per tornare, appunto, al ms. commissionato da Federico, i monumentali incipit ai Vangeli, oltre che la pagina di apertura all’intero testo, sono stati disseminati del suo ampio repertorio araldico che consente, insieme ai dati desunti dalla vicenda illustrativa del codice, di proporre una datazione ai secondi anni ’70 del Quattrocento, probabilmente in prossimità dell’acquisizione della dignità ducale. Una collocazione temporale che trova conferma anche nei profili delle personalità coinvolte nella confezione del manoscritto. Sin dagli albori della sua storia critica, la paziente opera di trascrizione dell’Urb. lat. 10 è stata infatti assegnata a Matteo Contugi (cfr. Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, pp. 251-302), mentre l’esecuzione del sontuoso apparato illustrativo e decorativo è stata collegata all’attività di Guglielmo Giraldi e di Franco dei Russi (cfr. per esempio nel catalogo della mostra del 1950, Miniature del Rinascimento, Scheda nr. 156, p. 75).
Giraldi fu al servizio della corte estense di Ferrara e, se la sua prima produzione è nota solo attraverso i documenti della Camera ducale, che informano della decorazione di un messale e di un breviario per Lionello e di un analogo codice per Borso – di esso, databile tra il 1456 e il 1457, rimane oggi solo un foglio, Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 9473, f. 2 (Toniolo, Giraldi, Guglielmo, pp. 306-307, 308) –, agli anni ’60 sono invece da assegnare opere come l’Innario e il Salterio per la cattedrale della città (Ferrara, Museo della Cattedrale), mentre tra la fine del medesimo decennio e la metà del successivo si possono collocare la Bibbia e i Corali della Certosa (Museo Civico d’Arte Antica, Palazzo Schifanoia, mss. OA 1346-1349, OA 1328-1343; Toniolo, Giraldi, Guglielmo, p. 308). Il miniatore lavorò spesso in collaborazione con altri importanti artisti del libro e per diversi illustri committenti: per esempio per Leonardo Sanudo, visdomino della Serenissima a Ferrara tra il 1457 e il 1459, in un Virgilio con commento di Servio (Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 7939A), realizzato insieme a Giorgio d’Alemagna (cfr. Toniolo, Giorgio d’Alemagna, pp. 267-272; per una analoga collaborazione cfr. anche il Ross. 455 della Biblioteca Apostolica Vaticana, Toniolo, Ross. 455, pp. 738-742); o anche per il Libro d’ore Gualenghi (Los Angeles, The J. Paul Getty Museum, Ludwig IX 13) eseguito alla fine degli anni ’70 assieme a Taddeo Crivelli (Toniolo, Crivelli, Taddeo, pp. 188-192; Ead., Giraldi, Guglielmo, p. 307).
È una lettera del 1468 che testimonia dei rapporti tra Giraldi e Matteo Contugi: quest’ultimo chiedeva a Ludovico Gonzaga se fosse possibile affidare proprio al miniatore ferrarese la decorazione del celebre Plinio, Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. J. I. 22-23 (Mariani Canova, La natura dipinta, pp. 34-35; Fumian, Considerazioni in margine, pp. 124-125; Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, p. 259), nella quale fu invece coinvolto Pietro Guindaleri (cfr. oltre; Mariani Canova, La natura dipinta, p. 35). E tuttavia, già nel 1469, l’artista ‘estense’ avrebbe scritto a Barbara di Brandeburgo, moglie del marchese mantovano, per il pagamento di un offiziolo (Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, p. 263; per il periodo mantovano di Giraldi, cfr. per es. il Madrid, Biblioteca Nacional de España, Vitr. 22-5, Commedie di Plauto; Toniolo, Giraldi, Guglielmo, p. 307; mentre per la sua collocazione ferrarese cfr. Hermann, La miniatura estense, p. 105). Il rapporto tra scriptor e miniatore era quindi già avviato quando entrambi iniziarono a lavorare per la libraria di Federico da Montefeltro.
Anche Franco dei Russi, mantovano, fu tra i più noti artefici del minio padano-ferrarese quattrocentesco, fu particolarmente impressionato dall’antiquaria mantegnesca, dalla quale desunse, tra le altre cose, il repertorio di edicole monumentali all’antica, di motivi a cornucopia, di finti fregi a bassorilievo (Toniolo, Scheda nr. 2, p. 116). Il nuovo sguardo veneto è inoltre suggestionato dai modi di Bellini, dal quale «deriva un nuovo naturalismo» e «certe intonazioni cromatiche più calde» (Torquati, Scheda nr. 105, p. 390); anche gli elementi naturalistici divengono denotativi di alcuni modi di Franco, come gli alberi dalle chiome compatte e spruzzate di oro e le nuvole striate «whose shadows translate spatial depth» (Toniolo, Scheda nr. 2, p. 116).
Al sodalizio fra queste personalità, Contugi, Giraldi e dei Russi, si deve quindi la realizzazione dell’Evangeliario Urb. lat. 10 (Mariani Canova, Guglielmo Giraldi 1995, pp. 123-147; Toniolo, Catalogo, pp. 193-195 come, del resto, della Commedia, Urb. lat. 365; Maddalo, Scheda nr. 50, pp. 222-225; Toniolo, Scheda nr. 2, p. 115); essi sono tutti a Urbino a partire dalla metà degli anni ’70 – si tenga infatti presente che Contugi è attestato in città dal 1477, ma forse già dal 1475 (Toniolo, I miniatori ferraresi, p. 80; Peruzzi, «Lectissima politissimaque volumina», pp. 343-344; su Contugi cfr. Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, pp. 251-302); insieme a loro vi sono probabilmente anche Alessandro Leoni (Toniolo, Giraldi, Guglielmo, pp. 305-310; Ead., Leoni, Alessandro, pp. 376-378; Ead., I miniatori ferraresi, p. 79) e, secondo recenti proposte, anche Pietro Guindaleri (Mariani Canova, La natura dipinta, p. 41; cfr. anche Zanichelli, Guindaleri, Pietro, pp. 336-338). L’arrivo di un tale gruppo di artisti mutò indirizzo e fisionomia alla raccolta feltresca, essenzialmente toscanocentrica fino a quel momento; Giraldi, che nel 1480 sarà definito da Federico come «mio miniatore» (Franceschini, Figure del Rinascimento, pp. 143-144; Toniolo, Giraldi, Guglielmo, p. 306), introdusse a corte il suo linguaggio costruito su campiture cromatiche ampie e brillanti, spesso rialzate da un minutissimo tratteggio in oro che alleggerisce i volumi, enfatizzandoli; la salda volumetria si sposa con una solida padronanza dell’espediente prospettico, mentre le ambientazioni, sia paesaggistiche sia di interni architettonici, sono sempre realizzate con una estrema cura del dettaglio – cfr. gli scenari dall’atmosfera soffusa, ma accurata nei particolari, così come accade per lo studio di san Girolamo nella P di f. 10r: sul leggio vi è addirittura appeso un paio di occhiali del tipo a pince-nez, in uso a partire dal tardo medioevo (Frugoni, Medioevo sul naso, pp. 3-27; per la rappresentazione dello studio si veda anche Maddalo, Scheda nr. 50, p. 222; allusione alle legature che caratterizzavano la collezione federiciana? Cfr. Torquati, Scheda nr. 105, p. 388) o quanto è possibile vedere nella già citata Commedia, Urb. lat. 365; nell’imponente antiporta all’Eneide nel Virgilio, Urb. lat. 350 o, ancora, nell’aggiornamento decorativo delle Epistole di san Paolo, Urb. lat. 18.
Anche Franco dei Russi sarebbe rimasto a Urbino come miniatore ‘di palazzo’ sicuramente fino al 1482, anno della morte del duca, e non è noto se la sua permanenza in territorio marchigiano si sia protratta oltre tale termine (egli comunque morì tra il 1486 e il 1487, cfr. Fumian, Su alcuni miniatori ferraresi, passim; Toniolo, I miniatori ferraresi, p. 89). A lui la critica assegna, su base stilistica, un ampio numero di mss. urbinati (ma per alcuni di essi è forse possibile avanzare una diversa proposta critica, cfr. singole schede), come per esempio l’Urb. lat. 151, il De sanguine Christi di Francesco Della Rovere; l’Urb. lat. 308, una Miscellanea grammaticale (per i quali cfr., anche per la pregressa bibliografia, Peruzzi, La formazione della biblioteca, pp. 25, 32; Martelli, I codici di produzione urbinate, pp. 70, 73; Toniolo, I miniatori ferraresi, pp. 79, 82, 83; Martelli, The Production of Illuminated Manuscripts, pp. 42, 45); o il celebre Libanio, Urb. lat. 336 (Hermann, La miniatura estense, p. 221; Toniolo, Scheda nr. 2, p. 116).
È tuttavia indubbio che attorno ai due maestri si muovesse anche un’officina, organizzata probabilmente da Giraldi stesso (Torquati, Scheda nr. 105, p. 389; vi è peraltro testimonianza della medesima pratica, da parte di Guglielmo, anche negli anni ferraresi, cfr. Hermann, La miniatura estense, p. 141 nt. 110); un riflesso di tale lavoro di équipe si può scorgere infatti nell’Urb. lat. 10, nell’esecuzione delle Tavole dei canoni e dell’apparato di iniziali di varia tipologia decorativa, e probabilmente anche nella cornice a bianchi girari che inquadra san Marco (Torquati, Scheda nr. 105, p. 389; Toniolo, Scheda nr. 2, pp. 110-119). Pur nella perdurante indeterminatezza della sua attività e del suo linguaggio artistico, è noto per esempio che Alessandro Leoni, nipote acquisito di Guglielmo, lavorò al fianco del maestro in più di un’occasione (cfr. il Salterio del 1475, Modena, biblioteca Estense, α. Q. 4. 9 = lat. 990, dove la sottoscrizione recita: «magistrum Gulielmum, civem ferrariensem, et Alexandrum, eius nepotem», Hermann, La miniatura estense, p. 141 nt. 110).
In questa prospettiva, nell’ipotesi cioè dell’esistenza di un atelier al lavoro, se l’assegnazione a Guglielmo Giraldi e a Franco dei Russi non è mai venuta meno, negli ultimi anni nuove acquisizioni critiche hanno suggerito una più ampia visione sulla campagna di illustrazione e di decorazione del codice.
Silvia Maddalo proponeva di attribuire a Giraldi, oltre alla pagina di incipit (f. 10r), «anche la fattura in toto» dei monumentali fogli di apertura ai Vangeli di Matteo (f. 20r; cfr. la lettura della studiosa per le scene in secondo piano, Maddalo, Scheda nr. 50, p. 222, in prossimità delle mura cittadine, che tuttavia non sembrano avere diretti riscontri testuali in Matteo) e di Marco (f. 75r); mentre a Franco dei Russi spettavano le introduzioni decorativo-illustrative ai testi di Luca (f. 114r) e di Giovanni (f. 175r); ella poi richiamava, per tutti i casi, le consonanze con le opere di Cosmè Tura e di Ercole de’ Roberti (con il riferimento al Cristo della Cattura della Gemäldegalerie di Dresda, Maddalo, Scheda nr. 50, p. 225, ma anche Evans, Scheda nr. 70, pp. 340-341). Michela Torquati riprendeva tali linee interpretative, suggerendo tuttavia che alla paternità di dei Russi fosse ricondotto di certo san Luca (f. 114r) e, per l’ultimo evangelista (f. 175r), la sola cornice di inquadramento, assegnando invece a Giraldi l’esecuzione della figura, soprattutto per l’espediente delle «sottili pennellate d’oro poste a illuminare […] i manti dei personaggi e i paesaggi in cui sono immersi» (Torquati, Scheda nr. 105, pp. 389-390).
L’intrigante questione dell’officina al lavoro nell’Urb. lat. 10 è ancora una volta sottolineata da Federica Toniolo, nella scheda dedicata al ms. nel catalogo della mostra Federico da Montefeltro and His Library (Toniolo, Scheda nr. 2, pp. 115-116); in quella sede, la studiosa rilevava la presenza della mano di Giraldi nella pagina di incipit (f. 10r) e nei ritratti di Matteo (f. 20r) e di Marco (f. 75r). Ma poi notava che, in quest’ultimo caso, il linguaggio è «more relaxed in the rendering of drapery», e suggeriva di individuarvi l’opera di Alessandro Leoni, riconoscibile anche nel fondo blu decorato a stelle e filigrane a biacca, una scelta «simpler and more antiquated» di quanto si vede negli altri ritratti, ma che è frequente nei corali della Certosa di Ferrara (Ferrara, Museo Civico di Arte Antica, ms. OA 1344, f. 107v), nei quali Giraldi era appunto coadiuvato dal nipote.
Negli ultimi anni è stato poi particolarmente vivace il dibattito sull’attribuzione di san Giovanni (f. 175r): tutti coloro che se ne sono occupati hanno infatti sottolineato la stretta relazione con l’immaginario mantegnesco, sia nella resa del paesaggio sia nella massiccia volumetria statuaria dell’evangelista, soprattutto per il «detail of the leg stretched forward». Un aspetto, questo, che ha spinto Giordana Mariani Canova a suggerire il nome di Pietro Guindaleri per la miniatura di f. 175r dell’Urb. lat. 10 (Mariani Canova, La natura dipinta, pp. 41-42; Zanichelli, Guindaleri, Pietro, pp. 336-338; linea interpretativa poi accolta anche da Toniolo, Scheda nr. 2, pp. 115-118, che sottolinea che le «precipitous rocks are a true homages» alle vedute nella Camera degli Sposi del Palazzo ducale di Mantova). Egli aveva realizzato molte delle miniature che qualificano la Naturalis Historia di Plinio copiata da Matteo Contugi per Ludovico Gonzaga e dipinta tra il 1463 e il 1506 (Torino, Biblioteca Nazionale Universitaria, ms. J.I. 22-23; Toniolo, Scheda nr. 2, p. 118), opera utilizzata da Mariani Canova come pietra di paragone nell’osservazione della pagina con san Giovanni (f. 175r). La possibilità che Guindaleri fosse giunto a Urbino per il tramite di Contugi in seguito alla morte di Ludovico Gonzaga (1444-1478) sembra suffragata da evidenze documentarie: nel luglio del 1482 proprio da Mantova fu inviata a Federico una mappa del fiume Oglio e del suo territorio – necessaria al duca nella sua guerra in difesa di Ferrara (Chambers, The Visit to Mantua, p. 15, nt. 33; Toniolo, Scheda nr. 2, p. 118) – «ensieme el maestro de esso designo, quale è maestro Petro miniator» (Mariani Canova, La natura dipinta, p. 42).
La complessità di un codice dalla facies apparentemente unitaria e le molte sfumature che si addensano attorno all’ultimo frontespizio figurato sono infine testimoniate dalla voce extra-vagante di Silvia Fumian che, in un articolo del 2002 (Fumian, Due codici veneti poco noti, p. 31-32), assegnava a Girolamo da Cremona – «su suggerimento di Federica Toniolo, approvato da Jonathan Alexander» – la paternità dell’ultimo degli evangelisti, proprio in ragione dello spiccato carattere mantegnesco dell’immagine (f. 175r).
Un altro aspetto controverso è inoltre il luogo fisico di realizzazione del ms.: se infatti ha da tempo preso forma l’idea della presenza di uno scriptorium di palazzo, nel quale di volta in volta si avvicendavano artisti e miniatori al lavoro su più codici contemporaneamente (Martelli, I codici di produzione urbinate, pp. 69-77), è anche vero che da una lettera pubblicata nel 1959 da Gino Franceschini (Franceschini, Figure del Rinascimento, p. 143) si potrebbe evincere che il codice fosse esemplato nell’officina ferrarese di Giraldi, dove lavoravano gli altri artefici sin qui citati. Contugi, il 16 ottobre del 1478, informava infatti il marchese Gonzaga che: «Lo illustrissimo Signor Ottaviano (degli Ubaldini) me ha mandato qui a Ferrara per fare scrivere [correzione a margine con finire] certe opere che sono qui al miniatore di mia mano, et maxime uno Dante, che monta la miniatura a ducati trecento dieci, et certe altre opere…» (su Contugi come ‘informatore’ dei signori di Mantova, cfr. Critelli, Per la carriera di Matteo Contugi, passim; Chambers, Matteo Contugi of Volterra, pp. 171-198).
Certo è che la «magnificenza materiale del codice […] con un impiego di oro a profusione […] trova il suo pendant sia nell’apparato illustrativo […] sia nell’insistito disseminarsi dei blasoni e delle insegne araldiche» di Federico, in una «presenza ‘in figura’ costante e capillare», iperbolica forma di autolegittimazione, dinastica e personale, che veicola l’immagine, per esempio, di condottiero «audace nelle armi e cultore della pace» (a esse fanno riferimento la bombarda rovesciata e il ramo d’ulivo; Maddalo, Scheda nr. 50, p. 225), mentre la coppia struzzo, che stringe il chiodo nel becco, ed ermellino richiama la dualità tra forza e purezza, associate alla lealtà. Nell’Evangeliario compare anche un emblema molto noto, ma poco consueto nella collezione urbinate: si tratta della corona di are accese tra due mete e tronchi germoglianti, che rimanda al «rifiorire della stirpe» e all’«amore per la patria e per le tradizioni» (Maddalo, Scheda nr. 50, p. 225). Anche gli animali disseminati nei clipei a f. 10r concorrono a enfatizzare le virtù di Federico: se infatti l’usignolo, secondo la tradizione dei bestiari, è figura dell’uomo pio che «malgré la misère de sa condition loue avec force le Seigneur» (Pastoureau, Bestiaire du Moyen Âge, p. 168), la scimmia e la lepre hanno generalmente accezioni negative. La prima è ambivalente perché simile all’uomo pur non essendo umana, mentre la seconda è paurosa, vile, lussuriosa, ma entrambe possono essere addomesticate attraverso gli strumenti dell’intelligenza (Pastoureau, Bestiaire du Moyen Âge, pp. 86-88, 133) che, in tal caso, è naturalmente quella del duca.
Parts of this manuscript
10r-12r
Prologus in quattuor Evangeliis
12r-14r
Epistola Sancti Hieronymi
- Locus:
- 12r-14r
- Title:
- Epistola Sancti Hieronymi
- Supplied title:
- Epistula ad Damasum papam
- Uniform title:
- Praefatio in Evangelio (Hieronymus, s., 342/347-419)
- Incipit:
- Beato papae Damaso Hieronymus. Novum opus facere
- Explicit:
- in quibus vel eadem vel vicina dixerunt
- Language:
- Latino.
- Alphabet:
- Latino.
- Other name:
- Damasus PP. I, s., 305-384 [recipient]
14v-71r
Evangelium secundum Matthaeum
- Locus:
- 14v-71r
- Title:
- Evangelium secundum Matthaeum
- Uniform title:
- Biblia. N.T. Evang. sec. Matthaeum. Latino
- Incipit text:
- Liber generationis Iesu Christi filii (f. 20r)
- Incipit preface:
- Mathaeus ex Iudaea sicut in ordine (f. 14v)
- Explicit text:
- omnibus diebus usque ad consummationem saeculi (f. 71r)
- Explicit preface:
- esse dispositionem quaerentibus non tacere (f. 15r)
- General note:
- Il Vangelo di Matteo (ff. 20r-71r) è preceduto dalla "Praefatio vel argumentum Matthaei" (ff. 14v-15r) e dalla tavola dei capitoli (ff. 15r-17r, inc. Nativitas Christi. Magi cum muneribus, expl. Qui conservum suum propter denarios). Quest'ultima è incompleta e riguarda soltanto i capitoli 1-18: seguono infatti alcuni fogli bianchi (ff. 17v-19r). La rubrica, in capitali all'antica, si trova al f. 19v.
- Language:
- Latino.
- Alphabet:
- Latino.
71v-107r
Evangelium secundum Marcum
- Locus:
- 71v-107r
- Title:
- Evangelium secundum Marcum
- Uniform title:
- Biblia. N.T. Evang. sec. Marcum. Latino
- Incipit text:
- Initium evangelii Iesu Christi Filii Dei (f. 75r)
- Incipit preface:
- Marcus evangelista Dei et Petri in baptismate (f. 71v)
- Explicit text:
- Domino cooperante et sermonem confirmante, sequentibus signis (f. 106v)
- Explicit preface:
- qui autem incrementum praestat Deus est (f. 72r)
- General note:
- Il Vangelo di Marco (ff. 75r-107r) è preceduto dalla "Praefatio vel argumentum Marci" (ff. 71v-72r) e dalla tavola dei capitoli (ff. 72r-74r, inc. De baptismo Iesu et temptatio eius, expl. mandata et ascensio eius in caelis). La rubrica, in capitali all'antica, si trova al f. 74v.
- Language:
- Latino.
- Alphabet:
- Latino.
107r-170r
Evangelium secundum Lucam
- Locus:
- 107r-170r
- Title:
- Evangelium secundum Lucam
- Uniform title:
- Biblia. N.T. Evang. sec. Lucam. Latino
- Incipit text:
- Quoniam quidem multi conati sunt (f. 114r)
- Incipit preface:
- Lucas Syrus Antioce(n)sis arte medic(us) discipulus (f. 107r)
- Explicit text:
- in templo laudantes et benedicentes Deum (f. 169v-170r)
- Explicit preface:
- Deum videremur quam fastidientibus prodesse (f. 108r)
- General note:
- Il Vangelo di Luca (ff. 114r-170r) è preceduto dalla "Praefatio vel argumentum Lucae" (ff. 107r-108r) e dalla tavola dei capitoli (ff. 108r-113r, inc. Zacharias viso angelo quia non credidit, expl. reliquit que laudantes domino in templo). La rubrica, in capitali all'antica, si trova al f. 113v.
- Language:
- Latino.
- Alphabet:
- Latino.
170r-217r
Evangelium secundum Iohannem
- Locus:
- 170r-217r
- Title:
- Evangelium secundum Iohannem
- Uniform title:
- Biblia. N.T. Evang. sec. Iohannem. Latino
- Incipit text:
- In principio erat Verbum et Verbum erat (f. 175r)
- Incipit preface:
- Hic est Ioannes evangelista unus et discipulus Dei (f. 170r)
- Explicit text:
- capere eos qui scribendi sunt libros (f. 217r)
- Explicit preface:
- laboris et Deo magisterii doctrina servatur (f. 170v)
- General note:
- Il Vangelo di Giovanni (ff. 175r-217r) è preceduto dalla "Praefatio vel argumentum Iohannis" (ff. 170r-v) e dalla tavola dei capitoli (ff. 171r-172r, inc. Brevis evangelii secundum Ioannem Pharisaeorum, expl. Passio Iesu et sepultura et resurrectio eius); seguono alcuni fogli bianchi (ff. 172v-174r). La rubrica, in capitali all'antica, si trova al f. 174v.
- Language:
- Latino.
- Alphabet:
- Latino.
220r-242r
Capitulare Evangeliorum
- Locus:
- 220r-242r
- Supplied title:
- Capitulare Evangeliorum
- Incipit:
- In vigilia natal(is) domini sec(undum) Mat(thaeum) (f. 220r)
- Explicit:
- et gaudium vestrum nemo tollet vobis (f. 241v)
- General note:
- Al f. 242r: "Expliciunt capitula lectionum Evangelii anni circuli. Laus Deo". Segue il colophon.
- Language:
- Latino.
- Alphabet:
- Latino.